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domenica 30 settembre 2007

Birmania libera

Birmania libera

Mizzima: sito di un gruppo di giornalisti birmani riparati in India.
Irrawady: forse il migliore, anche questo è opera di giornalisti in esilio (perlopiù in Thailandia).
Democratic Voice of Burma: sito di opposizione di fuorisciti in Norvegia.
BurmaNet: vicino a Aung San Suu Ki.
Bbc Asia: che dire, quelli della Bbc coprono sempre bene quell’area.
Ko Hkite: blog fatto a Londra ma ben informato.
BurmaReview: blog di un esperto di cose birmane in India.
Radio Free Asia: sito americano, fatto da americani e birmani a Washington.

sabato 29 settembre 2007

Gli allegati dei giornali

Oggi assieme a Repubblica mi hanno rifilato vari allegati per un totale di 1720 grammi che per una tiratura media del giornale di 800.000 copie fanno 1.376.000 chili, o se preferite 13.760 quintali. Non so quanta materia prima e quanta energia ci voglia per produrre una tale massa di carta, e quanta energia ce ne voglia poi per stamparla, confezionarla e diffonderla.

Queste riviste rimarrano per qualche giorno in casa e poi prenderanno la via della spazzatura. Altra energia, e non poca, per smaltirle.

Il Pianeta comincia a dare preoccupanti segni di insofferenza per tutti i maltrattamenti a cui l'abbiamo sottoposto. Ecco, lo maltrattano anche questi allegati.

'Omar Khâyyam

Dalla dimora del peccato alla fede è un soffio,
E dal mondo del dubbio alla Verità è un soffio.
È l'uomo onorato che ha caro quel soffio:
Questa vita dell'oggi è proprio quel soffio.


'Omar Khâyyam
Nîshâbûr (Iran) metà del V secolo dell'Egira
Nîshâbûr anno 510 (circa) dell'Egira

giovedì 27 settembre 2007

Hotel Angleterre

È da qualche giorno nelle librerie l'ultimo lavoro di Nico Orengo Hotel Angleterre.
Perché Hotel Angleterre? Lo spiegherà Nico Orengo perché ha dato il titolo di Hotel Angleterre


Dalla quarta di copertina
Che fine ha fatto la penna donata da Goethe a Pushkin in segno di stima e ammirazione, scomparsa dopo la morte del poeta russo? Parte da qui, da un piccolo indizio favoloso, questo imprevedibile viaggio per parole e immagini dentro il mito della Grande Madre Russia. Quella penna diviene «il capo di una lenza che a tirarla piano piano» finisce per unire San Pietroburgo e Sanremo, la «città di luce bianca e di morte» e l'immagine leggendaria dei nobili russi spinti dall'onda della rivoluzione sulle spiagge della riviera ligure.
L'amore capriccioso e funesto di Pushkin e Natalja, i balli e i tradimenti, la scena tragica del duello, riemergono dalla memoria di una vita di letture insieme al ricordo di una nonna che, in estati odorose e lontane, raccontava come fossero fiabe le stravaganze della zarina e della sua corte nelle ville sul lungomare.

Riporto da pag. 32 e 33
Intorno agli anni Settanta, come segretario diplomatico onorario dell'ambasciata dello zar Alessandro II presso la corte di Vienna, Iosif aveva incontrato , durante un ballo al castello di Schönbrunn, la principessina Anna Tarassova, amica dell'arciduca Rodolfo, bella e un po' vacua, e l'aveva sposata, mettendo a poco a poco al mondo cinque figli. Uno dei quali era, appunto, Valentina: la madre di mio padre Vladi.
Iosif era stato uno dei primi russi a venire a Sanremo e a occuparsi dei problemi che la comunità russa, ampliandosi, incontrava. Ma la maggior parte del tempo lo trascorreva in un ozio malinconico, oblomoviano, facendo solitari dentro il cassetto della scrivania, leggendo Guerra e pace, mentre la moglie vessava la servitù, cambiava sarte e faceva il bagno nuda, seminando scandalo sulla spiaggia dei futuri bagni Morgana.

Nel libro sono inserite anche alcune mie foto.
Hotel Angleterre? Dove è questo Hotel Angleterre? Ce lo dirà Nico Orengo




Sanremo, cimitero della Foce - Nico Orengo accanto alla tomba del conte Aleksandr Aleksandrovič Musin-Puškin citato nel libro.

Occitani in Liguria? (5)

Ricevo dal professor Fiorenzo Toso questa mail con un allegato che trovate QUI (file Pdf, 125 KB, 12 pagg.) . A questo punto, la provincia di Imperia, che è stata avvisata in maniera diretta, non potrà più dire: «Non sapevo».

Il punto della situazione

A più di quindici giorni dalla pubblicazione su questo blog di un mio scritto nel quale sollevavo fondati dubbi sul carattere "occitano" delle parlate di Realdo, Verdeggia e Olivetta, tali dichiarate dalla Provincia di Imperia allo scopo di far accedere i comuni di Triora (per Realdo e Verdeggia) e Olivetta San Michele ai benefici previsti dalla L.N. 482/1999 in materia di minoranze linguistiche storiche, dobbiamo constatare che:

1) l'attenzione del pubblico intorno al problema è stata significativa, con un atteggiamento sostanzialmente favorevole alle tesi da me esposte anche se espresso talvolta in forma anche eccessivamente colorita;
2) che illustri studiosi di prestigio internazionale hanno preso parte al dibattito sostenendo le posizioni da me esposte;
3) che la mia offerta di fornire la documentazione necessaria a una revisione di un provvedimento erroneo e ingiusto non ha suscitato l'attenzione che forse avrebbe meritato da parte delle autorità competenti, pur informate dell'esistenza del problema e dello sviluppo della discussione.

Ritengo a questo punto utile ai fini della discussione stessa pubblicare almeno in parte, e in forma semplificata, la documentazione da me raccolta in merito alla classificazione dei dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele come varietà liguri-alpine e non "occitane", classificazione universalmente accettata e come tale nota ben prima del 2000. Mi pare giusto infatti che i partecipanti alla discussione abbiano elementi di valutazione basati non soltanto sulle affermazioni mie, di Werner Forner e di Philippe Blanchet, ma anche se su qualcosa di più concreto.

Spero inoltre che questi materiali siano recepiti anche da chi, nell'ambito dell'Amministrazione Provinciale, dovrebbe farsi carico di esaminare in tutta serenità la questione, e che ciò segni l'inizio dell'approfondimento che ormai da più parti viene richiesto.

Un cordiale saluto a tutti,
Fiorenzo Toso


Metto in evidenza questo commento di Werner Forner
Werner Forner
Università di Siegen, Germania
Mi sono già fatto vivo, una settimana fa, sulla realtà linguistica del “ligure alpino”. Ora mi sembra il caso di insistere su due aspetti collaterali: Primo sui criteri da seguire per classificazioni linguistiche, secundo sui rischi di una falsa classificazione. Due aspetti che avevo descritto in un recente articoletto (“Cenni sul brigasco e sul bilinguismo”, apparso su “Le stagioni di Triora”, primavera 2007, pp.10-11), e dal quale cito:

(1) Avevo scritto: “Per fare un’analisi linguistica ci vuole una formazione linguistica, tutto come un’analisi chimica esige una formazione chimica. Non sono sufficienti, benché utili, solide conoscenze generali, che riguardino la storia, la letteratura antica o l’etnografia.” In quel senso vorrei complementarmi con il collega Fiorenzo Toso per la chiarezza con la quale è riuscito a presentato la metodologia che è inevitabile per una classifica linguistica.

(2) Nello stesso contributo avevo insistito sul valore della parlata locale in opposizione alla “Lingua". Il valore del dialetto sta in quello che si chiama talvolta “prossimità", in opposizione alla “comunicazione distante" assunta dalla Lingua. Al discorso in dialetto viene attribuito, dai parlanti, un grado superiore di autenticità, "chi mi parla in dialetto è un amico”, e simili.

"Il valore del proprio dialetto non aumenta dichiarandolo cinese o greco o ebraico o occitano. Anzi tali miracolose metamorfosi sono nocive, perché sono atte ad annientare quel sentimento di prossimità al profitto di una lontana cultura trovadorica, distante e morta, di cui il nostro pashtuu non capisce un bel niente. Piuttosto che presentare ai parlanti modelli distanti..., piuttosto che suggerire identificazioni illusorie, va promossa l’identificazione con l’ambiente locale. Ne risulterebbe un valore umano ed anche pratico .. che supera il profittino che la fatidica legge 482/1999 renderebbe, in base ad un’autodichiarazione fallosa.”
Auguri e in bocca al lupo!

sabato 22 settembre 2007

Occitani in Liguria? (4)

Ieri è uscito su La Stampa un articolo sull'argomento che ormai tiene banco su queste pagine da parecchi giorni. Ringrazio il giornalista Marco Corradi dell'attenzione. Ma perché non ha fatto il minimo cenno al blog da dove è partita tutta la vicenda? I suoi lettori, qualora frequentatori di internet, avrebbero potuto sapere parecchio di più di quello che le due colonnine del giornale dicono.

L'articolo è QUI.

Metto in evidenza questo commento
Philippe Blanchet
F. Toso ha perfettamente raggione: anche i parlati dell'altra parte degli Alpi, dalla valle della Roia finch'à Mentone, non sono provenzali, nemmeno "occitani" (un nome che la gente qui non conosce e non capisce). Questo si vede sicurissimo quando si studia seriosamente l'identità sociolinguistica di questi paesi e i sistemi linguistici di questi parlati. Credo che tutti i studiosi siano d'acordo su questo punto.

E scusati il mio italiano se sbaglio un pò.

Ph. Blanchet
, professore di sociolinguistica, università di Rennes 2, specialista del provenzale
(autore di "Le Provençal, essai de description sociolinguistique et différentielle, Louvain, Peeters, 1992)

Chiaro Davanzati

La donna angelicata

Non me ne meraviglio, donna fina
se intra l'altre mi parete il fiore,
o se ciascuna beltade declina
istando presso del vostro valore;

che la stella, ch'appare la mattina,
mi rassomiglia lo vostro colore
come più vi riguardo più vi raffina
lo vostro dritto natural amore.

Ond'io credente sono, ogni fiata
ch'io bene avviso vostra chiaritate,
che voi non siate femina incarnata:

ma penso che divina maestate;
a somiglianza d'angelo formata
aggia per certo la vostra beltade.


Chiaro Davanzati
Firenze 1200 (?)
Firenze 1280 (?)

venerdì 21 settembre 2007

Occitani in Liguria? (3)

Pubblico la lettera ricevuta ieri dal prof. Fiorenzo Toso

Caro Alberto Cane, Le sarò molto grato se vorrà pubblicare il presente intervento sul suo blog, nella forma che riterrà più idonea:

Prendo atto che il Presidente della Provincia di Imperia ha raccolto gli interventi miei e del collega prof. Werner Forner (non Warner Corner!) in merito alla, come egli scrive, “presenza degli occitani nelle frazioni di Realdo e Verdeggia e nel Comune di Olivetta San Michele”.

Mi stupisce un poco (poiché una delibera in materia così delicata avrebbe evidentemente richiesto adeguata documentazione) il fatto che l'Amministrazione Provinciale chieda riferimenti bibliografici che avrebbero dovuto esserle noti all’atto dell’accoglimento dell’istanza di riconoscimento dell’appartenenza dei centri di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele come di lingua “occitana”: peraltro, questi testi avrebbero evidentemente permesso una valutazione oggettiva della realtà linguistica dei centri in questione, tale da escludere senza ombra di dubbio l’accesso alle forme di tutela previste dalla L.N. 482/1999.

Mi stupisce ancora di più che gli estremi di questi testi vengano chiesti a Lei, che per ovvi motivi non è in possesso di una specifica preparazione in materia.

Personalmente, già nel mio primo testo da Lei pubblicato, Qualche riflessione sulla manipolazione delle identità linguistiche, mi ero offerto di presentare alle istituzioni competenti le indicazioni bibliografiche necessarie per un riesame della posizione linguistica dei dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele, e naturalmente sarò ben lieto di aderire, e in forma del tutto disinteressata alla richiesta, qualora mi venisse formulata direttamente. La prego pertanto, ove richiesto, di fornire all’avv. Giuliano tutti i riferimenti di posta elettronica e di altro genere utili a raggiungermi.

Ciò detto, non mi è molto chiaro cosa l’avv. Giuliano intenda con “presenza degli occitani”: se Egli allude, come sembra, alla presenza di varietà dialettali appartenenti al tipo occitano nelle località menzionate, posso affermare che tutti gli studi scientifici a me noti tale “presenza” in realtà la escludono a priori, poiché l’appartenenza dei dialetti in questione al sistema ligure, e specificamente ligure-alpino (detto anche royasco) è un fatto oggettivo, noto da sempre, e ribadito dalla letteratura scientifica negli ultimi trent’anni, sia prima che dopo l’approvazione da parte del Parlamento della L.N. 482/1999 in materia di minoranze linguistiche storiche. Quindi non sono in grado di fornire studi miei o di altri in merito alla “presenza” di dialetti occitani in Provincia di Imperia, perché tale presenza non viene evidentemente presa in considerazione nella letteratura scientifica.

Ma se all’avv. Giuliano interessa, come spero, avviare un approfondimento sulla classificazione storicamente accertata (e universalemente accettata in ambiente scientifico) dei dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele, mi farò premura di fornirGli, ove appunto direttamente richiesto, un’ampia nota bibliografica dalla quale potrà trarre tutte le conseguenze del caso.

Con un cordiale saluto,
Prof. Fiorenzo Toso


Arenzano, 20 settembre 2007

giovedì 20 settembre 2007

Occitani in Liguria? (2)

I politici cominciano a recepire la questione. Forse cominciano anche a capire l'importanza dei blog. Aspetto i giornalisti.
Oggi ho ricevuto questa mail dal presidente della provincia di Imperia.

Apprendo con molto interesse l'indicazione circa la posizione dei Professori universitari Fiorenzo Toso e Warner Corner in merito alla presenza degli occitani nelle frazioni di Realdo e Verdeggia e nel Comune di Olivetta S. Michele.

Vorrebbe essere così gentile da fornirci gli estremi del loro studio?
La ringrazio anticipatamente ricambiando cordiali saluti.
Avv. Gianni Giuliano

mercoledì 19 settembre 2007

Occitani in Liguria? (1)

Sono una decina di giorni che su questo blog va avanti una discussione sull'occitanità o meno di alcuni paesini liguri a ridosso del confine francese. I politici tacciono, ma domani non potranno dire "non sapevo" perché una mail è appena partita all'indirizzo di Gianni Giuliano presidente delle provincia di Imperia e altre sono state indirizzate a vari assessori.

Intanto metto in evidenza questo commento di Werner Forner, indiscussa autorità in materia, che mi sembra tagli la testa al toro una volta per tutte.

Werner Forner
professore di linguistica romanza all’università di Siegen, Germania
Sul ligure alpino
Vedendo il mio nome citato nella recente discussione sulle manipolazioni linguistiche, mi sembra il caso, senza voler ficcare il naso nella politica interna di un altro paese, di prendere posizione, ripetendomi, su una verità scientifica. Avevo fatto, negli anni ‘80, ampie inchieste nelle valli che fanno capo al Saccarello e in Val Roia e nelle valli adiacenti. Ho scritto una trentina di articoli su questi dialetti, in gran parte anche in italiano o francese anche su riviste regionali o locali. Il primo contributo in cui ribadisco la fondamentale liguricità dei dialetti roiaschi data del 1983! Non è il caso che gli esponenti occitanisti ignorassero i fatti.

Per i parlanti stessi la cosa un po’ diversa. Crederanno facilmente i missionari che vengono a predicare l’occitanità. A condizione che presentino argomenti che sembrano essere ‘prove’. Queste ‘prove’ possono essere fatti o invenzioni di ordine storico: c’era una volta un’amministrazione provenzale; c’era una volta un’immigrazione alpina dall’ovest (questa è inventata). O possono essere fatti etnografici (le greggi transumanti venivano in parte dalla Provenza), o geografici (con un sillogismo del tipo: il brigasco si parla anche in Francia, in Francia si parla l’occitano, dunque il brigasco è occitano).

Ci sono anche argomenti di ordine linguistico: Il lessico pastorale brigasco non si distingue sostanzialmente da quello raccolto nella occitana valle Tinea: ne concludono che il brigasco è occitano. Invece, quello che c’è in realtà, è comunità culturale: La cultura pastorale è identica dai due lati della frontiera linguistica, come identica è oggi la cultura dei media elettronici dai due lati dell’atlantico; se navigando sull’internet utilizziamo termini americani, siamo perciò americani? Finalmente l’orecchio: L’orecchio ci dice che fra Triora e Realdo, o in val Roia fra Airole e Fanghetto o Olivetta, ci sono mondi. I Ventimigliesi non capiscono niente ad Olivetta, ha scritto qualcuno su questo blog, dunque l’Olivettano è una lingua diversa, dunque è occitana.

Aggiungerò che il nostro Olivettano non si farà capire nemmeno a Nizza né a St. Martin-Vésubie né ad Avignone. Per non farsi capire, bastano delle volte piccole cose: Immaginatevi che un vostro amico vi informa che ha comprato "Hète Hacchi di HaHi" – con un’acca fortemente aspirata: Sembra arabo! Eppure è toscano, solo che la –s- è pronunciata –H-! Il vostro amico aveva comprato "sette sacchi di sassi"! Piccolo cambiamento – grande effetto! E’ vero che tale pronuncia non esiste in Toscana, però è caratteristica per Olivetta e dintorni. "Het Hacchi d’HiHi" ("sette sacchi di ceci"), dicono loro per dare un esempio del loro proprio ‘arabo’. Altro esempio: In molti dialetti roiaschi (ma non a Fanghetto né a Tenda) le vocali inaccentate sono cadute; il ligure "u mese (meise) de frevâ" lo capiamo tutti; "ar mes ed frvê" sembra molto diverso all’orecchio. Piccolo mutamento, grande effetto (per l’impressione acustica). Le atone sono cadute anche altrove, ad es. ad Altare a 15 km da Savona. Perché non autodichiarare occitano l’Oltregiogo savonese? Evidentemente, tali mutamenti non mutano l’identità genetica! Il brigasco non si capovolge con ciò in occitanico, né l’Olivettano in "arabo".

Il nostro problema è quello di determinare l’identità o parentela genetica di un gruppo di parlate. Per farlo, bisogna comparare TUTTI i tratti con quelli dei gruppi vicini. Paragonando il gruppo roiasco (brigasco incluso) con il gruppo nizzardo, troviamo innanzitutto una mole di tratti comuni, e anche una certa quantità di tratti differenziatori. Se facciamo lo stesso paragone fra roiasco e diciamo ventimigliese, troviamo fra somiglianze e differenze una distribuzione assai simile. Potremmo concluderne che il roiasco costituisce un gruppo linguistico autonomo, né occitano né ligure-litoraneo. Se invece compariamo il roiasco con il pignasco, le divergenze sono minime. Conclusione: il roiasco, distinto sia dal ligure-litoraneo sia dal nizzardo, forma con il pignasco un gruppo unico. C’è di più: Le relativamente scarse divergenze fra roiasco e pignasco sono in gran parte tratti che il pignasco condivide con il ligure-litoraneo. Sono tratti importati dalla costa? I tratti litoranei sono ancora più frequenti ad Apricale, più ancora a Isolabona, ecc.

Tale distribuzione geografica sta a confermare l’ipotesi dell’importazione litoranea; importazione in Val Nervia ma non in Val Roia (eccetto Airole che è una "colonia" ventimigliese del ’500). Dobbiamo dunque pensare che prima di tale importazione, il pignasco fosse assai più simile di oggi al tipo roiasco. Un caso particolarmente interessante è il triorasco, perché lí abbiamo un ampio testo di due secoli fa ("Franzé u Peguròr"). Il Franzé contiene forme di tipo roiasco che il triorasco attuale non consce più; si vede che il triorasco era stato più roiasco nel passato. E’ dunque giustificato postulare per il passato una relativa unità linguistica attorno al Saccarello, distinta da tutti i gruppi vicini, ma assai più vicina al tipo ligure che non al tipo occitanico o piemontese. E˚ per questa ragione che fu scelto il nome di "ligure alpino". Di questa lingua è rimasto oggi il roiasco, il pignasco-triorasco con forti elementi litoranei, e delle tracce in tutti i dialetti dell’entroterra fin giù nelle varianti ‘rurali’ dei dialetti della costa. Per chi volesse saperne di più, l’ho pubblicato in forma abbreviata su INTEMELION 1 (1995).


Altro commento che mi sembra interessante firmato da Giurista
Credo che l'intervento del professor Werner Forner metta la parola "fine" alla discussione in merito alle caratteristiche linguistiche del brigasco e dell'olivettese. Ricapitolando, visto che la L.N. 482/1999 si occupa di tutela di alcune minoranze linguistiche di cui viene data l'elencazione (compresa quella cosiddetta "occitana"), una volta appurato che storicamente il brigasco e l'olivettese sono dialetti liguri, come tali esclusi dalla tutela, ne consegue:
1) che non esistono in Liguria comunità di lingua "occitana" e che tale dato era già noto almeno dagli anni Ottanta in base alle pubblicazioni scientifiche;

2) che la dichiarazione di "occitanità" dei dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele riflette di conseguenza una logica che si può definire nella migliore delle ipotesi frutto di ingenuità, nella peggiore frutto di disinformazione scientemente perseguita, e questo al di là dell'accoglimento da parte delle istituzioni nazionali dell'istanza di riconoscimento di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele come comunità di dialetto "occitano": accoglimento meramente tecnico, in quanto tali istanze non sono sottoposte al vaglio di studiosi accreditati;

3) Che l'ODG votato in Provincia è basato su dati fortemente scorretti, per usare un pietoso eufemismo, e va pertanto ritirato;

4) che eventuali iniziative volte ad accedere ai finanziamenti previsti dalla L.N. 482/1999 per la tutela delle minoranze linguistiche storiche, ove riferite al brigasco, possono essere impugnate da chicchessia in qualsiasi momento in quanto riferite a soggetti non abilitati a tali erogazioni: il falso ideologico è un reato perseguibile;

5) che l'Amministrazione Provinciale dovrebbe sentirsi tenuta, per trasparenza e rispetto nei confronti dei suoi cittadini, a rendere noto come e perché si sia approdati a un ODG che sta seppellendo nel ridicolo la comunità imperiese, chiarendo anche se al di là dell'effettiva volontà di tutela si celino dietro questa delibera interessi più o meno legittimi;

6) che se la Provincia è davvero interessata a una tutela e valorizzazione del proprio patrimonio linguistico, dovrà avviare una riflessione seria, non discriminatoria nei confronti di alcuna varietà parlata sul suo territorio e basata sulle risorse disponibili a livello regionale; oppure, avviare istanze per il riconoscimento e la tutela di una specifica "minoranza linguistica" ligure;

7) che il tentativo di "importare" una presunta identità linguistica "occitana" in Liguria è fallito clamorosamente, e che i suoi promotori dovrebbero solo vergognarsi.

lunedì 17 settembre 2007

Occitani in Liguria?

Lunedì scorso ho pubblicato un post con allegato un articolo di Fiorenzo Toso che ha generato parecchio interesse visti i numerosi commenti. Qui il professore risponde alle molte questioni sollevate.

Il testo è lungo per un blog, ma faccio un'eccezione perché spero serva a portare un po' di chiarezza nella confusione generata da una legge (volutamente?) imprecisa.

Consiglio ai navigatori. Se volete avere sott'occhio commenti e risposte adoperate due schede o aprite due finestre.

Qualche puntualizzazione utile e qualche risposta telegrafica ad alcuni interventi che hanno fatto seguito alla pubblicazione del mio articolo sulla manipolazione delle identità linguistiche in Liguria.

- Per l’anonimo che ha riportato il testo dell’ODG della Provincia, messo in evidenza sul post:
1) Toso e company è una dizione scorretta. A differenza di altri io parlo per me stesso e sono abituato ad assumermi, con nome e cognome, la responsabilità delle mie affermazioni.

2) Non mi sono svegliato ora: i miei primi interventi sulla manipolazione sull’invenzione dell’occitanità del brigasco risalgono alla pubblicazione del Dizionario di Massajoli-Moriani e già in un mio libro del 1996 mettevo in evidenza la gravità della cosa: forse l’Anonimo ha un occhio a ciò che si dice a Béziers più che a quello che si pubblica in Italia, ma può documentarsi leggendo del sottoscritto Frammenti d’Europa. Guida alle minoranze etnico-linguistiche e ai fermenti autonomisti, Baldini e Castoldi editore Milano 1996 e Liguria linguistica, Philobiblon editore Ventimiglia 2006 (dove sono ripresi alcuni dei miei interventi in proposito anteriori al 1999). Gran parte della letteratura scientifica in tema alla classificazione del brigasco è comunque anteriore alla L.N. 482/1999, e di essa gli amministratori locali e provinciali avrebbero potuto servirsi. E poi non posso avere “scoperto che anche in Liguria c’è una minoranza linguistica”, perché in Liguria, lo ribadisco, non ci sono minoranze linguistiche, almeno nel senso della formulazione della L.N. 482/1999.

3) Proprio perché ho letto l’ODG del consiglio provinciale ho ritenuto necessario esternare la mia indignazione come studioso e come cittadino nei confronti di quel documento.

4) Perdoni l’appunto sintattico, ma Realdo e Verdeggia non possono essere riconosciute “minoranze linguistiche storiche”: al massimo si può riconoscere che tali località siano abitate da persone tradizionalmente appartenenti a una minoranza linguistica storica. C’è una certa differenza, anche a prescindere dal fatto che a Realdo e Verdeggia la popolazione non appartiene affatto a una minoranza linguistica, almeno secondo la formulazione della L.N. 482/1999, perché parla un dialetto ligure alpino.

5) Attendo con ansia le “motivazioni specifiche” con le quali un anonimo funzionario ministeriale ha operato il miracolo di trasformare il brigasco in occitano, e soprattutto aspetto con curiosità la bibliografia scientifica relativa. Guardi che nessuno discute che “quanto è stato fatto è conforme alla normativa vigente”. Il punto non è la “legalità” di questa mistificazione, è della sua “legittimità” che stiamo discutendo. Fino a qualche anno fa in Turchia avevano stabilito per legge che non esisteva una minoranza curda, ma a quanto pare in Turchia i Curdi ci sono. La negazione dell’esistenza di una minoranza curda sarà anche legale ma non è evidentemente legittima. Stabilire che a Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele si parli tradizionalmente occitano potrà anche essere sancito in via legale, ma non sarà mai legittimo dal punto di vista della realtà storica.

6) In merito al tema della “consulenza”, da me accennato e ripreso in apertura del blog: qualsiasi linguista con un minimo di competenza sulla realtà linguistica delle Alpi Marittime sarebbe in grado di confutare l’occitanità del brigasco in meno di mezz’ora, adducendo le più banali considerazioni basate sui materiali disponibili e sulla letteratura scientifica esistente. Io stesso mi sono offerto di produrre tale letteratura scientifica: forse è il caso di specificare che per offrire agli organi istituzionali interessati tale letteratura non chiederei nemmeno il rimborso delle fotocopie. Se poi il mio livello di competenza fosse ritenuto non sufficiente, sono certo che altri studiosi sarebbero lieti di fornire lo stesso tipo di “consulenza” alle stesse condizioni. Quanto agli “spiccioli”, caro anonimo, mi pare questione di pertinenza più Sua che mia o di qualsiasi altro studioso con un minimo di etica professionale.

7) A cosa serve lo specialista a sette anni un mese e 11 giorni da quando la Provincia ha deliberato la “richiesta di minoranza linguistica”? Anzitutto, la sintassi: “richiesta di minoranza linguistica” non va proprio bene, che diavolo vuol dire? A parte ciò, io scrivo che gli specialisti avrebbero dovuto essere consultati a monte della richiesta (ma sarebbe bastato consulare qualche buon manuale), cosa che evidentemente non si è fatta perché l’occitanità di Realdo ecc. sarebbe stata immediatamente confutata; a parte ciò, la consultazione di specialisti (oltre che della popolazione locale, non dimentichiamolo) in merito all’appartenenza linguistica dei centri in questione può essere ancora opportuna per fare un passo indietro, consentendo alla Provincia e alle Amministrazioni comunali interessate di tornare alla realtà storico-culturale e di avviare se il caso (a me sembra il caso) un dibattito serio sulla valorizzazione del patrimonio linguistico tradizionale, rinunciando forse a qualche “spicciolo”, ma recuperando certo credibilità.

- In merito agli interventi di alcuni esponenti di gruppi “provenzalisti” (tra cui Coumboscuro messo in evidenza sul post) in polemica con la “globalizzazione occitana” ecc., vorrei dire che avete la mia piena solidarietà: in particolare la denominazione di “occitano” è di carattere fortemente ideologico, e c’è da chiedersi se la sua assunzione da parte del legislatore italiano sia nata da ignoranza o malafede. Evidentemente però non stiamo discutendo di questo. A Gioanin Ross, che ha a sua volta pienamente ragione, vorrei solo fare presente che dal mio punto di vista parlare di una “lingua piemontese” meritevole di tutela non è del tutto corretto: in base alla Costituzione (che la L.N. 482/1999 tradisce bellamente) si dovrebbe parlare di una tutela complessiva dei diritti linguistici dei cittadini italiani nel loro insieme, da un lato, e della tutela del patrimonio linguistico traduizionale italiano nel suo insieme, dall’altro. La “lingua piemontese” non potrà mai essere tutelata se non si tuteleranno in linea di principio tutte le varietà linguistiche storiche, e certamente non attraverso provvedimenti come quelli previsti dalla 482/1999 (sportelli linguistici, traduzione di atti pubblici ecc.) che non servono certo a salvaguardare l’uso parlato, che è quello che conta, ma solo a fare la fortuna di qualche “consulente”, questo sì ben foraggiato.

- Per c.e.g. 10/9/07 ore 13,26
Non facciamo come gli “occitani”, evitiamo di dilatare le appartenenze linguistiche: i dialetti liguri si parlano fino a Monaco e in tutta la val Roia, ma a Nizza si parla una varietà di provenzale (che Garibaldi parlava come del resto parlava il genovese, essendo discendente di gente del Tigullio). Ci sono poi alcuni centri più a ovest, Biot, Vallauris, mons ed Escragnolles, dove si parlarono dialetti liguri, inportativi nel sec. XV, fino ai primi anni del Novecento.
Mi spiace ma non sono di Fabbrica Curone.

- Per Cinzia 10/9/07 ore 14,39
Se la Provincia riterrà opportuno spiegare come si è arrivati alla decisione di occitanizzare Realdo ecc., avrò raggiunto uno degli scopi del mio intervento; l’altro sarebbe quello di arrivare a un annullamento di questa mostruosità. Non amo impelagarmi in polemiche, ma quando ci vuole, ci vuole.

- Per Anonimo 10/9/07 ore 15,31
Le considerazioni di Flaubert sono sostanzialmente corrette. A me di Arenzano risulta ostico il dialetto di Sassello e di Urbe, nell’entroterra, e tuttavia non si tratta di dialetti piemontesi.

- Per Viale 10/9/07, ore 20,38
Dal mio punto di vista non si tratta di un problema di destra o di sinistra, ma di buon senso e correttezza d’informazione e documentazione. La legge 482/1999 fu varata da un governo di sinistra, ma ciò non toglie che si tratti di un provvedimento con caratteristiche per certi aspetti fortemente reazionarie.

- Per Michele 10/9/07 ore 21,22 e per Alberto Astengo 11/9/07 ore 10,11
Credo che abbia ragione Astengo, spesso i politici agiscono sulla scorta di sollecitazioni interessate. Come scrive il collega Prof un ge nella sua dell’11/9/07 ore 17,02 il Bertaina è stato certamente avventato, ed evidentemente mal consigliato: potrebbe trarre un notevole vantaggio, anche politico credo, reimpostando la questione in termini di tutela del patrimonio linguistico della Provincia nel suo insieme, ma non sta a me dargli suggerimenti.

- Per Magun 11/9/07 ore 22,40
A quanti sostengono l’occitanità dell’olivettese non interessa minimamente che qualcuno a Olivetta parli occitano, e neppure il dialetto locale: a loro interessa essenzialmente la gestione dei fondi connessi e forse la visibilità “turistica” che potrebbe derivare dall’occitanizzazione. I traduttori dall’italiano all’occitano e viceversa, come dimostrano già alcuni casi in Piemonte, saranno essenzialmente i membri di qualche associazione culturale creata ad hoc, in grado di scrivere (non necessariamente di parlare) il presunto occitano: naturalmente in cambio di adeguato compenso. Eserciteranno una funzione assolutamente inutile per la cittadinanza e verranno remunerati coi soldi dei contribuenti.

- Per Claudio Salvagno
Un grazie sincero per il frammento in dialetto occitano, così sarà finalmente chiaro a tutti che il brigasco non ha nulla a che fare con esso. Chiedo la collaborazione di qualche brigasco disposto a tradurlo nella sua parlata, e di qualche ligure di Triora o di Pigna che faccia lo stesso esperimento. Dopo di che confronteremo i tre testi e ci divertiremo a verificare cosa ci sia di occitano nel brigasco. In ogni modo, i linguisti non stanno a cercare il pelo nell’uovo, si occupano semplicemente di dati scientifici.

- Per Kurac 12/9/07 ore 14,14
Il Suo intervento è ricco di spunti interessanti che vale la pena di approfondire:

Il carattere razzistico dell’ideologia “ethniste” è ovviamente soggettivo, ma come tale il pensiero di Fontan è stato spesso censurato (ho qualche riferimento bibliografico in merito). A me pare del resto che la ristrutturazione degli stati d’Europa in base all’appartenenza etnico-linguistica, ad esempio, sia un concetto abbastanza affine a quello che sta alla base dell’idea dello “spazio vitale” di hitleriana memoria, e questo al di là del carattere velleitario dell’occitanismo politico.

Credo del resto che questo tipo di impostazione sia stato abbondantemente superato dalla Storia e dall’evoluzione politico-sociale e demografica degli ultimi decenni. Dopo di che io non parlo di legami tra il regime di Vichy e il Partito Nazionalista Occitano, bensì del processo di elaborazione dell’occitanismo nel contesto del collaborazionismo francese (anche su questo esiste una bibliografia): del resto il nazismo trovò collaborazionisti anche in Bretagna, nelle Fiandre francesi e in Alsazia, e il fascismo si avvalse della collaborazione del Partitu Corsu d’Azzione in Corsica e di elementi come Marcel Firpo (più ingenui che politicamente pericolosi) durante l’occupazione della “ligure” Mentone. Tutta gente che agiva in odio al centralismo parigino, forse anche in buona fede, ma che si scelse compagni di strada poco presentabili.

Dopo di che il nazionalismo occitano assunse anche, come noto, una riverniciatura “di sinistra”, della quale nessuno intende negare la sostanza. Il “provenzalismo” ha invece una matrice cattolica e federalista, quindi, in ultima analisi anche il professarsi “provenzali” rischia di sottolineare un’appartenenza ideologica. Data tuttavia l’inconsistenza storica del concetto di Occitania, credo che la definizione di “provenzali” per i dialetti parlati in Italia nelle valli di Cuneo e di Torino sarebbe stata più “neutra” di quella di “occitano” scelta (per quali ragioni? Con quale fondamento?) dalla L.N. 482/1999. In ogni caso, visto che il brigasco non è né occitano né provenzale, ma ligure alpino, il problema è di evitare agli abitanti di Realdo e Verdeggia (e agli Olivettesi) di trovarsi automaticamente arruolati in una questione nominalistica che non li riguarda.

Lei dice che il brigasco è un “impasto di ligure e provenzale”. Aspetto con interesse un elenco dei tratti fonetici, morfologici, sintattici e lessicali della componente provenzale del brigasco.
Lei sostiene che l’ODG si impegna a valorizzare la minoranza occitana con tutte le iniziative necessarie a sostenerla economicamente, non a crearla. Il punto debole dell’argomentazione sta nel fatto che la minoranza occitana a Realdo e Verdeggia non preesisteva alla legge, perché l’occitanità del dialetto di queste due località è indimostrabile e perché il senso tradizionale di appartenenza della residua popolazione non è certo occitano.

Quindi la “minoranza occitana” in Liguria è stata creata a tavolino, probabilmente per accedere ai finanziamenti della 482. Dice anche che se si fosse appurato che a Realdo e Verdeggia il dialetto è per il 60% ligure e per il resto “occitano” (cosa non vera) il comune di Triora non avrebbe preso un soldo: verissimo, ma perché aspirare a finanziamenti ai quali non si ha alcun diritto? Qui non si tratta di un escamotage, ma di una manipolazione della realtà. Visto che la legge, a torto o a ragione (secondo me a torto) stabilisce che il cosiddetto “occitano” è una lingua meritevole di tutela e il ligure no, essendo il dialetto di Realdo ecc. un dialetto ligure, è escluso dalla tutela. Punto e basta, inutile creare sillogismi ad hoc.

Certo che la parte dedicata ai dialetti ligure in territorio francese è di Jean-Philippe Dalbera, egli è la massima autorità francese in materia e non si vede quindi chi avrebbe dovuto scrivere l’articolo. E poiché Dalbera non è di parte – come del resto non mi ritengo io, dati alla mano – il suo giudizio documentato e approfondito non può essere messo in discussione se non con valutazioni altrettanto documentate e approfondite. Non mi pareva quindi particolarmente necessario sottolineare la paternità del testo.

Lei si chiede in che modo la delibera della Provincia danneggia materialmente gli abitanti di Realdo e Verdeggia. Credo che la risposta stia in tutto il mio testo. Inoltre la dichiarazione di occitanità del brigasco e dell’olivettese è dannosa per quanti parlano altri dialetti liguri, perché rischia di indurre gli amministratori locali a riformulare – come è avvenurto per Realdo ecc. – il senso tradizionale di appartenenza linguistica dei loro amministrati pur di accedere a qualche finanziamento: mostrata la via, potrebbe sempre esserci qualche altro furbo disposto a seguire l’esempio, e ci ritroveremmo tutti occitani, come sta succedendo il provincia di Cuneo.

Forse ci sarebbe da guadagnare quaqlche spicciolo, ma in nome di cosa, al prezzo di quale deprivazione e alienazione culturale? I comuni di Carloforte e Calasetta in Sardegna, dove si parla una varietà ligure, hanno rifiutato di dichiararsi “sardi”, rinunciando ai benefici che ne sarebbero derivati in base alla L.N. 482/1999, per rispetto della popolazione locale e della realtà storico-culturale e linguistica: e sono comuni collocati su isole minori, ai quali qualche soldino in più avrebbe anche fatto comodo. Evidentemente esiste anche un’etica in politica, ma più nella Sardegna occidentale che nelle Alpi Liguri.

- Per Kurac 12/9/07 ore 19,40
L’osservazione sulla minore visibilità dell’occitanizzazione di Olivetta mi pare pertinente: in ballo ci sono interessi che riguardano soprattutto l’area brigasca. Quanto all’interesse degli “Occitani” piemontesi ad avere un piede in provincia di Imperia, mi chiedo (mi chiedo solo) se non sia legato al fatto che per accedere a certi finanziamenti europei occorre spesso il coinvolgimento di almeno tre regioni in almeno due stati (e il conto torna: Piemonte, Provenza e Liguria): capisce bene a questo punto che con una popolazione di 280.000 “occitani” millantati in provincia di Cuneo e di Torino, al centinaio scarso di brigaschi e olivettani presuntamente occitani arriverebbero poi le briciole della torta. Forse anche quelle però fanno appetito…

- Per Anonimo 13/9/07 ore 13,10
Sono molto d’accordo sui pericoli legati alla “fede troppo seriosa e immunitaria nelle marche identitarie”, sia nel caso che siano esse inventate (come accade per Realdo ecc.), sia nel caso che abbiano fondatezza storica. Personalmente mi riconosco in un concetto plurale di “identità”, come quello splendidamente rappresentato da Amin Maalouf nel suo saggio intitolato appunto Identità, recentemente ripubblicato da Bompiani. Il più grosso difetto della L.N. 482/1999 è stato (non soltanto a mio giudizio) proprio quello di ossificare e ingessare le identità delle minoranze linguistiche storiche riconosciute, rinchiudendole in un ghetto al quale peraltro molti aspirano ad entrare per motivi di cassetta. Una tutela complessiva dei patrimoni linguistici storici italiani sarebbe stata assai più opportuna e in linea col dettato costituzionale. Ma nel momento in cui questa legge esiste, e nel momento in cui viene richiesta una sorta di aberrante patente etnico-linguistica per accedervi, il fatto che si pone è questo: è meglio violentare il panorama linguistico italiano e beccarsi qualche spicciolo, o è meglio perseguire, con onestà intellettuale, una diversa strada di tutela e valorizzazione?

- Per Anonimo 13/9/07 ore 18,17
Chi ha scritto l’articolo per Wikipedia mostra una discreta conoscenza della letteratura scientifica e non soltanto del mio libro: è forse eccessivamente prudente sull’attribuzione tout court dei dialetti in questione all’area ligure, ma forse il saggio di Dalbera pubblicato nella raccolta di Cerquiglini è successivo o non gli era noto.

- Per Luì Cerin 14/9/07 ore 18,46
Ha centrato un aspetto del problema: il vero dramma è che questi paesi sono praticamente spopolati, e di questo dovrebbero occuparsi gli amministratori. Ovvio poi che se non si vigila attentamente sulla memoria storica e sui dati concreti disponibili, in un guscio vuoto si possa insediare anche il primo paguro occitano che passa (mi perdoni la metafora zoologica), per motivi che a questo punto dovrebbero essere chiari.

sabato 15 settembre 2007

I 25 anni di Pulcinoelefante

PulcinoelefanteQuesto sabato non inserisco, come d'abitudine, una poesia ma parlerò di poesia, o meglio di chi le poesie le stampa.

Ieri sono stato al castello del Roccolo a Busca (CN) dove, nell'ambito di il Roccolo della Poesia si è aperta una mostra per i 25 anni delle edizioni di Pulcinoelefante. Casa editrice unica nel suo genere in Italia fondata da un personaggio multiforme, a sua volta poeta, Alberto Casiraghi che ha il vezzo innocente di firmarsi Casiraghy.

Venticinque anni fa, quando la tecnica tipografica inventata da Gutenberg cinque secoli prima veniva abbandonata e sostituita dalla fotocomposizione computerizzata, il cosiddetto passaggio dalla stampa a caldo alla stampa a freddo, Alberto decise che no, non si poteva abbandonare una delle invenzioni che avevano determinato la nascita dell'era moderna.

Così impiantò a Osnago (MI) una piccola tipografia come quelle di una volta, con i caratteri mobili di piombo, e cominciò un'avventura sempre più entusiasmante che adesso festeggia le nozze d'argento ed è arrivata alla bellezza di 7015 titoli.

Sono preziosi libretti di sole otto pagine, formato 13 centimetri e mezzo per 19, tiratura dalle 30 alle 35 copie, carta che toccandola ti dà già emozione. Ognuno contiene una poesia e un'opera originale di un artista incollata sulla quinta pagina.

Alcuni autori, alla rinfusa tra poeti e artisti: Gadda, Ginsberg, Baj, Pontiggia, Merini (oltre mille titoli), Nespoli, Penna, Munari, Pasolini.
Alberto Casiraghy
Alberto Casiraghy


Lo sapete perché i font del computer si chiamano così? A tutta prima sembra una parola inglese, in realtà deriva da un verbo francese, fondre, fondere, fondere appunto i caratteri. E le aziende di software che li progettano si chiamano, per lo stesso motivo, fonderie. In informatica sembra non ci sia spazio per il presente. O ci si attacca al passato o ci si slancia, parlo naturalmente di termini, verso il futuro.


giovedì 13 settembre 2007

De Nutella

Papa Ratzinger ha reintrodotto la messa in latino, e domani il motu proprio entrerà in vigore. Ma c'è un problema. Parecchi preti, ho chiesto di persona, non conoscono proprio questa lingua. Consiglierei loro di cominciare ad esercitarsi con il maccheronico che segue. Affrontare Cicerone di colpo potrebbe essere uno shock.

Che questo post abbia a che fare in qualche maniera con quello precedente?

Copio tale e quale da QUI
DE INUTILITATE NASCONDIMENTI BARATTOLORUM NUTELLÆ AB ILLUSIBUS MAMMIBUS

Nutella omnia divisa est in partes tres:
Unum: Nutella in vaschetta plasticae.
Duum: Nutella in vitreis bicchieribus custodita.
Treum: Nutella sita in magno barattolo (magno barattolo sì, sed melium est si magno Nutella in barattolo).

Nutella placet omnibus pueris atque puellis sed, si troppa Nutella fagocitare, cicciones divenire, cutaneis eruetionibus sottostare et brufolos peticellosque supra facie tua stratos formare atque, ipso facto, diarream cacarellamque subitaneam venire. Propterca quod familiares, et mamma in particolare, semper Nutella occultat in impensabilis locis ut eviteant filiis sbafare, come soliti sunt.

Sed domanda spontanea nascet: si mamma contraria est filiales sbafationes, perché Nutella comprat et postea celat? Intelligentiore fuisse non comprare manco per nihil ... sed forse mammae etiam Nutella sbafant: celatio altrum non est vendetta trasversalis materna propter ea quod ea stessa victima fuit, sua volta, matris suae.

"Sic heri tua mamma Nutella celavit, sic hodie celis filiis tuis". Sed populus totus cognoscit ingenium puerorum si in ballo Nutella est: vista felinos similante habent ut scruteant in tenebris credentiarum; manes prensiles aracnidarum modo ut arrampiceant super scaffalos sgabuzzinarum; olfactum caninum - canibus superior - per Nutèllam sèovare inter mucchios anonimarum marmellatarum fructarum.

Memento semper: filius, inevitabile, Nutella s covat sed non semper magnat. Infactum, fruxtratione maxima filii si habet quando filius scovat barattolum sed hoc barattolo novus atque sigillatus est, propterca quod si filius aprit et intaccat barattolum intonsum, sputtanatus fuisse! (Eh! Erat novus ... ).

Hoe res demonstrat omnibus mammis nascondimentos novorum barattolorum Nutellae fatica sprecata esse. Non fruxtratione maxima, sed notevolis incavolatio si habet si filius ritrovat barattolum quasi vacuum, giusto minima cum Nutella et alcunam partem manducare non potest quod barattolum vacuum buttatum fuisse ab mamma, non conservatum, inde semper minimum fondum Nutellae rimanendum est.

Hoc res demonstrat omnibus mammis nascondimentos quasi vacuorum barattolorum Nutellae ulteriore fatica sprecata al quadratum esse. Unica possibilitas felicitatis filii est rinvenire barattolum medio vacuum et medio plenum, in hoc modo dues o tres cucchiailli Nutellae videantur sbafandi sunt.

Sed, post sbafationem, ad editandum sgamati esse memorandae sunt smucinatio atque mischiatio Nutellae rimastae ut si fingeat nemo toccavit nemo magnavit. Etiam, primariae importantiae res, cucchiaillus lavare asciugareque ne tracciam ullam lasciare. Hac tertia ipotesis unica ragione est pro fatica mammarum, sed ulteriores domandae spontanae nascunt.

Ne valet la penam? Hoc casinus toto per tres cucchiaillos fetientos Nutellae? Qui ve lo facit fare? Et postea, postea, non vi lamentatis si filli, provati astinentiarum Nutellarum, drogaturi sunt! Ullae lacrimae coccodrillarum accettatae sunt: non dicite non avvertendo non fuissimus

Salutis baciisque
Caius Julius Ferrerus


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lunedì 10 settembre 2007

Manipolazione delle identità linguistiche in Liguria

Pubblico un articolo inedito di Fiorenzo Toso, docente all'Università di Sassari e all'Università di Saarbrücken.
Vi si afferma in sostanza che l'«l'occitanità» di Olivetta San Michele (IM) e di Realdo e Verdeggia, frazioni di Triora (IM), è una pura invenzione. Che c'entri la legge 482/1999 che tutela le minoranze linguistiche e che all'art. 2 elenca, tra le altre, proprio quelle parlanti l'occitano? E che c'entrino i finanziamenti che la legge assegna a queste comunità?

Nella vicenda suona quantomeno strano che la Provincia di Imperia non si sia avvalsa della consulenza di qualche specialista.

Questo blog, e non ci sarebbe bisogno di dirlo, è aperto ad altri interventi sulla materia.

L'articolo intero è QUI, sotto un estratto.

Fiorenzo Toso
Ha avuto qualche eco sulla stampa locale, nei mesi scorsi, la notizia che il Consiglio Provinciale di Imperia ha approvato all’unanimità un ordine del giorno che ha visto come primo firmatario-proponente, il Vice Presidente del Consiglio Marco Bertaina. L’ordine del giorno si riferisce alla tutela in base alla L.N. 482/1999 del patrimonio linguistico di alcune località (Realdo e Verdeggia frazioni di Triora e Olivetta San Michele), per le quali le amministrazioni comunali, con l’avvallo di quella provinciale,hanno dichiarato in passato l’appartenenza storico-culturale alla minoranza linguistica cosiddetta "occitana" presente in Italia.
[...]
Certo, gli argomenti a favore della presunta “occitanità" del brigasco e dell’olivettese sono a tal punto grotteschi, che arrivano a contraddirsi da soli: spulciando su internet capita persino di trovare la traduzione in brigasco di un brano provenzale che Dante attribuisce ad Arnaut Daniel, messa a confronto con l’originale, dalla quale si evince in maniera assolutamente lampante che il ligure alpino brigasco e il provenzale antico non hanno proprio nulla a che fare! Il fatto è che dimostrare una qualche affinità del brigasco coi dialetti provenzali invece che con quelli liguri è cosa impossibile.
[...]
Ma c’è di più: il carattere ligure delle parlate della Val Roia francese, compreso il brigasco, è accolto senza difficoltà da una pubblicazione ufficiale sulle Langues de France edita nel 2004 dal governo francese, a cura del linguista Bernard Cerquiglini. L’opera contiene monografie di studiosi specialisti di ciascuna area minoritaria, certamente più legittimati a discettare in materia che non l’unico(!) autore di una modesta pubblicazione divulgativa realizzata dal Ministero Italiano degli Interni, citata di recente da "A Vastéra" a riprova del presunto carattere “occitano” del brigasco: un’opera non certo destinata a entrare a far parte della bibliografia accreditata negli ambienti scientifici: e c’è da chiedersi allora come lo stesso dialetto brigasco possa essere dichiarato ufficialmente ligure in Francia e "occitano" in Italia!
[...]


Ho ricevuto questa mail
Riteniamo che la globalizzazione occitana stia facendo danni irreparabili per le originarie culture locali, perché i territori di maggior accanimento da parte degli occitani sono proprio i luoghi dove vive poca gente e privi di società e comunità non più in grado di reazioni, poiché quasi inesistenti. Agli occitani questo non interessa: il marketing si serve a comunicare messaggi e le ideologie affrancano tutto a loro favore. Fa pena vedere valli e paesi distrutti da questo rullo compressore finanziato da Roma e dagli accordi politici...
Noi però non disperiamo e continuiamo un'azione sul territorio con decisione e passione. Poi il tempo deciderà.

arveire
___________________________________
COUMBOSCURO CENTRE PROUVENÇAL
Centro Internazionale di Cultura Edizione Spettacolo
Sancto Lucio de Coumboscuro, 12020 Monterosso Grana - Cuneo
tel 0171.98771 fax 0171.98707
www.coumboscuro.org - mail: info@coumboscuro.org


Altra mail da questo sito
Essendo da più di vent'anni impegnati per la tutela e la valorizzazione della cultura e delle tradizioni in Piemonte e avendo avuto modo di verificare le nefaste conseguenze derivate dalla proliferazione tragico/comica e lobbistica della ideologia "occitana", a seguito della approvazione della legge 482/1999, la informiamo che condividiamo completamente quanto scritto dal professor Fiorenzo Toso. Le montagne non hanno mai diviso le persone ma, al contrario, sono state da sempre l'elemento di congiunzione per lo scambio economico, sociale e culturale e quindi, l'area compresa tra Piemonte e Provenza, ha saputo cogliere tutto questo stabilendo un rapporto linguistico che è da definire come Provenzale-Alpino o a Nosto Modo. Sostenere l'esistenza della "occitania" e come sostenere l'esistenza della "padania". Sia ben chiaro, ognuno di noi è libero di professare e sostenere quelle che vuole, ma dover subire imposizioni di questo genere solo perché degli scaltri approfittatori sono riusciti, grazie ai soliti intrallazzi politici all'italiana, ad avere una tutela legislativa da parte delle Stato Italiano, mi pare francamente eccessivo. Con le pesanti ristrettezze economiche che penalizzano sopra tutto le realtà più piccole, i 60 comuni piemontesi che si sono dichiarati "occitani" lo hanno fatto - mentendo sapendo di mentire - con l'unico scopo di poter accedere a una parte del sostanziale flusso di denaro che arriva grazie al riconoscimento della "lingua occitana". Se fosse stata riconosciuta dalla legge 482/1999, la lingua Piemontese, si sarebbero dichiarati sicuramente piemontesi.

Distinti saluti
Gioanin Ross


Metto in evidenza questo commento anonimo
E' bene iniziare a dare una risposta a chi si è svegliato ora e ha scoperto che anche in liguria c'è una minoranza linguistica!

Toso e company, hanno letto l'ODG presentato in Consiglio Provinciale nei mesi scorsi?


E' bene sapere che nel 1999 il parlamento ha approvato la legge n° 482 e nel 2001 è stato emanato il DPR 345, in attuazione di un principio costituzionale. Come scritto con precisione al loro interno il Comune di Triora, nel 2000, ha richiesto alla Provincia di Imperia di deilimtare parte del territorio comunale di Triora, in particolare le frazioni di Realdo e Verdeggia, affinchè potessero essere riconosciute "minoranze storiche linguistiche" dal ministero dell'interno. La Provincia di Imperia con la delibera del Consiglio Provinciale n° 80 del 31 luglio 2000, sottolineao anno 2000, ha inoltrato la sopraindicata richiesta al dipartimento dell'interno.
Le motivazioni specifiche mi riservo di renderle note, comunque mi pare chiaro che tutto quanto è stato fatto è conforme alla normativa vigente.

In apertura del blog si legge:
"Nella vicenda suona quantomeno strano che la Provincia di Imperia non si sia avvalsa della consulenza di qualche specialista".

quale consulente? c'è qualcuno che avrebbe voluto qualche spicciolo per dire la sua?
Lo specialista a cosa serve a sette anni, un mese e 11 giorni da quando la provincia ha deliberato la richiesta di "minoranza linguistica"?

A risentirci presto..nel frattempo vi ho riscritto, qui sotto, l'ODG che ha visto primo firmatario Bertaina e approvato, mi sembra, all'unanimità..solo per opportuna conoscenza..e per avere un quadro della questione leggermente più completo di prima!



ORDINE DEL GIORNO

I sottoscritti Consiglieri Provinciali,

PREMESSO che, nell’ambito territoriale delle frazioni di Realdo e Verdeggia nel Comune di Triora, è insediata in Provincia di Imperia l’unica minoranza linguistica-storica della Regione Liguria, che è stata riconosciuta dalla Legge n° 482 del 15 Dicembre 1999, in seguito alla richiesta della Provincia di Imperia, espressa con deliberazione del Consiglio Provinciale n°80 del 31 Luglio 2000;

ACCERTATO che la minoranza linguistica è l’OCCITANO, nella sua variante denominata BRIGASCO, che prende il nome dal territorio di origine della lingua, parlata nel Comune di Briga Marittima che, dopo i trattati di pace del 1947, fu diviso tra Francia e Italia, Liguria e Piemonte, Imperia e Cuneo, creando una divisione territoriale e conseguentemente culturale;

RILEVATO che il brigasco-occitano si estende, oltre i confini della nostra Provincia, alle comunità di Piaggia Upega e Carnino nel Comune di Briga Alta, Viozene nel Comune di Ormea, La Brigue e Morignolle in Francia, mantenendo fra tutte le sue parti saldi legami culturali e storici;

CONSIDERATO che tali legami sono indubbiamente importanti e continuano a venir promossi a livello interprovinciale, interregionale e internazionale, attraverso l’assidua e costante attività dell’Associazione
“A Vastera – Uniun de Tradisiun Brigasche”, animata da un profondo interesse per il mantenimento e lo sviluppo della lingua e cultura occitana;

TENUTO CONTO che la pluralità linguistica e culturale costituisce un valore fondamentale e che la diversità culturale ha come obiettivo quello di porsi come elemento di coesione sociale e non può operare in una logica di maggioranza e minoranza;

CERTI che per la Provincia di Imperia la presenza di questa minoranza sul proprio territorio costituisca un bene da valorizzare e una ricchezza culturale di cui vantarsi e che, in quanto patrimonio culturale comune, se ne dovrebbe promuovere un sostegno costante a ogni livello;

RICHIAMATI gli articoli 2,3,6 e 8 della Carta Costituzionale della Repubblica Italiana, la Carta Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie, la L.R. n° 33 del 2006 T.U. in materia di cultura, la Legge n° 482, approvata dal Parlamento Italiano il 15 Dicembre 1999, recante “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche, e il Decreto del Presidente della Repubblica n° 345 del 2001”;


IMPEGNANO LA GIUNTA PROVINCIALE

a valorizzare la minoranza storica linguistica OCCITANA, adottando tutte le iniziative necessarie a sostenere economicamente l’esistenza e le attività della minoranza stessa, come previsto degli articoli 14 e 16 della Legge 482/99; inoltre

INCARICANO IL PRESIDENTE E L’ASSESSORE COMPETENTE

di trasmettere il presente O.D.G.:

all’Assessore Regionale alla Cultura e al Sindaco del Comune di Triora, affinché entrambi gli enti siano sollecitati a sostenere l’unica minoranza linguistica storica presente sul territorio regionale;

ai Sindaci dei Comuni di Briga Alta e Ormea, al Presidente della Provincia di Cuneo, al Sindaco di La Brigue, al Presidente del Consiglio Generale des Alpes-Maritimes e al Presidente della Regione Provence-Alpes-Côte d’Azur affinché, in un’ottica di collaborazione, prendano in considerazione la possibilità di unificare culturalmente il territorio occitano facendo riconoscere dallo Stato Italiano le comunità Briga Alta e di Viozene come minoranze linguistiche storiche ai sensi dell’art. 3 della Legge 482/99 e dell’art. 1 del D.P.R. 345/2001, e il Comune francese di La Brigue, secondo la normativa vigente, in stretto riferimento all’art. 14 della Carta Europea delle Lingue regionali o minoritarie, con l’obiettivo di concretizzare seri progetti trasfrontalieri;

al Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Genova, affinché possa prendere in considerazione la possibilità di prevedere corsi di formazione specifici per insegnanti, interpreti e traduttori, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 345/2001;

al Direttore della RAI, società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo della Regione Liguria, affinché intervenga a favore della minoranza linguistica, così come ammesso dall’art. 12 della Legge 482/99.

al Signor Prefetto della Provincia di Imperia Maurizio Maccari e al Sottosegretario al Ministero dell’Interno, On. Ettore Rosato, affinché siano aggiornati sull’attività a favore della minoranza storica linguistica occitana portata avanti dalla Provincia di Imperia.

domenica 9 settembre 2007

Day-after del v-day

Firmano in 300.000 al v-day

E adesso?


QUI
l'articolo di Michele Serra su Repubblica
Qui l'articolo di Giusi Marcante sul Manifesto
QUI l'articolo di Marco Travaglio su l'Unità
QUI l'articolo sul Corriere
QUI l'editoriale sul v-day di Scalfari su Repubblica

sabato 8 settembre 2007

V-day a Milano

Antonio di Pietro
Milano. Antonio di Pietro firma al v-day

Stamattina al v-day in Largo Cairoli. Quattro cameraman e un nugolo di fotografi. Tre code per firmare: milanesi, della provincia e residenti fuori. Lunghe più o meno quindici metri e tali sono rimaste dalle dieci a mezzogiorno quando sono andato via. Alle undici e mezzo è arrivato Antonio di Pietro. Anche lui s'è fatto la coda, anzi due, perché aveva imbroccato quella sbagliata.

Se son rose fioriranno. Speriamo che nel frattempo qualcuno non tenti di ibridarle.

Ieri, sul Venerdì di Repubblica, è uscito un articolo di quattro pagine su Beppe Grillo. Non è stato trattato proprio coi guanti di velluto. Qualcuno l'ha letto?

V-day a Milano
V-day a Milano
V-day a Milano
V-day a Milano
V-day a Milano

Franco Fortini

Il bambino che gioca

Il bambino smise di giocare
e parlò al vecchio come un amico.
Il vecchio lo udiva raccontare
come una favola la sua vita.

Gli si facevano sicure e chiare
cose che mai aveva capite.
Prima lo prese paura poi calma.
Il bambino seguitava a parlare.


Franco Fortini
Firenze 1917
Milano 1994

venerdì 7 settembre 2007

Dio, con la maiuscola o la minuscola?

Mi ricordo perfettamente che Eugenio Scalfari sul suo giornale scriveva "dio", sia negli editoriali che in articoli vari. Degli altri giornalisti di Repubblica non saprei. Poi, ad un certo punto, quando?, anche lui cominciò a scrivere "Dio". Potete ben capire che non è una mia pignoleria, da questa maiuscola o minuscola, soprattutto minuscola, si autoinquadra lo scrivente. M'è venuto in mente perché stamattina ho visto in un grande titolo di questo giornale "Dio". E devo dirlo, questa parola a caratteri cubitali fa un po' impressione.

Domani v-day

Domani giornata del v-day organizzata da Beppe Grillo.

L'appuntamento per i milanesi è in via Luca Beltrami (MM1 Cairoli). Dalle 9 di mattina in poi.

Vi riferirò. Naturalmente con le foto.

giovedì 6 settembre 2007

Alice non ce la conta giusta

Ho un contratto Alice 4 mega 24h e pago 19,95 euro al mese più IVA. Per curiosità sono andato a questa pagina e ho visto che questo contratto non esiste più. Esiste invece il contratto Alice flat (fino a 2 mega) allo stesso prezzo. Lasciamo stare che i miei 4 mega va già bene se sono due, cosa significa tutto ciò?

Ho telefonato al 187, ore 15:23, e l'operatore è cascato dalle nuvole. Così è andato anche lui a vedere la pagina e mi stava spiegando che: «Forse sono i nuovi contratti non ancora in vigore...» ed è caduta la linea.

C'è qualcuno che ne sa di più?

mercoledì 5 settembre 2007

Prego sorrida

«Prego sorrida» oppure «Su, su, un bel sorriso» o ancora «Non state lì impalati come delle statue, sorridete» ed io qualche volta «Ma non sorridere così che ti viene la faccia da pirla».

Tanti davanti alla macchina fotografica, ancestrali retaggi?, si sentono bloccati e ce ne vuole per ritrarli decentemente.

Adesso, ma guarda cosa mai vanno a tirar fuori, è uscita una nuova fotocamera, la Sony Cybershot T200, che se non sorridi non ne vuol proprio sapere di far scattare l'otturatore.

Il video di presentazione lo potete vedere QUI.

Chissà se scatta anche quando il mio amico sorride con la faccia da pirla.

martedì 4 settembre 2007

Video sull'anguilla

Dopo circa un mese sono ritornato alla banda larga e posso finalmente inserire il video che il bravo Ugo Giletta, che qui ringrazio di cuore, aveva girato durante l'incredibile serata della ricerca del "mostro".

Chi non avesse seguito la vicenda può farsene un'idea andando a questo post e poi continuare a leggere quelli successivi.

La musica suonata dalla bandina è l'inno "Ciapa l'anghila" composto espressamente dal maestro Enrico Allavena per l'evento.



Supporto. Per inserire questo video ho dovuto seguire una procedura inusuale. Si vede bene con Firefox e Opera. Potreste avere problemi con vecchie versioni di Internet Explorer.


Il sito di Giovanni Tamburelli.

domenica 2 settembre 2007

Ermanno Olmi, la crisi del cinema italiano è la crisi della nostra società

Partito da questo articolo di Galli Della Loggia sul Corriere della Sera e poi proseguito con gli interventi di Lizzani e Bellocchio su Repubblica il dibattitito sulla crisi del cinema italiano continua. Non mi sembra quest'anno la querelle di stagione, prima del Festival di Venezia, perché vengono buttati sul tappeto tutti i guai di questa nostra Italia ormai senza bussola, al di là del cinema.

Pubblico integralmente, anche se la lunghezza non è proprio da blog, l'intervento di Ermanno Olmi uscito ieri su Repubblica. Stamattina l'editoriale di Scalfari è sullo stesso tema.

Guardatevi l'ultimo paragrafo. Calza a pennello col post precedente. Sullo stesso numero è uscita la pubblicità che ho contestato e l'articolo di Ermanno Olmi. I giornali fagocitano ma non metabolizzano.

ERMANNO OLMI

Caro direttore, quando è uscito il mio ultimo film Centochiodi ho annunciato che col cinema narrativo avevo chiuso: ma non è perché il cinema italiano - e non solo italiano - sia in crisi. È tutta la società che in questo momento è in crisi, e non solo quella italiana. Stiamo attraversando un periodo di grandi trasformazioni necessarie per affacciarci a nuove soglie del futuro.

Trasformazioni che non abbiamo del tutto metabolizzato. Uso questo termine, anche se un po' scaduto, ma che mi torna in mente ora per indicare quei particolari momenti della storia in cui necessari e inevitabili cambiamenti creano necessari e inevitabili condizioni di crisi. È un po' come succede con il corpo umano, quando da bambini si diventa adolescenti e il corpo si carica di turbolenze e ancora non si ha la consapevolezza né di essere bambini né di essere adulti. Questa è oggi la nostra società. Così tutte le società “cosiddette” avanzate.

Pensiamo di essere più grandi ma non siamo ancora davvero adulti. Ed è questo che ci mostra il cinema: la condizione della nostra realtà in uno stato piuttosto confusionale e disorientata. E anche il cinema è parte di questa realtà. Ma è da quando ho cominciato la mia avventura nel cinema - e sono oramai più di cinquant'anni - che sento lamenti di crisi del cinema italiano dopo la gloriosa stagione de neorealismo e dei suoi grandi padri. È vero: quei maestri segnarono la scena mondiale del cinema italiano, quello fu il momento più alto del nostro cinema, ma perché? Proprio perché c'erano stati cinque anni di guerra, appunto.

Tragedie e sofferenze comuni che avevano creato un sentimento comune. Anni che furono una scuola poderosa, una scuola che ci costringeva a cercare valori essenziali. Primo fra tutti quello della vita. Eravamo individui in mezzo ad altri individui che avevano fame di pane e civiltà. Ma a quel tempo, tutto era coinciso con la rinascita dalle macerie, con la ricostruzione, con una speranza nuova, col sogno di un mondo più umano, di bella convivenza. È durato poco.

Già nei primi anni Cinquanta si faceva avanti la crisi del contrappasso determinata dal boom economico - così si chiamava - e che alla fine durò un istante. Come sempre, lo slancio della ricchezza cancella le tensioni morale e, per quanto riguarda il grande schermo, spinge anche il cinema verso la commedia - giustamente per carità – e poi, pur con capolavori di grande maestria, verso una spensieratezza che non vuole saperne di nuovi segnali di insofferenze e crisi mondiali. Le guerre “lontane” non ci riguardano.

Ma ecco la morte di Kennedy, il Sessantotto, la Guerra Fredda cova tra le grandi Potenze. Sono cominciati in quegli anni i grandi cambiamenti del mondo e da allora a oggi tutte le nostre società stanno vivendo queste fisiologiche trasformazioni. Che possono anche produrre esiti devastanti, come fu da noi il terrorismo di casa, o come è oggi il terrorismo internazionale.

Dunque trovo che quello che hanno scritto Galli della Loggia sul Corriere della sera o Lizzani e Bellocchio su Repubblica ci sollecita a una giusta considerazione sul cinema. La segnalazione di una crisi – che si intende di inadeguatezza – dei film italiani nei confronti della realtà in cui viviamo. Giusto. Tuttavia la medesima domanda dobbiamo porla alla letteratura, alle arti, alla politica dei nostri governi e all'economia del denaro. Non è forse in crisi questa economia? Quella italiana e non solo? Abbiamo forse un disegno economico che rappresenta l'anelito ideale di questo nostro paese?

Via! I dati che ci fanno vedere sono fasulli. Ma non perché non sanno fare i conti coi numeri. Non sanno fare i conti coi “valori”. Non hanno ancora capito – o non vogliono capire – quanto vale una zolla di terra e un bicchiere di buona acqua. Viviamo da ricchi una condizione di miseria di beni naturali. Ma appena il baraccone delle ambiguità comincerà a scricchiolare, saranno, come si dice a Roma, ... amari.

Il cinema non è un dopolavoro idilliaco dove nel tempo libero si celebrano le smanie artistiche di quattro giovanotti – come eravamo noi del tempo passato. Il cinema di ieri come quello di oggi, vive il sentimento della realtà. Ecco perché il senso di crisi. Non c'entra niente dire che non ci sono più buoni autori. Perché non è vero. Anzi i germogli della nuova generazione ci sono, eccome.

Ho visto il film bellissimo di Giorgio Diritti, Il vento fa il suo giro, e questa è una delle tante conferme. Lo vada a vedere Galli della Loggia: mi ringrazierà. E diciamo anche che quest'anno alla Mostra di Venezia ci sono tre giovani italiani eccellenti che faranno sicuramente onore al nostro cinema, all'arte, al dovere civico.

Per questo, con simpatia e con calore, ribalto la domanda a Repubblica e al Corriere. Forse i giornali italiani stanno davvero rappresentando la realtà italiana? Sono all'altezza del compito che gli compete? O sono vincolati dalla pubblicità e la servono devotamente? Non è anche questo un segno di crisi?


QUI un approfondimento segnalato da un lettore

sabato 1 settembre 2007

Pubblicità e lavavetri

Pubblicità
Questa pubblicità, apparsa a tutta pagina stamattina su la Repubblica (pag. 26) non è ironica. E' il peggio che possono esprimere certi creativi (?) che definirli cinici è poco. Si specula sulla pelle di uomini che per vivere, e lo ammetto certe volte possono anche dar fastidio, lavano il parabrezza ai semafori e contro i quali si è scatenata in questi giorni una campagna politica e mediatica che dimostra la pochezza e la fragilità della nostra convivenza umana.

Qui non abbiamo donne dark borchiate che frustano uomini nudi come nelle pagine di Dolce&Gabbana che qualche giorno fa sono state bannate dal gran giurì francese della pubblicità. Qui abbiamo dei poveri uomini, UOMINI, nudi nella loro povertà che nessuno difende.

Internet e carta stampata, chi è più credibile?

La poesia del post precedente l'ho copiata da "Poeti italiani del Novecento", Oscar Mondadori, ristampa 2007. Trascrivo dal libro
Leonardo Sinisgalli è nato a Montemurro (Potenza) nel 1908, laureato in ingegneria elettrotecnica e industriale, ha vissuto fra Milano e Roma, dove abita tuttora, occupandosi di pubblicità, programmazione culturale e aziendale.

Che un uomo di 99 anni si occupasse di pubblicità mi sembrava abbastanza improbabile, così ho controllato su internet in vari siti e ho visto che era morto nel 1981.

La Mondadori risparmia sulle revisioni e si becca queste belle figuracce.

Leonardo Sinisgalli

Ti porterò la mia testa vacante

Ti porterò la mia testa vacante
e tu andrai più dolce di una lacrima
a cercarti un piccolo alveo sotto gli occhi.
Ma così lieve, così arrendevole
che un fiotto di luce ti spazzerà.


Leonardo Sinisgalli
Montemurro (Potenza) 1908
Roma 1981