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mercoledì 29 luglio 2009

Il dialetto e l'imbecillità della Lega

lettera A
Questa vocale del mio dialetto, forse unica nel mondo, e che il simbolo grafico-tipografico non può esprimere nel suo suono reale, fu tra le prime a formare parole di senso compiuto che uscirono dalla mia bocca.

Adesso sembra che facciano marcia indietro, ma fino a poco fa nessuno della Lega aveva avuto niente da dire sulla proposta imbecille dei test di dialetto per i prof.

Ne approfitto per ripubblicare un mio articolo sull'argomento

Ritorno a Babilonia
Ogni civiltà ha cercato, ciascuna alla propria maniera, di spiegare la nascita delle diverse lingue che genera in primo luogo l'incomprensione fra i popoli. I nostri antichissimi progenitori incolparono una tribù di robusti muratori fuori di senno che si erano messi in testa di costruire una torre che raggiungesse il cielo. La mitica torre di Babele nella città di Babilonia. Dio li castigò per la loro presunzione confondendo la loro lingua e disperdendoli sulla terra. Dopo quattromila e rotti anni stiamo assistendo al fenomeno inverso. Tanti idiomi stanno sparendo e la cosa ci tocca proprio da vicino: i nostri dialetti hanno ormai gli anni contati, perché una lingua o si parla o non è più.

Quando vado a zonzo per la mia vallata a rivedere luoghi già percorsi e rincontrare gente già conosciuta parlo la mia lingua madre. La prima parola di senso compiuto che ho pronunciato è stata må (mamma) come tutti i bambini della terra, ma badate bene a quel tondino sulla 'a': essa sta a indicare una vocale molto particolare che sta tra la 'a' e la 'o' e che non esiste nella lingua italiana e forse in nessun'altra parte del mondo. Ebbene questa 'å' è il marchio di fabbrica che mi identifica come Lisurencu, così come i Pignaschi hanno le 'i', i Casteluzzi le 'z', i Dolceacquini anche loro una 'å' ma con un'intonazione diversa, gli Apricalesi... beh loro meriterebbero tutto un discorso a parte.

Dicevo quando vado a zonzo parlo il dialetto, ma non con tutti, soltanto con le persone di una certa età e mai con i più giovani. Ormai la generazione che è cresciuta parlando ragionando e sognando in Italiano è diventata adulta e di conseguenza i nostri idiomi sono destinati all'estinzione. Non c'è niente da fare. Ne consegue che il senso di appartenenza che determina le radici si fa più labile anche perché quella che una volta era una comunità chiusa, diffidente verso gli estranei, gelosa delle proprie tradizioni e solidale al suo interno, si è trasformata in una convivenza di famiglie che spesso hanno in comune il solo fatto di abitare nello stesso paese e poco altro più.

Il mondo è in veloce trasformazione come non mai. Tutto il contrario della staticità economico-sociale che ha caratterizzato la nostra vallata per secoli e secoli. Dal nomadismo dei pastori che percorrevano le nostre terre mille anni fa si era passati a un'economia agricola che aveva generato la nascita dei nostri paesi e i vari linguaggi. Alla fine del millennio rinascono i nuovi nomadi. Disoccupati che rincorrono il lavoro, innamorati che rincorrono la fidanzata, esauriti dallo stress metropolitano che scappano dalle città per andare in campagna e poi accorgersi che la terra è bassa, stranieri che si son tagliati i ponti alle spalle, illusi e delusi di tutto, donne in fuga. I nostri paesi ormai sono abitati da un'umanità varia che per campare fa i mestieri più disparati, che arriva da chissà dove e che di conseguenza parla l'Italiano, ma un Italiano insipido e posticcio proprio perché non affonda le radici da nessuna parte, un Italiano che è figlio diretto della televisione dove la semplicità è confusa con la banalità. Non c'è cosa peggiore di non capirsi quando si parla la stessa lingua.

E questo appunto sta succedendo. Le parole non sono più pesanti pietre ma leggere piume che volano al vento e non lasciano segno. Non era così col dialetto perché ogni parola era impressa nella materia da cui era stata generata, fosse un albero, un temporale, uno raggio di sole tra le nuvole, uno stato d'animo. E la gente si capiva. Si amava o si odiava, ma comunicava. Adesso prevale tante volte l'indifferenza. E allora cosa si fa? Premesso, come abbiamo già detto, che comunque i nostri idiomi sono destinati a sparire, si può cercare di salvare il salvabile fin che si è in tempo. Questi nuovi mezzi digitali ci possono essere d'aiuto. Ho scritto, fra varie cose, un piccolo dizionario del mio paese.


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22 commenti:

  1. Anch'io spesso penso a quanta cultura popolare si possa perdere, con la scomparsa dei dialetti. Se parlati nel senso del tuo bell'articolo, i dialetti diventano anche cultura da scoprire per i forestieri. Proprio l'opposto di quella ignorante chiusura che vorrebbe la Lega.

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  2. Sono cresciuto con mia nonna, che parlava solo dialetto, e pertanto, fino all'età della scuola, per me l'italiano era la lingua della televisione, mentre quella che parlavo (che parlavamo) era il dialetto. Per questo, ancora oggi, che occasioni di parlare in dialetto ne ho poche, esso è comunque rimasto, per me, il veicolo linguistico dell'emotività, in particolare per esprimere la rabbia e la tristezza.
    Va da sé, però, che i dialetti contadini stanno diventando lingue morte, non perché non le parli più nessuno, ma perché scompaiono le attività lavorative cui essi fanno riferimento. Pur parlando ancora, qualche volta, dialetto, vi sono un mucchio di parole che non uso più da decenni, e sono proprio quelle relative ai vecchi attrezzi agricoli ed agli strumenti di cucina. Chi usa ancora in cucina, per esempio, la "ciapülèra", cioè la mezzaluna che si usava per tritare le verdure (per il soffritto o i bagnetto) o la carne? O il "barnass" per togliere la brace dalla stufa? E così via.
    I dialetti rimangono però vivi in aree di montagna, per esempio (dove, come rileva Fernand Braudel, "È dunque in collina e in montagna che è più facile ritrovare le immagini tramandate dal passato, gli utensili, le usanze, i dialetti, i costumi, le superstizioni della vita tradizionale"), dove anche i bambini si esprimono ancora così. Cito una mia esperienza recente. Ero, nel giugno scorso, a San Bartolomeo al Mare, sugli scogli, con mia figlia ed un cuginetto che cercavano di catturare dei granchi con l'esca di una patella. All'improvviso, si avvicinano due bambini dell'età della mia (circa 8 o 9 anni) che parlano fra loro una lingua strana. Penso dapprima che siano i soliti rumeni, ma poi mi accorgo che quel "rumeno" lo capisco. Mi rendo allora conto che si tratta di un dialetto piemontese-occitano delle montagne cuneesi. Come quello del bel film "Il vento fa il suo giro". Bambini che parlano dialetto fra loro: nella mia zona sarebbe impensabile, a meno che non si tratti di rarissimi giostrai (cioè, impropriamente, di "zingari") di Gambolò o di Viarigi. Ma in montagna è ancora la realtà. Per fortuna, dico io. Anche se ritengo l'italiano una gran bella lingua, che non merita di essere maltrattata con gli americanismi che fanno tanta tendenza (check list invece di elenco, eccetera).

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  3. che stupidata assurda questa dell'esame del dialetto!
    anche io ne ho parlato da me, ciao alberto

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  4. Vergognoso! Sono dell'UDC..Noi ci battiamo tanto sulla meritocrazia, sulla valorizzazione dei docenti in base alle proprie capacità e, alla fine, si rischia di non essere considerato “idoneo” perchè non si conosce il dialetto.. Bene! Bella legge!
    E cosa si deve insegnare oggi? Il dialetto?? Idea assurda! In Italia molti alunni non sanno parlare correttamente l’Italiano..
    Piuttosto puntiamo su questo:cerchiamo di migliorare la qualità dell’insegnamento, continuiamo la nostra battaglia per la meritocrazia, piuttosto che fermarci a queste proposte di legge..
    Assurdo!
    Marta

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  5. io mi chiedevo, appunto per via della vasta varietà, come avrebbero potuto fare un esame "regionale" di dialetto?
    ci sono poi regioni, che non solo ogni paese ha la sua parlato, ma che storicamente hanno dialetti di ceppi differenti, proprio in lombardia i milanesi fanno piuttosto fatica a comprendere i bergamaschi e i bresciani, e viceversa. se non ci fosse l'italiano, non riuscirebbero a comunicare.

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  6. Il dialetto era la lingua che designava le proprie origini.Oggi è una lingua parallela a quella ufficiale, sopravvissuta dove c'è ancora un senso di appartenenza alle proprie radici. A mio avviso non si impone, ma si può scoprire e trasmettere suscitando interesse e amore per la cultura locale.

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  7. sono d'accordo con crocco...quello che vuole la lega è solo una chiusura che oltretutto, fa paura...
    spero sprofondino

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  8. Esame regionale di dialetto, ma se in pratica ogni città di questo paese ha un dialetto proprio, chi deciderà qual'è sarà il dialetto maestro per l'esame?
    Che stupidaggine assurda.

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  9. Secondo me la "tribù di robusti muratori fuori di senno" che costruì la torre di babele erano gli antenati della lega. Da allora nacquero tanti idiomi... quei grandissimi idiomi della Lega.

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  10. Concordo con Botanicus,il problema della sopravvivenza del dialetto e' legato al fatto che ormai quasi nessuno lo parla piu'.L'esame di dialetto lombardo mi sembra l'ennesina boutade di qualche fantasioso in cerca di notorieta'.Preferisco non commentare,visto che molti,dico molti militanti della Lega questo esame non lo supererebbero,visto che sono figli o nipoti di italiani provenienti da altre regioni spesso del centro-sud.
    Penso invece che il patrimonio culturale dei nostri dialetti sia da salvaguardare come ricchezza da far conoscere,per valorizzare i nostri luoghi attualmente denominati come Insubria.
    Mi basta pensare che 150 anni fa la lingua del padrone qui era l'austriaco,ma i patrioti tra loro parlavano il dialetto lombardo.
    Eppure sognavano l'Italia unita.

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  11. Guarda che quel suono tra la a e la o, con quella grafia (Å) è una lettera dell'alfabeto norvegese, quindi esiste eccome in altre lingue del mondo, nonchè in dialetti, visto che il norvegese, nelle sue due versioni ufficiali scritte, non rispecchia l'enorme varietà di dialetti.
    Però in Norvegia l'attenzione e la cura per il dialetto sono enormi. Perchè, appunto, come dici tu, è nel dialetto che si esprimono le prime parole, gli stati d'animo, le cose che hanno un loro peso come la pietra, il pane, il mare.

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  12. @Marta Romano
    Lieto di conoscere qualcuno dell'UDC aldifuori della ristretta cerchia dei dirigenti nazionali. Non ho mai capito come si possa militare per l'UDC, ma questa è tutta un'altra questione :-D

    Sulla questione generale, concordo che i dialetti siano una forma di ricchezza culturale preziosa, come del resto le cucine locali e tutta la cultura che ciascuna microcomunità ha sviluppato nei secoli. Concordo con botanicus che la lingua, essendo uno strumento per operare sulla realtà, è strettamente legata alle attività. Sono rimasto sbalordito quando, durante lavori in campagna, ho dovuto scoprire dagli operai che esistono nella lingua locale almeno quattordici differenti nomi per designare le pietre, e questa varietà di termibni è evcideentemente correlata alla necessità di clasificazione in modo da non confondere un sassolino con un masso.
    Ciò che dovrebbe però apparire ovvio è che l'uso dei dialetti non si può imporre per legge, come, ma su questo credo che concordiamo tutti, non ne vada imposto il disuso, ma anzi vada considerato positivamente. Io, al contrario die miei genitori, ho tenuto a insegnare loro il dialetto, o almeno ciò che del mio dialetto conosco.

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  13. Rileggendo, a parte gli errori di battitura: ho tenuto ad insegnare ai miei figli, non ai miei genitori :-D

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  14. Artemisia
    Sì, questo segno è dell'alfabeto norvegese, e lo uso come mi ha detto di fare Lorenzo Toso, professore di dialettologia e studioso di minoranze linguistiche. Però ho seri dubbi che questa vocale abbia la stessa tonalità di quella norvegese. Bisognerebbe sentire.

    Botanicus e Vincenzo
    Anche Marx diceva che il linguaggio è l'agire pratico.

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  15. come già detto altrove a casa mia si parla italiano perchè le provenienze "natali" sono così variegate che altrimenti non ci si capirebbe, però la babilonia mi piace: ieri a tavola c'era una riunione di famiglia e ognuno chiedeva all'altro, ma in tedesco come si dice questa parola? e in francese e in olandese e in inglese che termine usate???? e in napoletano??? e in romanaccio???

    è stato divertente!

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  16. Si, anch'io ho sentito questa notizia. Cioè, che bisognerebbe fare ai professori un esame di dialetto e tradizioni regionali.
    Bene, mi sono detta, giustissimo!!!
    perfetto!!! Ma in liguria, facciamo un esame di dialetto pignasco (estremo ponente), zeneise, o spezzino???? e tradizioni quali prendiamo come riferimento???
    così penso che potrebbero dire tutte le altre regioni d'Italia.....
    che cazz...ta!
    per la cronaca: una tra i miei professori più preparati e più disponibili, era di Caserta.........e non credo proprio che conoscesse il ligure! manco 'na parola! un'altra era di Pisa: ogni tanto se ne usciva fuori con un vocabolo che ci faceva rimanere a bocca (e vocabolario) aperta! ma la sua materia la sapeva... eccome!

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  17. sandro oddo30/7/09 21:33

    Stasera i bambini delle scuole di Triora hanno rappresentato una bellissima commedia, commovente perché recitata...in dialetto. Mi sono veramente commosso fino alle lacrime: quanti ricordi dei tempi passati, quanta nostalgia!
    E soprattutto quanta tristezza, poiché quasi nessuno lo parla più...
    Proprio per questo, come Alberto, anch'io sto scrivendo un piccolo vocabolario.
    Sarebbe bene che si imparasse bene l'italiano, altro che esame di dialetto...

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  18. Che bel post, Alberto.
    Il dialetto è la mia lingua materna, ma ormai lo parlo molto di rado.Come ha già detto qualcuno qui sopra, anche a me vengono spontanee espressioni dialettali in momenti di particolare emozione.
    Ciao Alberto, buone vacanze.

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  19. Sull'imbecillità della Lega, non ci sono dubbi!
    Quanto al dialetto, ma preferisco dire lingua parallela... come dice skip, è la mia lingua in casa e spesso con amici del mio paese, ma proprio "in parallelo" con l'italiano.
    "Con il dialetto ogni parola [è] impressa nella materia da cui è stata generata...", bellissimo questo, Al!
    Tant'è che spesso, insegnando nel mio stesso paese, con i ragazzi uso delle locuzioni dialettali "tutte nostre", che in italiano non avrebbero la stessa forza espressiva.
    E loro, molti, annuiscono eccome!
    E se non tutti conoscono (ormai è così, purtroppo) mi fermo a farle conoscere!
    g

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  20. Giovanna
    Ci sono parole in dialetto intraducibili in italiano. Possono essere tradotte ma perdono per strada la profondità del vero e completo significato. Ciao.

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  21. e sì, è proprio così infatti, Al.

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  22. dopoilmattino.blogspot.com3/8/09 15:43

    Grazie Alberto per avermi lasciato le tue parole.
    Giorni fa, ero in Liguria.
    Il dialetto delle regioni e delle vallate muore ed anche le lingue faranno la stessa fine. E' nel vivere quotidiano che può sopravvivere, nelle arti popolari, nello studio e nella sua conservazione.
    Se domina la lingua dei commerci e della tecnica, senza la cultura del linguaggio, il futuro sarà più povero.
    Se certi politici tornassero a scuola... che periodo orrido.
    Ciao
    anna maer

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