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domenica 31 gennaio 2010

Chiesa fortezza

Chiesa fortezza

Mi sono dunque reso conto che non esistono nella mia Liguria solo le terre di mezzo incantate lassù tra le montagne e il cielo ma ci sono quaggiù altri incanti di terre di mezzo, tra mare cielo e dolci declivi di taggiaschi ulivi.

E così, in questo tempo di mezzo, che è di inverno che se ne sta andando e di primavera gialla di mimose che spinge a venire, percorro carugi vuoti ma non deserti, perché le anime che vi hanno abitato le sento ancora un po' presenti nei manufatti. Una pietra scolpita, una arco scheggiato ma ancora portante, un lastricato irripetibile, un gradino scavato a mo' di misura di olive e grano.

E poi mi appare questa chiesa fortezza. Fiera, contro il blu, mare e cielo. Sento i clamori delle battaglie tra frati guerrieri e invasori barbaricini. Quasi quasi comincio a crederci che abbiamo avuto vite precedenti. Ditemi di no.

Chiesa fortezza

venerdì 29 gennaio 2010

Francesco Biamonti/Antonio Tabucchi

Porticciolo di Ospedaletti
Il molo del costruendo porticciolo di Ospedaletti

Questo pomeriggio avrei in mente di fare una domanda ad Antonio Tabucchi che al teatro dell’Opera del Casinò di Sanremo incontrerà i suoi lettori. La domanda è semplice. Che mi spieghi cosa intendeva esattamente per "rimorso", così lo ha definito nell'intervista uscita mercoledì su Repubblica, il sentimento che prova cioè nel vedere il degrado, in ogni senso, a cui è arrivata questa nostra Repubblica.

E se non sarà questo pomeriggio, la domanda intendo, sarà domani, quando lo scrittore, sempre a Sanremo a Villa Nobel riceverà il premio "Frontiere-Biamonti".

Francesco Biamonti, che ha cantato con versi in prosa questa terra della Liguria occidentale come nessuno mai, continuò (sulla scia di Italo Calvino, che nel 1956 già denunciava l'incipit del degrado di Sanremo nel romanzo "La speculazione edilizia") a denunciare lo sfascio del fragile territorio ad opera dei pescecani del cemento e di politici venduti e comprati, destra e sinistra.

Ieri, assieme all'amico Gian Paolo Lanteri, sono stato in un dolcissimo paese a ridosso del mare, che Francesco aveva descritto e da cui si gode ormai l'orrido panorama della cava di fronte, e quando tira vento la polvere della terra offesa penetra in ogni dove.

I massi estratti non servono per opere di primaria necessità ma per i moli dei porticcioli che stanno crescendo come funghi a settembre nelle annate buone e rappresentano l'ultima trovata di speculatori famelici. Dopo avere azzannato l'esigua striscia di terra tra il mare e le colline, e poi le stesse colline, non sapevano più dove attaccarsi. Così si sono inventati questi porticcioli, anche il più piccolo borgo marinaro deve averne uno, con annessi appartamenti, negozi, e via dicendo, spesso senza nessuna infrastruttura tanto che intaseranno ancora di più la già trafficatissima Aurelia. E tutto ciò non farà progredire di un virgola l'economia di una regione sempre più in crisi. In compenso farà incassare vagonate di euri a questi signori e qualche briciola cadrà loro dall'infame desco in questo periodo di campagne elettorali. Che squallore.

Civezza. Che volete di più? Paese in mezzo agli ulivi e alto sul mare; per arrivarvi si passa in una sinfonia di tronchi di rami; l'orizzonte si apre, oltre che sul mare, su altri paesi dai nomi bellissimi, Pietrabruna, Boscomare, su crinali che se ne vanno lontano, come melodie su flutti d'argento; le case e le piazzette sono antiche, di un'intimità raggrumata nel vento. C'è un che di sospeso, di dolce, di lieve, una vertigine che viene dalla luce in ascesa.

Più su del paese, più su degli ulivi si stende la macchia mediterranea con strade polverose e chiese e sentieri e ovili rosi dai cespugli. La grazia, che sotto era fragile, si fa rude, si accorda fuori del tempo alla forza del mare.

Poiché le prime alture, bisogna pur dirlo, sono le più indifese, di un equilibrio che se si tocca si rompe. Collocata su un costone, arenatavi come una barca, Civezza è fragile e leggera, una nuvola che vi si accosti sembra trascinarla.

Basta un palazzo sghembo per offenderla, e una macchina che passi in un vicolo disturba i morti. E' un paese che ha bisogno di vivere intatto come un ricordo. Di che sia frutto questa bellezza rimane un mistero: vicoli e cascate di ulivi non bastano a spiegarlo. Che venga dal fatto che ha, sotto, la luce instabile del mare e, sopra, quella più ferma di un paesaggio montano? "

Francesco Biamonti ( Scritti e parlati p.156)


Domenica poi a San Biagio della Cima, verrà consegnato al caro amico Marino Magliani il premio "Frontiere – Biamonti, Pagine sulla Liguria" con il romanzo "La tana degli alberibelli" (Longanesi, 2009), ambientato in Liguria, in queste terre di ponente.

Cava di pietre
Cava di pietre
Gli alberi che vedete in basso sono un uliveto. Chissà che fine farà.

Della speculazione edilizia in Liguria parlai QUI, recensendo il libro di Marco Preve e Ferruccio Sansa "Il partito del cemento" edito da Chiarelettere con la prefazione di Marco Travaglio.

mercoledì 27 gennaio 2010

Giornata della memoria - Milano, Albergo Regina

Milano - Lapide albergo Regina

Qui dove sorgeva l'Albergo Regina
si insediò il 13 settembre 1943
il quartiere generale nazista delle SS a Milano.

Qui furono reclusi, torturati, assassinati,
avviati ai campi di concentramento e di sterminio
antifascisti, resistenti,
esseri umani
di cui il fascismo e il nazismo
avevano deciso il sistematico annientamento.

Una petizione popolare
ha voluto questa lapide
per la memoria del passato
la comprensione del presente
La difesa della democrazia
il rispetto dell'umanità

27 gennaio 2010 - Giorno della Memoria
65 anni dopo la liberazione dell'Albergo Regina


Dalla petizione al Presidente del Consiglio Comunale di Milano
L'"Albergo Regina", dove fu detenuto anche Ferruccio Parri, fu un posto terribile e di grande importanza per il lavoro di ricerca poliziesca che vi si faceva in stretto rapporto con la Legione Muti di via Rovello 2, la X Mas, le brigate nere, e la banda Koch di "Villa Triste", che aveva sede in via Paolo Uccello 17/19. L'"Albergo Regina" è tristemente noto per essere stato luogo in cui la tortura e l'assassinio erano le regole di comportamento. Saevecke si serviva del cosiddetto 'macellaio' Gradsack, e 'lavorava' a stretto contatto con i sanguinari Otto Koch, sottufficiale Gestapo, e Franz Staltmayer, detto la belva, armato di nerbo e cane lupo. Dall'"Albergo Regina" i catturati (ebrei, partigiani, antifascisti, sospettati, ecc.) venivano avviati al carcere di San Vittore, in alcuni casi direttamente ai trasporti partiti dal Binario 21 della Stazione Centrale di Milano per essere deportati. Una struttura quindi simile a quella romana di via Tasso, a quella torinese dell'Albergo Nazionale, a quella parigina dell'Hotel Lutetia.
A Milano, tra via Silvio Pellico e via Santa Margherita non c'è nemmeno una lapide che ricordi cosa c'era o cosa vi avveniva.


Foto scattate venerdì scorso durante la cerimonia dello scoprimento della lapide.

Nel 2008 raccontai la toccante storia di due bambini ebrei tenuti nascosti da un intero paese nell'entroterra del Ponente ligure.


Milano - Lapide albergo Regina
Milano -  Albergo Regina, 1943

lunedì 25 gennaio 2010

Il gatto e la volpe

Casini D'Alema

Volevano il gatto e la volpe fregare Pinocchio, e infatti guardate come se la ridevano i due soci, ma questa volta Pinocchio ha fregato loro. E adesso siamo tutti curiosi di vedere la volpe dal pelo bruciacchiato che viottolo inforcherà ché ormai le pallottole di astuzia si sono esaurite. Il gatto cominci intanto a preparare i mandarini da portare al compare nel gabbio prossimo venturo.

Il referendum farlocco della Lega contro la moschea a Genova

Genova - Manifestazione contro la moschea
Genova, 1 dicembre 2009 - Manifestazione contro la moschea

Questo sabato si è svolto a Genova il referendum organizzato dalla Lega contro la costruzione della moschea. Quanto siano seri questi riti sgangherati della demagogia leghista lo potete leggere nell'articolo che segue scritto da un giornalista del Secolo XIX, quotidiano della città.

Tra le 14.50 e le 15.10 di ieri (l'altro ieri, n.d.r.), per quattro volte, un tipo sceso da una motoretta nera, che non si è neppure tolto il casco, si è fermato ad altrettanti gazebo per votare sulla moschea. Quel tipo era il sottoscritto.

Buongiorno, documento, firmi qui, ecco la scheda, arrivederci e grazie.

I gazebo allestiti in giro erano in tutto undici e, volendo, quel tipo con il casco avrebbe potuto batterli tutti, ovunque votando senza problemi se non quello della privacy. Perché ha dovuto votare, in pratica, davanti a tutti.

Ore 14.50, al Lagaccio non c’è nessuno: due scrutatori seduti dietro il banchetto, un altro in piedi. Seggio allestito tra la vecchia caserma Gavoglio e l’ampia sede del Genoa Club. Chiusa l’edicola, chiuso anche il tabaccaio, non è né ora né clima propizio al passeggio.

- Scusi, io abito in via Spinola, posso votare qui?

- Via Spinola, che zona è?

- Più in là, verso Castelletto.

- Mmh, non lo so, aspetti che chiedo: Giuàn, via Spinola?

- E cosa ne so io? Io ne vengo da Voltri.

Ma alla fine il rebus geografico è risolto: il tipo con il casco che abita verso Castelletto può votare anche qui al Lagaccio. Mentre lo scrutatore armeggia con biro e documento si ferma una vecchia Panda chiara. Scende un giovanotto dai grandi occhiali e dall’enorme fazzoletto verde al collo. «Ciao, vengo da Brescia. Ho appuntamento con Rixi e gli altri, mi dite dov’è la vostra sede»? Da Brescia al Lagaccio, ormai la maggior parte della strada è fatta; gli spiegano dove può trovare i maggiorenti della Lega locale, su verso via Napoli.

Intanto il tipo con il casco ha ricevuto la sua scheda. La cabina elettorale è proprio una cabina, una di quelle fasciate di rosso dell’era Telecom pre-cellulari. In disuso da tempo immemorabile, priva ormai delle porticine e ovviamente del telefono, resta lì all’angolo per chissà quali scopi. Oggi, comunque, a qualcosa serve. «Vada pure lì, se la vuole - fa lo scrutatore - ma se non la vuole può anche votare qui».

La vuole? Non la vuole? Il tipo con il casco fa finta di non aver sentito, va alla cabina e traccia la sua croce, poi risale in moto e punta verso un altro gazebo, giardini don Acciai all’incrocio tra via Napoli e via Vesuvio. Qui c’è un po’ più animazione, oltre agli scrutatori tre o quattro militanti chiacchierano del più e del meno, altrettante persone aspettano il proprio turno, il meccanismo è il solito: se vuoi, per la privacy, puoi votare al riparo di un grande scatolone di cartone, altrimenti voti all’aperto. Se hai già votato una o centomila volte nessuno può saperlo e nessuno te lo chiede. Davanti al tipo con il casco, una signora traccia la sua croce sul no. Allora il tipo con il casco fa altrettanto sul sì. Uno a uno.

Prima di andare a vedere cosa succede all’altro seggio di via Napoli, il tipo con il casco va su a dare un’occhiata alla terra contesa, al luogo della moschea. Un incubo, uno dei posti più squallidi di Genova, nonché un colossale equivoco propagandistico.

Sì, perché la moschea o quel posto lì, con il quartiere del Lagaccio non c’entra proprio niente. È il fondo di una vallata scura, gelida e ventosa, nel corso dei secoli mai abitata da nessuno, da sempre zona umida, malsana e pericolosa. C’era lì una palude che nei mesi piovosi si trasformava in lago e non per niente prese il dispregiativo di Lagaccio, da cui il nome del quartiere sottostante, che dista cinquecento metri in linea d’aria. Nel 1969 il Lagaccio si ingoiò un bambino di dieci anni che era uscito di casa per andare a giocare. Allora si decise di interrare il lago e di farlo sparire per sempre. Al suo posto c’è un campo da calcio con gradinate e pista d’atletica, e più in su anche un campo per l’hockey. Tutto tenuto abbastanza male ma intanto il Lagaccio è uno dei pochi quartieri di Genova a poter dire di avere un regolamentare campo da pallone nei dintorni.

Nel posto della moschea - a monte dei campi sportivi e ai piedi di una brulla scarpata dove si inerpica l’unica strada verso Granarolo e i Forti del Righi - ci sono solo tre edifici. Uno è il rudere di un’officina occupato da un centro sociale che si chiama non casualmente Terra di Nessuno, poi ci sono due inquietanti edifici gialli delle centrali Telecom, aggrappati alla collina e tutti circondati da inferriate come una zona militare, un postaccio dove ti immagini che possa succedere di tutto, dal più banale spionaggio fino agli esperimenti atomici sotterranei.

Il tipo con il casco torna verso via Napoli, angolo via Boine, gazebo numero 3, e alle 15.05 dopo la solita trafila lascia la sua terza scheda. Ultima tappa la piazzetta di San Nicola, nella più agiata zona di Castelletto i cui abitanti nemmeno sanno dove sta il Lagaccio. Mai la propaganda anti-moschea si era spinta fin qui, ma adesso per fare numero anche Castelletto è stato aggregato all’area del referendum.

Quarta scheda, quarta registrazione mentre intorno al tavolino si intreccia il tradizionale mugugno («Quelli lì non si integreranno mai, devono tornarsene a casa loro») con qualche dotta citazione delle Sure del Corano in base alle quali si dovrebbe dedurre che i musulmani sono qui allo scopo di sterminare tutti. Il sottoscritto - quel tipo con il casco - come al solito facendo a meno della privacy traccia frettolosamente il suo voto e se ne va via senza commentare.

Sono le 15 e 10, l’esperimento è finito e quattro voti in venti minuti sono anche troppi. Comunque vada, viva la libertà di opinione. Però ricordatevi di sottrarre quattro voti.


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domenica 24 gennaio 2010

Bravi furbi!

Tabellone Fineco - Milano, via Torino
Milano, via Torino

Bravi furbi! E allora noi dovremmo stare davanti così voi ce lo mettette nel didietro come ogni banca che si rispetti. Che altro significa infatti quel lato b maldestramente mascherato da chiocciola tre o quattro o cinque punto zero? Bravi furbi, ma ci avete preso proprio per scemi?

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sabato 23 gennaio 2010

Giorgio Caproni

[tre poesie]



Donna che apre riviere

   Sei donna di marine,
donna che apre riviere.
L'aria delle mattine
bianche è la tua aria
di sale - e sono vele
al vento, sono bandiere
spiegate a bordo l'ampie
vesti tue così chiare.



A Rina

   Senza di te un albero
non sarebbe più un albero.
Nulla senza di te sarebbe quello che è.



Compleanno

   Avevo salutato
tutti, uno per uno.
Infatti, non sapevo
se sarei ritornato.
Per strada mi sono voltato,
prima di scantonare a destra.
Nessuno s'era affacciato
(nemmeno io) alla finestra.


Giorgio Caproni
Livorno 1912
Roma 1990


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venerdì 22 gennaio 2010

I disoccupati fanno paura, e perciò non ne parlano

Cronaca Qui
Questa foto l'ho scattata ieri. Se la crisi fosse «ormai superata» come ha sostenuto il signor B in netto contrasto con quanto affermato invece da Bankitalia, e per questo accusata di disfattismo, si vedrebbero ancora simili pubblicità?

Lo spettacolo è il capitale a un tal grado d’accumulazione da divenire immagine.
Guy Debord

Nella società dello spettacolo una realtà esiste se viene rappresentata. In caso contrario, rimanendo invisibile ai più, confinata nel limbo del mondo indistinto e incompiuto, non è mai esistita. E perciò chi è in cima alla scala del potere si preoccupa molto di cosa viene mandato in scena, e dà ordini precisi ai registi del grande inganno che eseguono sempre più proni.

Purtroppo, purtroppo per loro, ogni tanto la realtà-reale è cosi forte che non la si può negare, e così le rappresentazioni degli operai sui tetti vanno in onda, scintille fugaci di storie di cui non sapremo però la fine.

A chi parla di libertà di stampa in questo Paese bisognerebbe sbattergli sotto il naso questi dati che seguono.

Se si prendono in considerazione i telegiornali di prima serata delle reti Rai e Mediaset (rapporto dell'Osservatorio di Pavia per Unipolis, dicembre 2009), alla disoccupazione e alle difficoltà economiche delle famiglie, nel periodo fra il 18 ottobre e il 7 novembre 2009, viene dedicato il 7% delle notizie "ansiogene". Quelle, cioè, che raccontano fatti e contesti critici. L'anno prima, nello stesso periodo, lo spazio delle notizie riferite ai problemi economici e dell'occupazione sui telegiornali delle reti pubbliche e private era oltre 4 volte superiore: 27%. Due anni prima, nell'autunno 2007, intorno al 16%.

Per cui la disoccupazione c'è, si sente e fa paura. Ma non si deve dire troppo forte. E comunque non si vede. Una analisi condotta dall'Osservatorio di Pavia (per Unipolis) in alcune settimane del 2008-9 sui telegiornali delle reti pubbliche di alcuni paesi europei, sottolinea come il numero delle notizie dedicato dal Tg1 al problema della disoccupazione sia circa un terzo rispetto ad Ard (Germania), un quarto rispetto alla Bbc (Gran Bretagna), un quarto a Tve (Spagna) e, infine, sei volte meno rispetto a France 2.

Inutile rammentare il diverso trattamento riservato alla criminalità comune. Di gran lunga l'argomento "ansiogeno" più trattato dalla tivù italiana. In misura nettamente più ampia rispetto al resto d'Europa.

via

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giovedì 21 gennaio 2010

Formigoni si serve degli aiuti ad Haiti per la sua campagna elettorale

Roberto Formigoni

Roberto Formigoni, governatore della Lombardia dal 1995, e adesso si presenta per il quarto mandato, è un cattolico di ferro. Ha quindi letto e riletto il vangelo, con le sue parabole e le sue perle di saggezza, compresa questa "non sappia la mano destra quello che fa la sinistra", in altre parole se capita di far del bene non è cosa buona sbandierarlo ai quattro venti.

E invece? Invece il Formigoni dopo la tragedia di Haiti si è dato un gran da fare perché vi ha scorto un bel colpaccio per la sua campagna elettorale. E in men che non si dica è riuscito a spedire sull'isola terremotata un aereo di aiuti che è partito dalla Malpensa con le fanfare della propaganda come si può vedere dalle foto distribuite alla stampa.

Ma quando il fine occulto (farsi pubblicità) ha il sopravvento su quello palese (portare gli aiuti) può succedere che per mettersi in mostra e dire «Guardate come siamo bravi!» si affrontino i problemi delicati di una missione di aiuti umanitari in tutta fretta e con leggerezza irresponsabile.

E così questi volontari sono stati mandati allo sbaraglio, senza scorta, senza nessun coordinamento con la Protezione civile né con l'Unione europea e nemmeno con l'Onu tanto che l'aereo ha rischiato di non essere accolto nel territorio haitiano, e sono dovuti intervenire in extremis i rappresentanti della fondazione Rava.

Vista la situazione, Bertolaso ha inviato al governatore una lettera durissima dove tra l'altro si dice «Duole rilevare che in tale, delicato contesto, l’intervento promosso dalla Lombardia si stia sviluppando in completo isolamento. Non è dato sapere, infatti, né le dimensioni, le caratteristiche, le finalità e gli obiettivi». Segue l’invito ad «assumersi integralmente oneri e responsabilità di un intervento, non noto e non autorizzato».

Fra un mese i baciapile di Cl cominceranno a distribuire nelle parrocchie i santini con sopra scritto "Formigoni presidente". Chi può escludere che non ci sia stampata una di queste foto?

Roberto Formigoni

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mercoledì 20 gennaio 2010

CAPTCHA

captcha

Qualche mese fa c'era una draga (o un drago? o un dragone?) che scandagliava il web soprattutto dalle nostre parti, i territori dei blog su piattaforma blogger, e come una zanzara molesta inoculava a mitraglia spam inoffensivo nei commenti. Inoffensivo ma fastidioso.

Per difenderci, uno dietro l'altro, abbiamo slegato il CAPTCHA che se ne stava tranquillo nella cuccia e adesso ogni volta che si vuole scrivere due righe sul blog amico bisogna dare un biscottino sempre diverso a questo cane da guardia. A me la cosa dà fastidio.

Così mercoledì scorso gli ho rimesso la museruola tanto per vedere se il mostro si aggirasse ancora nei paraggi pronto a colpire. Ora io non so se sia morto, magari sbranato da qualche animale ben più pericoloso di lui (Google ne sa niente?) oppure se sia andato a pascolare in altri lidi, il fatto è che non sono stato più spalmato di spam. Forse sarebbe meglio dirlo sottovoce perché non si sa mai.

Se qualcuno vuole pure lui bloccare il suo cane lo dica in un commento (poi lo linko nel post) e vediamo cosa succede.

Hanno rimesso il CAPTCHA alla catena
Bruno
Saamaya
Daniele

Curiosità
Il termine spam deriva da una marca di carne di maiale in scatola di cattiva qualità. Se questo spam già sta sul gozzo a noi immaginiamo lo schifo che possa fare agli internauti appartenenti a religioni che ritengono il maiale un animale immondo.


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martedì 19 gennaio 2010

Vendola, solo contro tutti

Vendola presidente

Potete pensarla come volete, ma potete negare che questo manifesto sia bello? O lo negate?

via

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lunedì 18 gennaio 2010

Il Senegal offre la terra agli Haitiani: «per il ritorno nella loro patria»

Planisfero

Il presidente senegalese Abdoulaye Wade ha dichiarato ieri di voler favorire il «ritorno» in Africa degli haitiani, offrendo una terra ai discendenti degli schiavi dopo il terribile terremoto che martedì ha colpito l'isola caraibica.

In un'intervista a radio France Info, Wade ha detto che «il ripetersi di calamità naturali mi spinge a proporre una soluzione radicale. Creare in Africa, con gli africani e con l'Unione Africana (Ua) un luogo dove gli haitiani possano tornare» «Non hanno scelto loro - ha spiegato Wade - di andare in quell'isola e non sarebbe la prima volta che ex schiavi o loro discendenti possono ritornare in Africa. È già successo in Liberia, dove gli ex schiavi si sono integrati con la popolazione locale e hanno formato la Nazione liberiana. È nostro dovere riconoscere loro il diritto di tornare nella terra dei loro antenati».

Secondo il portavoce del presidente senegalese, Mamadou Bamba, il Senegal è pronto a offrire terre agli haitiani. «Se saranno solo alcune persone - ha detto Bamba - offriremo loro un tetto e un pezzo di terra. Se verranno in massa, daremo loro un'intera regione».

Il presidente del Senegal ha concluso l'intervista a France Info dicendo che questa "soluzione radicale" potrebbe essere finanziata dai paesi ex-schiavisti come la Francia.

Utopia?

domenica 17 gennaio 2010

Sotto lo stesso cielo

Non ci poteva essere migliore teatro del planetario di Milano per rappresentare questo "Sotto lo stesso cielo". Che da un libro si è trasformato in spettacolo e anche qualcosa di più, una visione di speranza e fratellanza. Ieri pomeriggio, sotto la cupola del firmamento tutti col naso in su.

È questa una storia di bambini donne, uomini, in viaggio nel buio, nel silenzio della notte, tra mare e cielo. Sperano in una terra nuova e in una vita buona. Il silenzio non è assoluto: parla il mare, parlano le persone. Il buio non è assoluto: ci sono luci basse sul mare e luci in cielo, di luna, stelle, galassie. Anche di queste alte luci parla la storia: racconta cosa nasce e muore lassù, cosa cambia o resta nello spazio infinito. Le storie non restano separate: le luci del cielo sono molto lontane, ma forse più amiche di quelle terrene. Alla ballata si accompagnano box d'approfondimento dedicati alla Terra e agli altri pianeti, a Sole e stelle, alla Luna e alla Stella Polare, a galassie e meteoriti.

Il volume nasce dalla collaborazione fra Emergency, Carthusia e INAF. Età di lettura: da 7 anni.

Sotto lo stesso cielo
Roberto Piumini
Stefano Sandrelli

Marianna Fulvi



Questa iniziativa aiuta Emergency a offrire cure ai pazienti del Poliambulatorio di Palermo





Viste di spalle
Qualcuno si ricorda quando avevo fotografato le tre blogger, Skip Pia Filo di spalle? A essere pignolini Filo è diventata blogger dopo. E così ieri nella situazione di cui parlo nel post mi è venuto di continuare il gioco o scherzo che dir si voglia.
Ecco altre due blogger, Alessandra e Rossella.
Alessandra e Rossella

sabato 16 gennaio 2010

Aiutare Haiti

Terremoto Haiti
foto da boston.com

Croce Rossa
Numero verde: 800.166.666
Donazione online: Causale “ Pro emergenza Haiti “ www.cri.it
Bonifico bancario: causale “ Pro emergenza Haiti” IBAN IT66-C0100503 3820 0000 0218020


Programma alimentare mondiale Onu
Posta : c/c 61559688 intestato a: Comitato Italiano per il PAM
IBAN IT45TO76 0103 200 0000 6155 9688
Banca: c/c 6250156783/83 Banca Intesa ag. 4848
ABI 03069 CAB 05196
IBAN IT39 S030 6905 1966 2501 5678 383
Donazioni online: www.wfp.org/it


Caritas Italiana:
C/C POSTALE N. 347013 – Causale: “Emergenza terremoto Haiti”
Oppure tramite bonifico:
UniCredit Banca di Roma Spa, via Taranto 49, Roma – Iban: IT50 H030 0205 2060 0001 1063 119
Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma – Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012
Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma – Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113
CartaSi e Diners telefonando a Caritas Italiana tel. 06 66177001 (orario d’ufficio)
Donazioni online: Caritas international http://www.caritas.org/activities/emergencies/HaitiAppeal.html


Save the Children:
Donazioni online con carta di credito (nessuna commissione): http://www.savethechildren.it/2003/donazioni/donazioni.asp?ERH=y
Oppure: C/C POSTALE n.43019207


Medici senza Frontiere
Con carta di credito telefonando al numero verde 800.99.66.55 oppure allo 06.44.86.92.25
Con bonifico bancario IBAN IT58D0501803200000000115000
CC postale 87486007, intestato a Medici senza Frontiere onlus, causale: Terremoto Haiti
Online: http://www.medicisenzafrontiere.it/


Unicef
Donazioni online:
https://www.unicef.it/web/donazioni/index.php?c=OEHA&l=0001
Oppure: C/C postale 745.000 IBAN IT55 O050 1803 2000 0000 0505 010


Actionaid: Dona 2 euro con un SMS al 48541 da cellulare personale Tim e Vodafone o chiamando da rete fissa Telecom Italia.
Donazioni con carta di credito al numero verde 800.13287
Versamento sul conto corrente postale n. 85593614, intestato ad AGIRE onlus, via Nizza 154, 00198 Roma, causale Emergenza Haiti
Bonifico bancario sul conto BPM – IBAN IT47 U 05584 03208 000000005856. Causale: Emergenza Haiti
Donazioni on line dal sito internet www.agire.it


Le Misericordie Italiane:
c/c 000005000036, MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, Firenze Agenzia 6, IBAN: IT 03 Y 01030 02806 000005000036; oppure sul CONTO CORRENTE POSTALE N° 000021468509, Firenze Agenzia 29, IBAN: IT 67 Q 07601 02800 000021468509, entrambi intestati a “Confederazione Nazionale” con causale «PRO HAITI».

RACCOLTA FONDI PRO HAITI
conto corrente postale: 13688205 intestato a:
Movimento Lotta Fame nel Mondo, Via Cavour, 73 – 26900 Lodi
causale: terremoto Haiti
oppure:
Banca Popolare Etica – Ag. Milano
IBAN: IT91 R 05018 01600 000000 540540
intestato a Movimento Lotta Fame nel Mondo, Via Cavour, 73 – 26900 Lodi
causale: terremoto Haiti


EMERGENZA HAITI
Gli amici di “ABC solidarietà e pace – onlus” da anni sono presenti ad Haiti con progetti di sostegno scolastico aiutiamoli a far fronte all’emergenza.
“A,B,C Solidarietà e Pace”
Banca Popolare di Milano
IBAN IT 97 T 05584 03245 000000000512
causale: “G-aiuti umanitari Haiti”
per ulteriori informazioni sul progetto: http://www.abconlus.it/haiti.asp


TERRE DES HOMMES ITALIA
Per aiutarci a salvare più persone possibili potete donare tramite:
bonifico bancario presso Banca Monte dei Paschi di Siena Ag.57 – IBAN IT53Z0103001650000001030344
versamento postale sul c/c 321208
carta di credito all’indirizzo http://www.terredeshommes.it/ecom/donazione_online.php
SMS solidale 48541(da Tim e Vodafone e chiamate da rete fissa Telecom), per sostenere AGIRE, coordinamento di ONG di cui fa parte anche Terre des hommes e che fino ad ora ha già raccolto 800.000 euro, cifra che speriamo possa raddoppiare nelle prossime ore.


FONDAZIONE AVSI – ong onlus
20158 Milano via legnone 4
cell +39 3357101896 tel.+39 026749881
elisabetta.ponzone@avsi.org www.avsi.org
Per chi volesse fare una donazione indicare nella causale “terremoto Haiti”
Credito Artigiano-Sede Milano Stelline, Corso Magenta 59
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carta di credito on line su www.nphitalia.org o chiamando lo 02 54122917


ONG AGIRE
Sms: Una donazione di 2 euro inviando un sms al 48541 da cellulari Tim o Vadafone o chiamando da rete fissa Telecom. Numerazione attiva da oggi fino al 31 gennaio 2010.
Oppure:
Donazioni con carta di credito al numero verde 800.132870
Posta: cc postale n. 85593614, intestato ad AGIRE onlus, via Nizza 154, 00198 Roma, causale Emergenza Haiti.
Banca: cc BPM – IBAN IT47 U 05584 03208 000000005856. Causale: Emergenza Haiti.
Donazioni online: www.agire.it


via (aggiornato)



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venerdì 15 gennaio 2010

Cancellata piazza 25 aprile

Questione meridionale

Domenica scorsa sul post del no via Craxi scrivevo della necessità di combattere il revisionismo storico che, prima in maniera larvata e adesso in chiara luce, sta prendendo piede. Per raggiungere lo scopo, cioè lo stravolgimento del nostro passato, si muovono i generali e le truppe: i ministri, i parlamentari, gli intellettuali venduti, meglio svenduti, e poi anche gli amministratori locali.

Così succede questo. In un paese dell'Appennino piacentino il sindaco Franco Albertini ha deciso che piazza 25 aprile, la più importante di quel comune, aveva ormai fatto il suo tempo e, perdio, bisognava renderla più attuale intestandola al cardinale Iacopo da Pecorara, vissuto tra il XII e il XIII secolo. Detto fatto. Adesso la piazza è dedicata all'illustre uomo di chiesa.

«Un fascista, il sindaco» dicono senza mezzi termini quelli dell'Anpi di Piacenza. E Albertini conferma senza imbarazzo «In vita mia ho avuto una sola tessera in tasca, quella di An. Da quando An si è sciolta non ne ho preso altre». Alla faccia del post(?)fascismo sbandierato.

Ci troviamo in Val Tidone, zona partigiana vera, segnata dalla memoria di molti caduti per mano dei nazifascisti. Continua il sindaco «Naturalmente continuerà ad esserci il monumento dedicato ai partigiani morti nella Resistenza». Dobbiamo dire grazie?

Pecorara, questo è il nome, ha come ospiti fissi, il 31 ottobre, alla "Festa della zucca", due personaggi di riguardo. Giulio Tremonti e Umberto Bossi. Ma per carità non malignate.

Alle dure contestazioni della minoranza in consiglio comunale si aggiungono la reazione del capogruppo in Provincia del Pd Marco Bergonzi, di Roberto Montanari, segretario di Rifondazione comunista, e di Mario Spezia, presidente dell'associazione partigiani cristiani di Piacenza.

È anche per queste "piccole" cose che un popolo smemora, e una volta smemorato puoi farne quel che vuoi.

giovedì 14 gennaio 2010

C'è mordere e mordere

Questa mattina mi ha fatto sorridere questa lettera apparsa su Repubblica di oggi. Non fa male un sorriso in questi tristi giorni di lutti epocali.

Ieri sera intorno alle 21, a Radio 24 un senatore della Lega che, a proposito del Senegalese che a Modena durante un controllo di polizia aveva addentato l'orecchio di un agente, si era espresso definendolo un selvaggio e un cannibale. Richiesto dal conduttore di confermare tale definizione, il senatore aveva addirittura rivendicato. Ma avendogli poi chiesto se gli epiteti valessero, per coerenza, anche per l'attuale ministro dell'Interno Maroni che morse al polpaccio un agente a Milano, il senatore ha voluto spiegare la differenza tra il mordere un orecchio e il mordere un polpaccio: il primo morso è da selvaggi cannibali mentre il secondo "è un atto da valutare nell'ambito del contesto in cui è avvenuto". Capita la sottile differenza ho spento la radio.
Francesco Paolo Fazio


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mercoledì 13 gennaio 2010

La questione meridionale

Questione meridionale

La sintesi estrema, come nella foto, di un problema complesso è sempre riduttiva, ne convengo.

Ma quante parole sulla questione meridionale, dall'unità d'Italia in poi, si sono accavallate e fatti incisivi invece pochi o nulli? Che sia proprio questa la questione?

Foto via Adlimina su FF, via.

Aggiunta, 14/1, 18.53
Ho ricevuto da un lettore del blog che ringrazio una mail con allegata questa foto. Dice
Consentimi di inviarti la testimonianza che il meridione non è più quello che pensi ma si è evoluto: habbiamo inparato le lengue straniere.
Ti mando una foto scattata nei pressi di un supermercato a Cosenza, sperando di farti sorridere e capire la (amara) realtà che esiste a tutti i livelli, non solo per le strade di Rosarno ma anche negli uffici pubblici, negli ospedali, nelle universita', etc. etc. Qui c'è un pugno di... che non vuole lo sviluppo di questa Terra perché altrimenti perderebbe il potere secolare che si tramanda di padre in figlio e, credimi, non sto parlando di quelle organizzazioni delinquenziali classiche che si sono occupate nei secoli di pizzo, sequestri di persona e traffici vari ma di un tipo di organizzazione sostenuta da colletti bianchi insospettabili che ha le mani dall'editoria alla sanità e che nessuno tocca per paura di averne bisogno.

Scritta no parking

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martedì 12 gennaio 2010

Una marcia in più?

Penati, elezioni regionali

Chi si interessa delle miserie della politica italiana sa bene cosa sta succedendo all'interno della sinistra per scegliere i candidati alle prossime elezioni regionali. Soprattutto nel Lazio e in Puglia.

Qui in Lombardia la situazione è questa. La Regione è in pratica una roccaforte della destra, una roccaforte non stretta d'assedio, con a capo Formigoni e le truppe cammellate di Cl che imperversano in ogni campo. In primis la medicina privata con tutti i suoi ospedali convenzionati che rappresentano un impluvio sterminato di consensi.

A contrastare questa macchina da guerra vedo per tutta Milano una dispendiosa campagna elettorale messa in piedi dall'aspirante governatore del Pd Filippo Penati. Manifesti a tappeto, sia i 6x3 in superficie che quelli luminosi nelle stazioni della metropolitana.

Lo ricordo. Penati è capo della segreteria politica di Bersani ed è stato trombato alle ultime elezioni provinciali alle quali si era presentato come presidente uscente.

In quel frangente pubblicai questo suo manifesto stigmatizzando quel messaggio che esprimeva incauta sbruffonaggine. Qualcuno mi diede del gufo, visti i risultati.

Ora non so se chi ha curato la precedente campagna elettorale sia lo stesso di adesso, certo è che non mi sembra un mostro di creatività. Anzi, qui siamo al deserto totale che in quanto tale non ha prospettive di sorta.

Voglio vedere cosa possa fare una marcia in più, ammesso e per niente concesso, la si abbia, contro i carri armati di Formigoni.

E che qualcuno, anche questa volta, mi accusi di gufare?

Penati, elezioni regionali

Aggiunta
Ringrazio molto Portos che dalla foto del manifesto ha tratto una bella vignetta. La cosa che mi sembra straordinaria è che nella parte inferiore ha aggiunto un muro che è tale e quale come quello reale. Non è che Portos mi spia quando scatto le foto?

[clic sopra per ingrandire]
Penati, elezioni regionali, vignetta

lunedì 11 gennaio 2010

I 10 peggiori errori della politica italiana su Internet

L'ignoranza è cattiva consigliera. E i consiglieri ignoranti sono pericolosi. Quando poi questi consiglieri consigliano i politici ad usare Internet come nuovo mezzo di comunicazione fanno disastri e noi ce la ridiamo. C'è cascato ultimamente anche il presidente Napolitano col suo messaggio di fine anno inserito su Youtube.

10- YouTube - Napolitano:
È lo scivolone più recente, e anche il più inatteso. In occasione del tradizionale messaggio di fine anno, la Presidenza della Repubblica Italiana ha attivato un proprio canale youtube sul quale ha caricato, appunto, il videomessaggio di Giorgio Napolitano. Peccato che i commenti al video siano bloccati. Risultato: il messaggio è stato copiato e caricato su altri canali, dove ora viene commentato a più non posso, e senza nessun filtro.


9- ForzaSilvio.it - né social, né network:
Stando ai suoi realizzatori, il social network creato lo scorso maggio attorno alla figura del Presidente del Consiglio è nato "A seguito del successo di Obama correlato all'uso corretto di internet e delle sue potenzialità". Peccato che la piattaforma berlusconiana non sia affatto un social network. Gli utenti non possono partecipare attivamente al dialogo politico, possono solo rispondere a sondaggi e segnalare eventi sul proprio territorio.


8- PD Network - la confusione non è mai troppa:
L'equivalente democratico è sicuramente più aperto (gli iscritti possono pubblicare contributi e commentare quelli altrui), ma manca la possibilità per gli utenti di mantenersi in contatto e di comunicare tra le relative pagine di profilo. Inoltre, nelle pagine del network regna una confusione scoraggiante.


7- I video virali dell'Italia dei Valori:
Il partito di Antonio Di Pietro decide invece di puntare sui video virali confidando nella capacità che hanno i clip semplici e immediati di diffondersi a macchia d'olio. Si vedono cani giganteschi che terrorizzano la città e gente che si fa prendere a schiaffi per un euro. Ma si tratta di pura satira web, di comunicazione politica nemmeno l'ombra.


6- Prodi - il blog meno longevo della storia:
Il 16 febbraio 2005 Romano Prodi apre il suo blog. Il primo post è un saluto introduttivo, il secondo arriva solo dodici giorni dopo e dice "scusate per il ritardo", poi ancora giorni e giorni di buio. In rete fioccano le prese in giro, presto i post ironici sul blog di Romano superano di diverse misure i due ufficiali. Dopo nemmeno un mese dal primo post, Prodi chiude il blog.


5- Berlusconi Nobel per la Pace. Sul serio?
Quando lo scorso settembre è apparso su youtube il videoclip "La Pace può" in molti hanno pensato a uno scherzo. Ma è bastato notare che le votazioni erano state disattivate e che a fronte di 30.000 visualizzazioni i commenti erano solo 5 (e tutti positivi), per capire che quelli del comitato per il Nobel a Silvio Berlusconi facevano sul serio. Anche in questo caso, il video è subito stato clonato e lasciato in balia del popolo della rete. Che ha risposto con migliaia di commenti (irriferibili).


4- Nuovo successo dei Village People: I Am PD:
E non era uno scherzo nemmeno il videoclip che i giovani democratici hanno girato per sostenere la campagna elettorale di Walter Veltroni. Sulle improbabili noti di YMCA dei leggendari Village People, con frasi del calibro "puoi aumentare i salari, dai Walter", I AM PD si classifica come uno dei video più ridicoli in rete (e lo testimoniano i commenti ricevuti, molti dei quali da parte di elettori PD).


3- Su facebook puoi sostenere Berlusconi, senza saperlo:
Sei giorni dopo il lancio della statuetta in piazza Duomo, alcuni utenti facebook si sono svegliati scoprendo di essere tra i membri di gruppi come "Sosteniamo Silvio Berlusconi contro i fan di Massimo Tartaglia", pur non essendosi mai iscritti al gruppo. Svelato il mistero, gli utenti si erano iscritti a gruppi di aste al ribasso e made in Italy, i cui nomi sono stati poi cambiati dagli amministratori. Una mossa che il popolo della Rete non ha digerito.


2-L'irreprensibile inglese di Francesco Rutelli:
Provate a scrivere "rutelli" nel motore di ricerca di youtube. Il primo video che comparirà è quello con cui l'allora (2007) ministro dei Beni e delle Attività Culturali aveva deciso di salutare i visitatori del sito Italia.it. A causa della pessima pronuncia inglese e delle banalità snocciolate dall'ex Sindaco di Roma, questo clip è tutt'oggi uno dei più esilaranti a circolare in rete.


1-Mastella e la guerra dei cloni:
Vince la palma di peggior scivolone della politica italiana 2.0, la vicenda dei blog clonati di Clemente Mastella. Nel settembre del 2007 Mastella (allora Ministro della Giustizia) apre il suo blog personale, aggiunge messaggi con regolarità ma fa un imperdonabile errore: decide di mettere un filtro a maglie strettissime ai commenti. Ne riceve a centinaia, li legge in anteprima e ne pubblica pochissimi. La risposta della rete è immediata. In pochi giorni fioccano cloni del blog (es: http://clementepastella.blogspot.com/). Stessa grafica, stessa impaginazione, anche i post sono gli stessi pubblicati dal politico. La differenza? I commenti sono liberi. Il risultato? Nel giro di una settimana i blog clonati sono più frequentati dell'originale.


da Wired

Curiosità off topic. QUI tutti i loghi speciali di Google, quelli degli anniversari.

domenica 10 gennaio 2010

Milano, no alla via dedicata a Craxi

Milano - Striscione contro la via dedicata a Craxi - Di Pietro
Antonio di Pietro

Milano - Manifestazione contro la via dedicata a Craxi
Milano - Cartello contro la via dedicata a Craxi

Il 19 di questo mese saranno passati 10 anni dalla morte di Craxi latitante ad Hammamet, latitante, non in esilio come qualcuno continua a ripetere.

Tempi troppo corti per un pacato giudizio storico, ma lunghissimi per la politica scalpitante. E così, subito dopo aver preso la tessera del Pdl, Letizia Moratti, sindaco di Milano, ha pensato di far cosa gradita al suo capo con questa sparata. Dedicare una via a Bettino Craxi.

Chi come me ha vissuto gli anni Ottanta in questa città, nella cosiddetta Milano da bere, sa bene cosa erano diventati i socialisti in quei tempi, quando a piazza Duomo 19, ufficio di Craxi, passavano di mano pacchi, pacchetti e pacchettini di banconote, frutti di ruberie continuate alla Stato italiano, tanto che ne stiamo pagando ancora adesso le conseguenze col debito pubblico che ci strozza.

Questo nelle stanze dell'allora capo del governo, mentre sul territorio sciamavano questi socialisti, portaborse dei portaborse, famelici e arroganti, che arrivavano a chiederti anche le cinquantamilalire così, senza peli sulla lingua e giri di parole. E' successo a me parecchie volte.

Chi può escludere che questi tempi disgraziati non siano figli, almeno in buona parte, di quell'individualismo sfrenato che andava di pari passo con un protagonismo becero e maleducato che avevano trasformato un partito vicino ai deboli dal glorioso passato in una banda di malfattori, prepotenti perché impuniti, fino ad allora?

Ieri, organizzata da Qui Milano libera sotto una pioggia inclemente, boicottata dai mezzi di comunicazione che non ne hanno parlato, si è svolta una manifestazione molto frequentata per dire no a via Craxi.

Non è semplicemente dire no alla dedica di una via, è dire no al revisionismo storico che sta in maniera spudorata prendendo piede, prima ancora che la storia sia scritta.

Ringrazio i due cameraman (un uomo e una donna) che mi erano a fianco e che a turno mi hanno tenuto l'ombrello, quello ormai mitico, sulla testa mentre scattavo le foto.

Beppe Grillo - No via Craxi
Beppe Grillo

Milano - Cartello contro la via dedicata a Craxi
Moni Ovadia
Moni Ovadia

sabato 9 gennaio 2010

Joumana Haddad

Sono una donna

Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta
cosa cerco quando lascio libere le mie mani.
Nessuno, nessuno sa
quando ho fame quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
e nessuno sa
che per me andare è ritornare
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera
e la mia forza è una maschera,
e che quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
e io glielo lascio credere
e avvengo.

Hanno costruito per me una gabbia affinché la mia libertà fosse
una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro,
con loro e senza di loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio
e il mio desiderio non riusciranno mai a domare.

Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia loro proprietà
e io glielo lascio credere
e avvengo.


Joumana Haddad
Beirut 1970


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venerdì 8 gennaio 2010

Qual è, senza apostrofo

Scritta ironica su muro

Ho una giustificata idiosincrasia per la stragrande maggioranza dei gruppi facebook. O sono, almeno nel titolo, di una banalità insipida, o sono di un'imbecillità totale, o, qualche volta, s'incuneano nei meandri della violenza facile contro chicchessia. Accozzaglia dunque di impulsi e volontà confuse.

Ieri invece mi sono iscritto a un gruppo che a me pare avere almeno un grano di intelligenza e che si chiama «Salviamo "qual è" dall'apostrofo». Un grano di intelligenza e anche un pizzico di ironia visto che la foto che vedete l'ho presa da lì.

Lo dico subito. Quando vedo scritto "dò", con l'accento, prima persona singolare del verbo "dare", oppure "da", senza accento, terza persona singolare sempre del verbo "dare", o ancora "pò", con l'accento, nel senso di poco, e via di questo passo, mi dà fastidio. Come mi danno fastidio gli accenti gravi al posto di quelli acuti, e viceversa. E la lista è lunga. Non vado per carità di patria a toccare la sintassi.

La crisi, le guerre, la violenza diffusa, il pianeta esausto, sono problemi ben più gravi dei puntini sulle "i", lo so. Ma lo sfilacciarsi della lingua è uno dei campanelli di allarme per primi udibili sullo sfilacciamento della convivenza che proprio su questa lingua ha mosso i primi passi.

E comunque se qualcuno lo chiede potremmo sempre fare una bel post con tutti i dubbi (risolti) che uno ha nello scrivere certe parole.

giovedì 7 gennaio 2010

Bambolotto down

Bambolotto down

Un bambolotto con i tratti somatici della Sindrome di Down. I caratteristici occhi a mandorla e la dolcezza dello sguardo ne fanno il suo successo.

Nato in Spagna, grazie alla collaborazione e alla sensibilità di diverse realtà tra cui la Fundaciòn Down España, è ora arrivato in Italia.

Avevo letto la notizia un po' qui, un po' là, ma stamattina a Radiopopolare di Milano un microfono aperto (che purtroppo non ho potuto seguire fino alla fine) in cui sono interventi parecchi ascoltatori, anche madri di bambini down, mi ha reso le idee un po' più confuse rispetto a prima.

In sostanza la domanda è questa. Può una bambola del genere in mano ai bambini dare un buon contributo contro i pregiudizi della diversità? Oppure è un rimarcare ancora di più questa diversità?

Bambolotto down
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mercoledì 6 gennaio 2010

Di necessità virtù

Nei giorni scorsi ero al paesello e quando sono là mi collego alla Rete con una chiavetta della TIM in modalità Edge che ha sempre fatto con onestà il suo mestiere. Non la velocità dell'ADSL ma comunque tempi di attesa che non ti fanno venire il nervoso. Ma in questi giorni scorsi, non so perché, e di preciso non me lo ha saputo dire nemmeno Stefano che in queste cose ci lavora come dipendente Telecom, la lentezza della linea ha rischiato di farmelo venire il nervoso. Così ho tagliato la testa al toro, e chi s'è visto s'è visto.

Ho fatto altro. Stop internet, stop blog, stop email, stop tutto. Senza nessun rimpianto, anzi, per questi giorni che ho dedicato completamente a scandagliare e frequentare e toccare atomi, persone e cose, che il calore lo generano di proprio e non bit che il calore lo trasmettono, le poche volte che ci riescono, sempre per interposta persona o meglio mezzo, che può essere la scrittura o l'immagine.

Ma ditemi a 'sto punto la differenza di una carezza reale, o un abbraccio reale o la visione reale (i baci sono impliciti), e tutti i salamelecchi gratuiti che ci si scambiano nella rete senza aver mai avuto un contatto di occhi e tanto meno di pelle.

Noi, noi che la Rete la frequentiamo quotidianamente, dovremmo ogni tanto prenderci tre o quattro giorni sabbatici. Se questo fatto dovesse farci stare un po' in ansia e il nostro pensiero durante quei giorni, più volte al giorno, dovesse pencolare verso la Rete dovremmo cominciare a preoccuparci e darci un forte pizzicotto, più d'uno, in varie parti del nostro corpo, per convincerci che non siamo angeli, caso mai ce lo fossimo dimenticato.

venerdì 1 gennaio 2010

Buon anno

Stanotte eravamo in sette a cenare dal "Lula", cena del tutto normale per carità, non un cenone. Sette, magico il numero anche se i magi sono ancora in cammino e quindi le magie sono di là da venire, e poi non è nemmeno detto che quest'anno di crisi si compiano. Il pretesto era aspettare l'anno nuovo, il motivo vero era stare assieme, gomito a gomito, gambe a gambe, per progettare surreali eventi. E per questa volta le foto ve le risparmio.

Se in primavera qualcuno dovesse vedere me e Lea, la bella paleografa di casa in Vaticano, scendere da una carrozza a Ventimiglia Alta e chiedere informazioni di un certo nobile palazzo un po' decaduto, non si meravigli. Surreale all'apparenza sì la situazione, ma molto seri gli intenti. Per ora vi basti.

Auguri, non so di che, decidetelo voi a magari ditelo, ma auguri.

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