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domenica 23 gennaio 2011

Indignatevi

Un pamphlet intitolato "Indignez-vous!" diventa in Francia un caso editoriale da 600.000 copie (per adesso). In Italia c'è chi si riunisce sotto una nuova bandiera, quella dell'indignazione. Negli anni dell'indifferenza esibita, del cinismo diffuso e dell'individualismo sfrenato sembra ora che questo sentimento riprenda forza nell'animo di molte persone. Cos'è secondo voi? Solo uno sfogo davanti al vuoto della politica, che nel più dei casi rappresenta solo se stessa, o indica una spinta poderosa verso il cambiamento?

Nel libro, scritto da Stéphane Hessel, un ex partigiano di 93 anni, si può leggere a pagina 11 «Il motivo di base della Resistenza era l’indignazione. Noi, veterani di quel movimento, chiediamo alle giovani generazioni di far rivivere gli stessi ideali». Si scaglia contro il divario crescente fra "i molto ricchi" e "i molto poveri", contro "la dittatura dei mercati finanziari", contro l’erosione delle conquiste della Resistenza francese, come un sistema pensionistico solidale e il sistema di sicurezza sociale. Ricorda i Rom buttati fuori dal Paese il più delle volte senza uno straccio di sentenza giudiziaria e la rabbia scatenata dalla politica fiscale di Sarkozy che favorisce i ceti più abbienti.

Ho letto in questo periodo, più e più volte, «Mi vergogno di essere italiano». E proprio dalla vergogna nasce e poi si nutre l'indignazione. Lo sguardo sugli atti ripetuti che ci portano a vergognarci e quindi ad aumentare la nostra indignazione forse genera alla fine la decisione di reagire con risolutezza per ribaltare il presente delle schifezze e delle nefandezze.

«Non è la vergogna che fa le rivoluzioni, tuttavia la vergogna è già una rivoluzione in qualche modo. Se un'intera nazione esperimenta davvero il senso della vergogna è come un leone accovacciato pronto a balzare». Lo disse Karl Marx.


Stéphane Hessel
Da Wikipedia (con alcune mie piccole modifiche)
Famiglia e formazione
Nato da famiglia ebrea a Berlino il 20 ottobre 1917, Stéphane Hessel arriva in Francia nel 1925. La madre pittrice ispira il personaggio di Catherine in Jules e Jim, la storia di una donna amata da due amici che François Truffaut porterà sullo schermo a partire dal romanzo autobiografico di Henri-Pierre Roché. Il padre traduce Proust in tedesco ed è amico di Walter Benjamin. Naturalizzato francese nel 1937, diplomato all'Ecole Normale Supérieure di Parigi nel 1939, Hessel segue i corsi del filosofo Maurice Merleau-Ponty e legge Jean-Paul Sartre.
Durante la Seconda guerra mondiale
È arruolato e poi fatto prigioniero, riesce ad evadere e a raggiungere il generale Charles De Gaulle a Londra. Inviato in Francia nel 1944, è arrestato e deportato al campo di concentramento di Buchenwald, dove nasconde la sua identità per sfuggire all'impiccagione. Evade di nuovo, è riacciuffato, ma salta da un treno e si riunisce alle truppe americane. Dopo la liberazione si trasferisce al segretariato generale dell'ONU. dove partecipa alla stesura della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Impegno politico e sociale
Nominato "Ambasciatore di Francia" da François Mitterand nel 1981, consacra gli anni della pensione alla militanza in favore dei sans-papiers e della causa palestinese, aderendo alla campagna per il boicottaggio dei prodotti israeliani. Per questo è duramente attaccato dallo storico neoconservatore Pierre-André Taguieff. Promosso nel 2006 grande ufficiale della Legione d'onore.
In tutta la sua vita non ha mai trascurato l'impegno politico: nel 1985, ha sostenuto Michel Rocard; nel 2009 si è presentato nella lista di Europa Ecologia (Europe Écologie), pur restando membro del partito Socialista e oggi sostiene con impegno Martine Aubry di cui è amico.
Il 20 ottobre 2010 esce il piccolo libro (un pamphlet di 30 pagine) Indignez-vous ! (Indignatevi!) che ha venduto nella sola Francia più di 600.000 copie a gennaio 2011, divenendo un vero e proprio caso editoriale e politico.


17 commenti:

  1. E' vero, anche il solo esprimere indignazione e disaccordo nei confronti dello status quo, quando non lo si fa solo per fanatismo o solo per presa di posizione, è il primo passo verso una guarigione sociale e civile dal male dell'apatia.

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  2. La domenica mattina, fa bene respirare...un pò di ossigeno.
    Grazie Alberto.
    Sile

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  3. I pochi lettori del mio blog conoscono già la mia risposta: tra l'altro ho anche scritto un post umoristico sui blog dell'indignazione.
    Non dico che i sentimenti, come quello della vergogna e dell'indignazione non siano parte della storia, ma se ci riferiamo all'oggi, allora la mia opinione è netta: ciò che ci manca, è la costruzione di una classe dirigenta alternativa. E' quindi sul piano propositivo che si gioca la battaglia fondamentale. Il nostro nemico non è propriamente Berlusconi, quanto meno non è il solo. Io trovo più pericoloso Marchionne e la cupola liberista-affaristica-mafiosa che egli rappresenta.
    Non solo trovo che l'indignazione non basta, ma non credo basti neanche l'associazionismo che tenta di organizzare casematte di resistenza, di modi di vita alternativi.
    Credo piuttosto che bisogna proporre culture alternative, e che tali culture devono affrontare esplicitamente il problema del potere, ogni sforzo altrimenti diretto mi pare un'inutile dispersione di forze, che non può che in definitiva favorire chi il potere oggi ha.

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  4. Significativo che un simile appello venga da un novantatreenne. Dovrebbe farci riflettere profondamente.

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  5. Grazie Vincenzo, questo tuo post, Bloggers indignati, me l'ero perso e l'ho trovato molto interessante. Se qualcuno vuole vederlo è QUI.

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  6. Tant'è: all'estero cosa ha stupito prevalentemente dell'Italia a proposito degli ultimi accadimenti?
    La mancanza di reazione da parte dell'opinione pubblica. Lo ha detto Vittorio Zucconi da Washington (non da New York :-) )
    e qui ...
    ciao Al,
    g

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  7. http://egill-larosabianca.blogspot.com/23/1/11 14:40

    Di che cosa non ne abbiamo ancora
    abbastanza. Un popolo chiede altro
    Chi non vuole più continuare così
    scenda in piazza.Indignarsi non è
    sufficente.Condivido quanto scritto
    da Vincenzo.
    Egill

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  8. Sono una che si indigna, ma non ricordo di aver mai detto :Mi vergogno di essere Italiana, me ne vado.

    Non devo essere io a levare le tende, ma il soggetto o soggetti che scatenano la mia indignazione, per inciso, non mi indigno è basta, reagisco con tutti i mezzi a disposizione, dal blog alle manifestazioni di piazza, dalla firma a favore della FIOM alla partecipazione attiva alle campagne elettorali.

    E se per dare una sana ramazzata al nostro Paese mi chiedessero di tornare a fare le barricate... volentieri.

    Diciamo che più che indignata, sono Socialmente Incazzata.

    Buon resto di domenica Alberto.

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  9. Penso che parecchi di noi siano già sufficientemente indignati, e le donne in particolare hanno parecchi motivi per esserlo. E non è che le nostre voci non le abbiamo fatte sentire: abbiamo scioperato, manifestato, diffuso controinformazione ed ancora formulato richieste precise e controproposte senza necessariamente appartenere ad uno schieramento politico o sindacale.
    Questo è quello che ho vissuto in prima persona nel mondo della scuola e dell'università.
    Sono altri gli assenti, i corresponsabili della povertà economica e culturale dell'oggi: possiamo ascoltarli farfugliare fantastiche alleanze o richieste di roboanti dimissioni ben sapendo che così facendo tutto resterà così come è.

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  10. Stéphane Hessel mi sembra un personaggio a tutto tondo che dice cose giuste e sacrosante dall'alto di un'intensa testimonianza che ha praticato con coerenza lungo tutto l'arco della sua lunga vita.

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  11. La vergogna è essenziale per arrivare all'indignazione,poi occorre agire, anche in maniera scomposta,non importa, la compostezza arriva mano a mano mentre si organizza una vera lotta.
    La vergogna è un sentimento principe,è un gran motore,quelli che ne sono sprovvisti fanno cose ignobili e le negano sorridendo.Mi fanno orrore.

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  12. Tina mi ha tolto le parole di bocca.
    Io non mi vergogno, perchè so di stare dalla parte giusta. Nella sua direzione spendo tutte le mie energie migliori, e mi rende felice la sensazione di crescere e maturare conoscenze, identità e sicurezza insieme ad essa e per essa.
    Un pochino di fierezza non fa male. Quindi su la testa: indignamoci e soffriamo a causa loro, ma soprattutto crediamo in noi e nella nostra passione.

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  13. L'indignazione è già un importante inizio. Temo però che a indignarsi davvero siamo in pochi. Anche perché ci sono "indignati" - o pseudo tali - come D'Alema e Veltroni che hanno non poche colpe per la situazione attuale, per cui dovrebbero indignarsi in primo luogo con se stessi... ma questo è alquanto improbabile.

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  14. Ciao Alberto
    credo proprio il problema sia questo, questa classe politica, il berlusconismo, il malcostume hanno fatto fuggire l'indignazione da questo paese...

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  15. Bellissima la frase di Marx.
    Il problema che ci resta è che, al Grande corruttore(anche dei costumi, della cultura, dei comportamenti...)- pure in caso di perdita dello scranno governativo - resterebbe l'impero informativo-editoriale che ha preparato e mantenuto l'egemonica "cultura" nella quale ha sguazzato.

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  16. santograal24/1/11 10:43

    Noto con piacere di non essere solo ad indignarmi e talvolta a vergognarmi. Nel leggere le risposte ho provato un grande sollievo. Stamattina ho guardato un bellissimo servizio su "Guido Rossa" e mi sono sinceramente commosso nel vedere quel mare di gente sinceramente addolorata, ma anche quella fierezza e dignità. Oggi questa è scomparsa. Non ci resta che sperare in un futuro migliore, però non bisogna starsene con le mani in mano. Facciamoci sentire, agiamo concretamente!

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  17. Mi trova molto concorde il commento di Vicenzo, va bene indignarsi come spinta iniziale, ma all'indignazione deve seguire qualcos'altro. E sono d'accordo nel dire che servono culture alternative in mancanza di queste nulla potra' mai cambiare. Se cambiamento deve essere esso deve essere attuato a un livello profondo, alla base, cambiare solo la superficie non servirebbe assolutamente a niente, come se davanti a una palazzo fatiscente pensassimo solo a ripitturare la facciata tralasciando completamente gli interni.

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