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martedì 20 dicembre 2011

L'articolo 18 non è né un totem né un tabù, è un diritto

Si intende a fatica (la materia è complicata) che l'antipatia per il famoso articolo 18, quello che limita la libertà di licenziare, è motivata dal desiderio di rendere più fluido e più "moderno" il mercato del lavoro. Meno obblighi e meno regole, e tutto funzionerà meglio.

Ora, a parte che precedenti deregulation promisero prosperità diffusa e finirono invece per approfondire differenze di classe; e dunque si è legittimati a drizzare le antenne ogni volta che risuona la formula "meno regole"; viene da osservare che la libertà di licenziare può funzionare da frustata benefica a patto che l'offerta di posti di lavoro sia brillante e magari in aumento, tanto che il licenziato, appena uscito dal portone della sua azienda, possa bussare al portone di fronte per trovare un nuovo impiego.

Ma in recessione, e con una lunga coda di ragazzi che aspettano lavoro, che risultato può mai dare, se non quello di ingrossare l'esercito dei disoccupati? E in un momento in cui il principale problema, per il governo, è cercare di tenere fede almeno in parte alla promessa di equità, c'era proprio bisogno di tirare in ballo il povero articolo 18, che è uno dei pochi drappi laceri e gloriosi che il mondo dei salariati può ancora sventolare sopra le macerie della propria sconfitta?

Michele Serra
L'amaca di oggi


22 commenti:

  1. svelato l'arcano, l'ingresso del PD servirà a smantellare l'insieme dello stato sociale. altro che equità, l'obbiettivo è un esercito di lavoratori senza garanzie, andatevi a leggere le relazioni che il PCI, durante le conferenze nazionali operaie, i compagni stillavano in merito alle condizioni di alcune realtà lavorative. DAi reparti confino, ai trasferimenti d'ufficio, dalle trattenute forzate (legge Iervolino sui trasporti pubblici) alle lavorazioni devastanti vedi Casale Monferrato oltre 1300 morti per l'asbesto.. minare l'articolo 18 non è il problema, è l'insieme che determinerà la caduta libera delle condizioni normative giuridiche del mondo del lavoro e della sua tutela. un pensiero giuridico che è costato anni e anni di lotte e di morti. bisogna entrare nel merito, ma dobbiamo picchiare duro se sarà necessario.
    Maistretu

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  2. Ci vogliono poveri e ignoranti, così da essere umili e obbedienti.
    Vaticano docet.

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  3. Meno regole e liberalizzazioni, nella vita sociale, una mancanza di regole permetterebbe al più forte di soggiogare il più debole, perchè in economia dovrebbe funzionare diversamente?

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  4. cher lorenzo conosci la parola solidarietà di classe? quando non bastò più si costrui un pensiero giuridico, ci vollero anni ed anni, una causa di lavoro negli anni settanta la si perdeva comunque e quasi sempre.. sai quante porcherie furono coperte con dei micragnosi compensi alle parti? l'amianto all'ACNA di Cengio per esempio.. oggi non bisogna mollare oppure si annega nel nome della competività fine a se stessa. Il diritto non è negoziabile.
    Maistretu

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  5. Prima elevano l'età pensionabile poi vogliono dare la possibilità alle aziende di licenziare anche senza giusta causa.

    Così poi a 55-60 anni i lavoratori anziani demotivati e non in grado di competere con i giovani (meno "costosi" e più "arzilli") si troveranno in strada senza lavoro e senza pensione

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  6. Come ho scritto da Carlo, non credo che lo toccheranno, lo lasceranno a tutela di chi è entrato nel mondo del lavoro con la legge 300, ma i neoassunti hanno la legge 30, su questa aberrazione si deve fare la battaglia, sulla eliminazione del precariato e dopo, tornare a esigere che la legge 300, articolo 18 in primis, torni ad essere la regola e non l'eccezione, troppa gente scorda che lo statuto dei lavoratori non contiene sono "protezionismo", contiene anche molti sanzioni.

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  7. poi verrebbe da dire... ma possibile che ogni volta questi pensino che la soluzione è l'articolo 18?!?!
    E poi parlano di totem e di chiusure mentali quando poi loro non mollano il posto e soprattutto tengono ben saldi i loro privilegi.

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  8. Letto anche tutti i commenti, in qualche modo non posso che essere d'accordo con Lorenzo.

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  9. Sono d'accordo nel ritenere che non sia superando l'articolo 18 che si risolve il problema della disoccupazione. Infatti, se si licenzia un dipendente per assumerne un altro, si avrà sempre un disoccupato, anche se con dati anagrafici diversi. E magari si tenderà a licenziare i più anziani, quindi i più difficilmente "riqualificabili", per assumere altri dipendenti che, essendo dei neoassunti, si tenderà a pagare meno. Ritengo però che certi difensori del'art. 18 siano più di dano che di aiuto alla sua causa. Per esempio, il segretario dei Comunisti Italiani Marco Rizzo: oggi ho sentito una notizia secondo la quale avrebbe mandato un messaggio di cordoglio al popolo nordcoreano per la dolorosa scomparsa del "caro leader". Ho pensato a uno scherzo, ma purtroppo la notizia era vera. Ecco, finché avranno dei difensori così, i lavoratori italiani possono stare freschi. Proprio come i nordcoreani che, per la miseria in cui versano (i popolani, ma non la "nomenklatura"), non possono permettersi il riscaldamento. Auguri.

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  10. la cultura del ricatto ora si fa breccia anche tra di noi. meno diritti e più lavoro, bene. l'economia non è astrazione ed il diritto e connaturato a questo sistema capitalistico, ne è anche la sua forza, il lavoratore protetto e tutelato è, come affermava Ford, all'inizio della sua attività, più produttivo. gli esperimenti negli anni settanta sul superamento delle forme gerarchiche dell'organizzazione del lavoro (Taylorismo) produssero una maggiore professionalità ed un prodotto ad alto valore aggiunto, La Volvo estese il sistema delle isole di lavoro e di fatto si superò il lavoro a catena.. il diritto del lavoro la cultura giuridica è un valore aggiunto del sistema. un valore che si è costruito rovesciando il concetto della pura conflittualità, la legge 300 nacque per opera di un grande giuslavorista Gino Giugni, e se pensiamo che in commissione lavoro alcuni parlamentari del PCI erano contrari ad una legge organica sul lavoro.. lo Statuto dei Lavoratori nacque ed il PCI ne divenne il più strenuo difensore.. così come il neo capitalismo italiano convenne che quella legge andava a normare un vuoto giuridico. migliorò le relazioni industriali tanto che nel 1975 si arrivò ad un primo grande accordo tra industriali e sindacato, con la firma di Agnelli e Lama. si potrebbe continuare...
    Maistretu

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  11. consiglio una lettura, Americanismo e Fordismo un saggio di Antonio Gramsci edito da Einaudi PBE.
    Maistretu

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  12. Quattro o cinque anni fa, un industriale cui non demmo pronuncia di compatibilità ambientale per un impianto di bioetanolo (con materiali non certo locali) ci disse: "Quante storie mi fate! In Cina hanno spostato un villaggi di 4000 persone per farmi fare uno stabilimento!".
    La Cina di cui parlava era, naturalmente, la Repubblica Popolare Cinese, nel cui parlamento il Partito Comunista Cinese (中國共產黨)conta 2099 seggi su 2987, con 80 milioni di iscritti: mi piacerebbe sapere quali garanzie di stabilità, di assicurazione in caso di malattia o di infortunio, di assistenza sanitaria, eccetera, hanno il lavoratori cinesi, che spessissimo sono sfruttati fino all'osso da un datore di lavoro iscritto al Grande Partito (altro che articolo 18!).
    A parte il fatto che, come scriveva Botanicus, non è avere la libertà di licenziare una persona per assumerne un altra che risolve il problema della disoccupazione, e che quindi, se il problema cher si vuole risolvere è davvero questo, bisognerebbe agire in altre direzioni, direi che sono poco credibili soggetti che si sgolano a difesa dell'art. 18 dopo aver espresso simpatia per il governo cinese o quello nordcoreano, accaniti nello sfruttare il popolo (quello vero) al pari, se non di più, del peggiore capitalismo occidentale.

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  13. Sarebbe un diritto da tutelare se fosse per tutti....così non è! In troppi tacciono!!!

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  14. la Cina non possiede nessuno dei primi cento brevetti.. spostare il problema sul terreno del diritto e non su quello della produzione e della qualità è fuorviante.. da sempre le economie sono nate e cresciute ed anche morte portantosi via intere società fortemente organizzate, ma non sufficientemente tutelate giuridicamente. sarà un nostro retaggio ma l'Occidente capitalistico è riuscito a coniugare questi elementi grazie alle lotte e alla cultura d'impresa.. l'idea dello spostamento di una centralità economica verso nuove aree è ben studiata e spiegata da un grande storico francese Fernand Braudel in Civiltà ed Imperi, nelle memorie del Mediterraneo e Nelle Strutture del Quotidiano..questi studi sono di cinquanta anni fa ma conservano una disarmante attualità.
    Maistretu

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  15. @Lorenzo: io non ho ancora capito per quale motivo secondo te dovremmo rinunciare a dei diritti acquisiti. Cosa dovrebbe migliorare se le aziende potessero licenziare dei lavoratori senza giusta causa? Che così possono assumere nuovi schiavi pagandoli il 50% dei vecchi lavoratori? E che qualche anno dopo possono farlo di nuovo abbassando ancora paghe e diritti? Perchè il ricatto è "altrimenti ce ne andiamo dall'Italia"?

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  16. A proposito di diritti acquisiti, non si può e non si deve tornare indietro. Recessione non significa perdere le grandi conquiste sociali. Lo stato sociale funziona benissimo altrove, non è questa la causa di tutti i mali, anzi è una delle tante vittime.
    A proposito di cultura del ricatto: questo è il vero problema.
    Ne vedo tutti i giorni di tutti i colori, dato che mi occupo di assunzioni e licenziamenti in uno studio di consulenza del lavoro (è il mio pane quotidiano).
    E' questo che fa paura.
    L'art. 18 DEVE esistere. Fermo lì a impedire soprusi che, credetemi, sono anche ora all'ordine del giorno.
    Ricordiamoci che chi ha il potere lo esercita e spesso Lo esercita a danno dei più deboli.
    E il datore di lavoro, credetemi, non è MAI la parte debole!!

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  17. Lorenzo non riesci a parlare con la testa e lasciare un poco a riposo la pancia? i processi economici sono spesso complessi e avere gli strumenti per comprenderli è difficile ma anche dovero,per questo non si può fare a meno di citare alcuni grandi storici come Braudel e non solo.. il Movimento Operaio questo problema che tu sembri scoprire oggi, se lo pose agli inizi degli anni settanta del secolo scorso, sai come lo chiamavano, Diritto all'Informazione e riguardava, guarda caso, la prima parte dei contratti di lavoro collettivi. il lavoro non è solo merce caro Lorenzo questo è l'insegnamento scaturito in anni e anni di studio e di lotte.
    auguri e buone feste a tutti.
    Maistretu

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  18. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  19. Oggi sul Corriere c'è una tabellina che mostra come stiamo messi a salari netti ed a tasse fra i paesi più industrializzati Guarda
    Mi pare che siamo già sulla buona strada per la "cinesizzazione", fra poco a fine mese comincerano a dare ciotole di riso invece della paga...

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  20. personalmente ritengo sia giusto cercare di mantenere in piedi l'articolo 18

    però c'è un problema: la maggior parte delle persone che lavora non è tutelata da questo articolo

    il rischio è che chi difende, anche con ragionamenti condivisibili l’art 18, appaia tutto sommato preoccupato di tutelare quelli che una tutela ce l’hanno, in particolare i dipendenti pubblici, e non faccia nulla di nulla per tutti gli altri, che sono la maggioranza (basti pensare ad artigiani, piccoli commercianti, dipendenti delle aziende sotto le 15 unità, collaboratori a progetto di vario tipo, e così via)

    secondo il mio umillimo parere il mercato del lavoro ha bisogno di due azioni bilanciate:

    da un lato la tutela deve passare dal lavoratore al cittadino, con un salario sociale minimo garantito, per tutti

    dall’altro lato è necessario liberalizzare il mercato del lavoro, ma per tutti, non solo per gli sfigati trentenni precari come accade ora

    mi rendo conto che un’idea così a molti non piace, ma la sottopongo senza la pretesa che tutti la vondividano

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  21. si dice che i pini facciano sempre pini, qui da noi nel Ponente, caro Lorenzo.
    Maistretu

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