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martedì 31 luglio 2012

Bici da donna 2

bici da donna

bici da donna

bici da donna
Le foto sono state scattate lungo il naviglio Martesana, tra Milano e Cernusco

Non mi vergogno più. Chi ha letto almeno l'inizio di questo post sa di cosa parlo. E così ora che non mi vergogno più nel tempo libero e liberato pedalo. Anche prima lo facevo ma adesso con regolare costanza. Non ci sono salite, e quindi la fatica è lieve. Qualche volta da solo, qualche volta in compagnia.

Ho perciò deciso di pubblicare ogni tanto una serie di foto con protagonista questa bici. Possibilmente da sola, come presenza e filo conduttore del mio girovagare. Il bello sarà quando dovrò fotografarla da sola in città, ma allora vi sarete abituati alla sua vista, e starà a me farla risaltare in mezzo agli intrusi.

Una mia curiosità. Qual è lo scatto fra questi che più vi piace? Ammesso beninteso che ce ne sia uno.


Aggiornamento 2 agosto 19.11
Ha vinto quindi di larga misura la seconda foto, anche di là su google+. Adesso se volete potete ingrandirla.

Questa seconda foto non è proprio come l'avrei voluta. Quando l'ho guardata sul monitor mi sono morso le mani perché pensavo di vedere tutta la silhouette della sella. E così quando sono ripassato in quel posto alla stessa ora ho provato a rifarla, ma niente.Quella luce, che avevo visto come un flash passando, se n'era andata.

La quinta foto. Ero lì pronto a scattare quando è passata la ragazza di buon passo. Ho urlato "La bici" indicandola, lei s'è girata a guardarla e io clic, poi ha guardato me forse prendendomi per un pazzo. Quando ha guardato me non ho scattato.

bici da donna

bici da donna

domenica 29 luglio 2012

La leggenda dei monti naviganti - Paolo Rumiz

Quando era uscito nel 2007 me l'ero perso, e adesso che il libro l'ho finito ho davanti agli occhi e nel cuore un'Italia dimenticata di cui mai nessuno parla, quasi fosse un pianeta a parte dentro il Belpaese. Una collana di perle: perle di curiosità succulenti, perle di atmosfere e stati d'animo da convivere, perle di luoghi quasi segreti ma veri nel loro magico affiorare. Filo condutture è lo scrivere amico, parole che ti prendono per mano nel viaggio, di cui Rumiz è un vero maestro.

Come ogni vascello nel mare grosso, la montagna può essere un insopportabile incubatoio di faide, invidie e chiusure. Ma può essere anche il perfetto luogo-rifugio di uomini straordinari, gente capace di opporsi all'insensata monocultura del mondo contemporaneo. Il risultato è che la montagna - pur essendo la spina dorsale fisica del paese - è totalmente scomparsa, guarda caso con la Resistenza, dalla politica e persino dall'immaginario nazionale. Sia le Alpi sia gli Apennini restano mondi subalterni, privi di autostima e di rappresentanza politica.
Oggi, a viaggio finito, so che dietro ogni alluvione, dietro ogni siccità, dietro ogni emergenza climatica, non vi è solo l'effetto serra, ma anche la guerra sistematica del potere contro le periferie più vitali, quelle capaci di tenere vivo il territorio e di impedirne la devastazione finale.

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"Vedi," mi disse una volta, "io non morirò. Semplicemente nascerò alla rovescia. Il mio è un countdown che mi riporta verso mia madre." Era un vecchio salmone; nuotava controcorrente verso il luogo della nascita. E dal fondo della sua valle sembrava guardare l'altro se stesso, più giovane di novant'anni, capelli al vento, che lo aspettava sul ventoso promontorio profumato di salvia . Il piccolo Diego che giocava nella brughiera, sopra i frangenti, attorno al faro austriaco messo di sentinella.
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Maffioli mi indica una casetta oltre i 2000, un puntino sotto la cima del monte Chersogno. Si chiama Cà di Bornhu, "Casa dei ciechi". Non è un nome messo lì a caso. Quella era davvero la casa dei non vedenti. Li avevano reclutati i fascisti nel '44, perché sentissero, di notte, i bombardieri alleati in arrivo dalla Francia. "Non avevamo il radar, noi italiani. Ma avevamo i ciechi, che hanno un udito speciale. Così mettemmo in quota gli 'audiofoni', gigantesche orecchie che amplificavano i rumori del cielo. E quei poveracci stavano in ascolto, con i turni di guardia. Confinati lì. Estate e inverno."
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Al mattino, Federico e Annamaria, i proprietari del podere, danno un volto alla mia inquietudine e un senso al silenzio della notte. Non c'è più acqua nella valle. È appena piovuto, spiegano, ma il Mugello ha perso i suoi torrenti. I greti sono asciutti, gli abeti disidratati. I fiumi desaparecidos. I pozzi a secco. La campagna devastata da buche di cinghiali profonde come quelle delle bombe al napalm. Una catastrofe, consumatasi in pochi anni, da quando - mi dicono - la "talpa" dell'alta velocità ferroviaria ha bucato la pancia dell'Appennino risucchiandone le acque profonde, gli immensi laghi sotterranei, le falde e le risorgive. Mi portano a vedere tutto quello che non ho potuto - o forse saputo - vedere durante il mio viaggio in anteprima nel tunnel della Tav. Il pozzo è vuoto. Il marroneto devastato dalla siccità, il torrente ridotto a un rigagnolo. Il podere accanto addirittura sprofondato di qualche metro.
Sulla mappa del Mugello trovo acque dai nomi favolosi, ma se provo ad evocarle non ho risposta. Fonte al Ciliegio! Assente. Fonte della Canina! Assente. Fonte Frassineta! Assente. Fonte di Fosso Lupaio! Assente. Torrente Bagnone! Assente. Fiume Rovigo! Assente. Stanno solo sulla carta, il mormorio è perduto.






Paolo Rumiz

La leggenda dei monti naviganti

Feltrinelli

mercoledì 25 luglio 2012

La cosa "giusta" è impossibile

michele serra
La legge quadro per la difesa dei suoli agricoli e contro la folle cementificazione del territorio italiano (presentata dal ministro per l’Agricoltura Catania) è così importante, così giusta, così necessaria che difficilmente riuscirà a trovare applicazione. Lo so, sono pessimista, e di fronte alle cose giuste bisognerebbe sempre fare festa. Ma è davvero troppo tempo, nel nostro Paese, che la categoria del “giusto” è trascurata e negletta, resa sinonimo di “impossibile” dal cinismo e dalla mediocrità imperanti.

Mi perdonerà Carlo Petrini, tra i pochi a usare la parola “giusto” come se avesse un peso politico, e per questo trattato da utopista o da minoritario da politici spocchiosi e ciechi. Ma io non ci credo, che un ministro per giunta “tecnico”, per giunta a termine, possa avere la meglio contro l’orda famelica degli speculatori, i lobbisti del cemento, l’ignoranza crassa della maggior parte di una classe politica che di territorio, di difesa dei suoli, di agricoltura ignora tutto o quasi, salvo andare a stringere la mano ai sopravvissuti quando frane e alluvioni squassano i nostri crinali abbandonati e i nostri fondovalle depredati. Mi auguro, con tutto il cuore, di avere torto. E che una cosa giusta, solo perché è giusta, possa accadere, possa vincere.

Michele Serra

L'amaca di oggi


Nel gennaio del 2010 avevo scattato la foto che avevo poi pubblicato in questo post. La macchia di alberi che vedete in basso è un uliveto. In alto una cava che sfregia la collina da dove si estrae materiale destinato a fare altri sfregi con la cementificazione dissennata della Liguria. Sarebbe da ritornarci per vedere come è andato avanti lo scempio.


lunedì 23 luglio 2012

Cinquanta sfumature di grigio di nero di rosso



Quattrocentomila signore italiane in questo momento stanno finendo di leggere le cinquecento pagine del primo, o del secondo, o del terzo volume della trilogia Cinquanta sfumature (di grigio, di nero, di rosso). Oppure, purtroppo per loro, le hanno già finite, tutte 1.500, e hanno imprestato i libri ad altrettante amiche. Per cui ormai le pornolettrici hanno superato da noi il milione. E chissà quante alla fine dell’estate saranno: ad essersi dilettate di una pornografia sadomaso scritta da una donna per donne, così seraficamente rosa da essere sconsigliata ai maschi.

Mi ero fermato lì, oltre non ero andato a leggere l'articolo di Natalia Aspesi dal titolo "L’estate dei porno-libri dedicati alle signore" apparso mercoledì. Questo incipit mi è ritornato in mente ieri mattina quando ho visto su Repubblica le classifiche dei libri più venduti, e sono rimasto.


Primo: Cinquanta sfumature di grigio
Secondo: Cinquanta sfumature di nero
Terzo: Cinquanta sfumature di rosso

Quindi ero già preparato quando nel pomeriggio ho visto cataste di questi volumi alla grande libreria Feltrinelli di piazza Duomo. E mi è venuto da pensare che forse per capire le atmosfere di certe stagioni di certi anni di certi periodi basta andare a vedere le classifiche dei libri in quei tempi. O no?

sabato 21 luglio 2012

Sollievo



Cos'è un po' d'acqua un po' di grandine un po' di vento? Niente. E ancora meno di niente se sei al sicuro tra palazzi secolari di pietra.

Ma ognuno ha i suoi pensieri, e il mio di pensiero qualche ora fa quando ho scattato la foto in piazza Duomo, ed era acqua grandine vento, è andato a un notebook lasciato acceso vicino a una finestra aperta a casa.

Anni addietro un powerbook (Mac) molto costoso, più o meno nella stessa posizione più o meno nella stessa situazione (ero uscito d'estate con le finestre spalancate) era morto, annegato nella fulminazione dei cortocircuiti. E temevo la stessa cosa.

Sono arrivato a casa un po' in ansia, e quando ho visto che la tenda asciutta mi ha sorriso ho sorriso anch'io sollevato.

Lo so, cari amici, sono inezie queste rispetto ai macigni della vita, ma anche queste inezie aiutano.

giovedì 19 luglio 2012

Lucilla l'acqua il tempo

Ultima foto scattata ieri al paesello prima di ripartire per Milano. Lucilla, che adesso ha quindici mesi, è fuori del tempo cosciente. E quindi non sa che l'acqua che la rinfresca da cinquecento anni sgorga da questa fontana.

La costruirono i nostri antenati nel 1486, giusto sei anni prima che Colombo scoprisse l'America, e da allora è stato un ininterrotto sgorgare, estati e inverni, lungo i secoli.

Quando Lucilla capirà queste cose avrà anche l'età per scrivere. Che bello sarebbe allora che venisse su questo post a fare un commento. Che bello sarebbe.

mercoledì 18 luglio 2012

Un grande grande abbraccio Rossella

rossella urru


Un grande grande abbraccio Rossella. Adesso è solo tempo di felicità e poche parole. Ché poi ci sarà il tempo che tu racconti. Vedo in giro molte lacrime di gioia ed è una cosa di bellissima fratellanza. Anch'io qualche lacrima.

martedì 17 luglio 2012

Melograno

Melagrana ancora acerba


Tempo fa pubblicai il bocciolo di melograno, QUI. Lo ripropongo adesso (sotto) visto che ieri ho fotografato il frutto ancora acerbo di questa pianta con in testa la corona regale.

C'è un bel fresco a quest'ora. Riparto per la campagna dividendomi un po' tra i lavori da fare e qualche immagine eventuale da catturare.

Bocciolo di melograno, 5 millimetri circa di diametro
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venerdì 13 luglio 2012

Bici da donna



Un mese fa mi hanno rubato la bici. Tranciata la catena e via. Chissà chi ora cavalca quella sella. E adesso, per adesso, ho la disponibilità di un'altra bici, da donna.

Lo confesso così mi sputtano. All'inizio avevo un po' di vergogna a pedalare su questo attrezzo femminile, che ti permette di salire senza alzare la gamba. Mi sembrava come andare a diporto* con la gonna. Cosa volete, è una mia fisima, e ognuno ha le sue e se le tiene. Poi pian piano ci ho fatto l'abitudine e adesso pedalo con la testa fluida.

Tutto questo pippotto iniziale per poter giustificare la pubblicazione della foto, scattata a quattro minuti da casa, sul pratone contiguo all'anfiteatro del naviglio Martesana. E dell'immagine più che la bici mi interessa il cielo che preannuncia tempesta.

Nelle tempeste è da un po' che ci siamo, e arcobaleni, anche tenui tenui, in vista non se ne vedono, ma solo nuvole sempre più cupe, una dietro l'altra.

Non bastava la crisi mondiale, non bastava la crisi nostra particolare, non bastavano queste per rovinarci, se possibile, l'estate. No, non bastavano. Così l'innominabile ha sbraitato che ridiscende in pista a dirigere le danze. Maledetto.

Non ne posso più. Non ne posso posso più. Non ne posso proprio più.

*andare a diporto
Quando feci il militare fui punito con cinque giorni di galera perché ero stato beccato da una ronda mista che mi aveva preso e portato in caserma con questa motivazione "andava a diporto con l'uniforme in disordine". Cioè a passeggio. Della serie delle parole desuete di cui parlavo nel post precedente.

mercoledì 11 luglio 2012

Panfilo


Ci sono parole che a poco a poco diventano desuete perché desuete sono diventate le cose che stanno ad indicare. Prendiamo panfilo. Quand'è l'ultima volta che l'avete sentito nominare o letto su un articolo? In un romanzo è più facile.

Un panfilo, questo panfilo, m'è uscito mentre cercavo una foto nel mio archivio e la parola desueta m'è ritornata. Ma questo tipo di imbarcazioni non sono esattamente come quelle, più moderne d'accordo, che vengono adoperate per lo stesso scopo adesso e chiamati yacht? E allora perché panfilo lo abbiamo messo in soffitta?

Nell'immagine a me sembra che anche il mare sia un mare d'altri tempi vestitosi apposta di questi colori per fare pendant con l'imbarcazione demodé.

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lunedì 9 luglio 2012

Apri la tua bocca, la voglio riempire



In certi casi un bel titolo contribuisce anche in maniera importante al successo di un libro. Lo sanno bene gli editor e i direttori marketing delle case editrici che a volte devono fare pressione sull'autore, che di titolo per la sua ultima opera ne aveva messo uno moscio, per cambiarlo.

Qui non mi è proprio dato sapere se l'editore abbia agito per calcolo raffinato o per tamarra dabbenaggine. Ma potrebbe anche essere che ci abbia messo lo zampino il maligno che è sempre in agguato tra noi sotto mentite spoglie. Non scordatelo.

Apri la tua bocca, la voglio riempire. Sì, sì, è il maligno.

venerdì 6 luglio 2012

Voglia di svagatezza


Lo so, ci sarebbero cose importanti di cui parlare. Tipo le decisioni prese stanotte dal governo, o anche la sentenza della Cassazione riguardo ai fatti della Diaz di undici anni fa, e io c'ero a Genova in quell'inferno. Ma ho voglia di svagatezza.

Potrei anche parlare del raduno in questi giorni dei giovani padani a Isolabona, che è il mio paesello, e che si meriterebbe, dico del raduno, almeno due degli aggettivi che sono nel sottotitolo del blog. Fate voi quali. Leggo in grande nel volantino: "Lega 2.0". Visto che quella 1.0 ce l'aveva duro non oso immaginare come ce l'abbia adesso. Ho scorso attentamente il programma ed estrapolo solo i momenti ricreativi.

Visita al Principato di Seborga. Principato farlocco inventato da uno che si era autoproclamato principe e che adesso ha anche un successore, farlocco pure lui. Consegna ai giovani padani dei passaporti del principato, dice sempre il programma con tutta la serietà del caso, passaporti che più farlocchi non si potrebbe. E sto sentendo adesso alla radio Maroni che sembra abbia dichiarato farlocco anche Pontida, e il giuramento e tutto il resto. Cos'è? Il reset dell'1.0?

C'è una cosa che non mi va giù. Domani sulla mia montagna del cuore dove sono salito 19 volte in ogni stagione i giovani padani "isserranno", sempre da programma, la loro bandiera. Sappiano che su quella montagna e le altre attorno i nostri partigiani durante la Resistenza combatterono e morirono per un'altra bandiera, quella italiana. Non se lo scordino.

Scusate ma mi ha preso la mano. Ritorno alla svagatezza. La vedete la foto? E' un oggetto di uso comunissimo. Ma proprio comunissimo. Cos'è?



Aggiornamento 8 luglio 20.07

Scusate la latitanza di questi giorni. L'0ggetto è un tappo sintetico da vino, detto anche "tappo di silicone", fatto di un composto di materiali termoplastici chiamati elastomeri.

Ci avevano preso Skip Adriana Massimo e Cirano che c'hanno l'occhio e forse amano il vino. All'abbinamento che fa Skip proprio non avevo pensato.

martedì 3 luglio 2012

Ritornare a casa

fata del ghiro sveglio

Dopo averne parlato QUI e non averne mai mostrato il volto ecco la fata del Ghiro Sveglio che mi aveva stregato. Domenica pomeriggio ad Apricale (IM) per l'inaugurazione di uno spazio d'arte che per qualche anno si era assopito e che adesso si è risvegliato con una serie di iniziative che vivranno questa estate e oltre. Tutto grazie all'amico Marco Cassini.

Sono a casa in queste terre. Qui sono nato e cresciuto. E, seppure un po' zingaro sono stato e anche adesso un po' lo sono rimasto, avere una baia familiare dove in caso di bisogno buttare l'àncora rimane una fortuna. Non sono solo queste pietre, sì anche quelle, ma soprattutto chi tra queste pietre ha continuato ad abitare quando io me ne sono andato e che immancabilmente incontro tutte le volte che ritorno.

Ci risentiamo da Milano.

apricale
Apricale