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domenica 5 novembre 2006

E venne il diluvio

alluvione 1966
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Sono passati quarant'anni dalla disastrosa alluvione che è passata alla storia come quella che sconvolse Firenze il 4 novembre del 1966. Ne hanno parlato tutti i media. Ma anche in val Nervia i danni furono tanti. Sopra potete vedere il ponte di Dolceacqua distrutto. Sotto invece una foto scattata durante l'alluvione del 6 novembre del 2000, quando lo stesso ponte, o meglio quello ricostruito, ha rischiato di fare una fine simile.

Esiste un Piano di bacino elaborato dalla Provincia di Imperia. Ci sono norme che mi paiono giuste e invece indicazioni di lavori che sembrano scritte da un pazzo. Avremo modo di parlarne.

Se volete scaricarvi la Gazzetta che pubblicai nel 2000 con parecchie foto potete farlo QUI (formato pdf, 200 Kb).

alluvione 2000
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L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili,
delle carte, dei quadri che stipavano
un sotterraneo chiuso a doppio lucchetto.
Forse hanno ciecamente lottato i marocchini
Rossi, le sterminate dediche di Du Bos,
il timbro a ceralacca con la faccia di Ezra,
il Valèry di Alain, l’originale
dei Canti Orfici – e poi qualche pennello
da barba, mille cianfrusaglie e tutte
le musiche di tuo fratello Silvio.
Dieci, dodici giorni sotto un’atroce morsura
Di nafta e sterco. Certo hanno sofferto
Tanto prima di perdere la loro identità.
Anch’io sono incrostato fino al collo se il mio
Stato civile fu dubbio fin dall’inizio.
Non torba m’ha assediato, ma gli eventi
Di una realtà incredibile e mai creduta.
Di fronte ad essi il mio coraggio fu il primo
Dei tuoi prestiti e forse non l’hai saputo.

Eugenio Montale, da Satura

2 commenti:

  1. Purtroppo l'alluvione è un fenomeno che mi è ben noto: ricordo l'acqua in casa mia nel novembre 1994, ed il disastro che vidi in giro allora. Ricordo i danni del 2000, da noi e nell'imperiese. Ricordo quanto disse - o quanto gli lasciarono dire - Francesco Biamonti in quell'occasione. Il problema è lo stesso che per l'inquinamento: abbiamo perso il senso della realtà. Pensiamo che cementificando, impermeabilizzando, cambiando tipo di colture (e riducendo così drasticamente i tempi di corrivazione: cioè il periodo che trascorre da quando piove a quando l'acqua caduta si riversa nei torrenti e nei fiumi) non facciamo nulla di male, così come ci illudiamo che i rifiuti e le sostanze tossiche, smaltiti in ambiente (per guadagnarci) anziché trattati opportunamente, non provochino nessuna conseguenza. Pensiamo che, una volta guadagnati i nostri soldi, anche violentando il territorio sul quale viviamo, diventiamo invulnerabili. Poi l'acqua ci distrugge le opere di cementificazione, ci allaga le case, ci tira giù le colline dalle quali abbiamo tolto gli ulivi e messo le rose. Poi ci accorgiamo di avere qualche malattia connessa alle schifezze che tocchiamo o beviamo o respiriamo (come il cancro alla prostata per chi lavorava all'ACNA di Cengio o il mesotelioma per quelli di Casale Monferrato, provocato dall'amianto dell'Eternit). Ci sono persone (anche tecnici altemente specializzati) che, con poco scrupolo ma ben pagati, collaborano ad interrare rifiuti, e che poi fanno la cura brasiliana dell'aloe per prevenire il cancro. Magari vanno anche a Lourdes, non si sa mai. Ma continuano il loro sporco lavoro, senza (voler) pensare che hanno anche figli piccoli.
    Figuriamoci poi i politici (collocati su entrambi gli schieramenti) che caldeggiano norme ambientali largheggianti per "mostrare attenzione al mondo delle imprese", o, peggio ancora, che vanta(va)no collocazioni vicine alla "sinistra ambientalista" per ottenmere incarichi dai quali sottobanco favorire gruppi di imprese che gestivano terreni da bonifica (provenienti da distributori di idrocarburi, di "origini" liguri, guarda un po'), magari silurando senza troppi complimenti dipendenti "troppo scrupolosi" nei controlli per il rilascio delle autorizzazioni, o nella verifica dell'ottemperanza alle prescrizioni. Ci vuole una "rivoluzione culturale": non come quella cinese (che ha fatto solo danni, anche ambientali), ma che ci faccia aprire gli occhi su quanto sia importante rispettare il territorio (non abbiamo un altro pianeta su cui scappare dopo aver rovinato questo!) e tutelarlo, anche nel nostro interesse (e dei nostri figli o nipoti: pensiamo a cosa lasciamo loro!). Dalle mie parti c'è un modo di dire, "fare come la talpa, che ha barattato gli occhi con la coda", per definire un pessimo affare. Cerchiamo di essere un po' più sensati...

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