Da quando Camilla e Lucia, affettuosamente dette le Gemellazze, vanno alla scuola elementare (prima o poi prenderò coscienza dell’anno in cui ci troviamo e come viene denominata la scuola elementare dall’attuale riforma), insoliti e bizzarri concetti di genere aleggiano nell’aere.
Per esempio, dice Camilla: “Michelino (nome di fantasia) vuole sposarmi. Io non voglio, ma lui sostiene che il suo papà gli ha detto che sono gli uomini che decidono chi sposare, e quindi secondo lui io sarei obbligata a dire di sì”. Lucia invece, dopo il famigerato bacino sulla guancia in bagno il giorno di San Valentino, riferisce di essere stata lasciata da tale Pierino (nome di fantasia), il quale ha preferito la di lei gemella. “Ma io comunque sono felice che stia con Camilla” mi ha confidato, “purché io possa essere la loro segretaria”. Optato per la gemella, il caro Pierino ha comunque velocemente cambiato idea, dal momento che pare che Camilla, all’intervallo, preferisca giocare con le amiche piuttosto che con lo stronzetto (mi dicono che su genitoricrescono tale epiteto non suoni consono, ma vista l’eccezionalità della situazione mi permetto di insistere. Silvia e Serena non me ne vogliano).
Senza voler generalizzare troppo, credo che in un sistema culturale dove alle donne è richiesto continuamente l’onere della prova, la dimostrazione della propria intelligenza, due donne belle e uguali si avvicinano ancora di più al concetto di donna “estetica”, quasi “coerografica”. Tant’è che in alcune pubblicità le gemelle sono sceme, interscambiabili e parlano in coro.
Io voglio che le mie figlie, nella vita, entrino dalla porta principale, sempre, e che ci entrino da donne, a pieno titolo.
Essere mamma di tre figlie femmine significa che, per quanto tu ti impegni a non dare mai niente per scontato quando parli di genere, per quanto ridimensioni le fiabe, abolisci la televisione, fornisci un esempio di femminilità non stereotipata, ecco, prima o poi il mondo con le sue generalizzazioni, quel mondo che va stretto anche a tanti uomini, si affaccia nell’oasi protetta, e a volte finanche culturalmente autarchica che è la tua famiglia (nel mio caso: io, le bimbe e la gatta).
Io non credo che le mie figlie un giorno mi chiederanno cos’è essere femmina perché essere femmine è l’essenza del nostro piccolo mondo, però se me lo dovessero chiedere, risponderò che i maschi e le femmine fanno le stesse cose: lavorano duro, stirano, progettano aeroporti, piangono, si innamorano, sanno essere genitori attenti e affettuosi. Però le donne vivono una dimensione fisica che agli uomini è preclusa.
Hanno le mestruazioni, e prendono coscienza della propria capacità riproduttiva sin da ragazze. Rimangono incinte: il corpo si deforma vistosamente, a breve e a lungo termine, e mostrano al mondo il proprio essere state fecondate. Allattano, se vogliono, restituendo al proprio seno il significato del nutrimento, oltre che quello erotico. Abortiscono, a volte. Si sottomettono a cure quando cercano una gravidanza che la natura, bizzarramente, non concede.
Anche gli uomini, certo, vivono tutto questo, di fianco alle loro donne. Ma un conto è razionalizzarlo, un conto è sentire la propria dimensione animale: partorire, allattare, sanguinare come le gatte e le mucche.
Dirò loro che il corpo è un contenitore bello e prezioso, quasi magico, perché sarà spesso il veicolo dei loro percorsi.
Dirò loro che rispettarlo le farà stare meglio che non rispettarlo.
Dirò loro che una femmina non può non essere femminista. Dirò loro che una femmina non può non essere femminile, e che deve lottare per essere la femmina che vuole: con o senza gonna, con o senza figli, con o senza velo. In nome della parità, non deve mai reprimere la femmina che è: sarebbe come se, cacciata dalla porta, rientrasse dalla finestra.
Io voglio che le mie figlie, nella vita, entrino dalla porta principale, sempre, e che ci entrino da donne, a pieno titolo. Sta a loro decidere se saranno donne-principesse o donne-carpentiere o donne-mamme.
Buona festa della donna a tutt*.
Grazie alle sorelle che hanno lottato, che lottano, e che lotteranno. E grazie agli uomini che sanno che la loro libertà passa attraverso la nostra.
Valentina da
Genitori Crescono
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