NESSUNO saprà mai se la decisione di celebrare i funerali di Pino Daniele prima a Roma e poi a Napoli (e solo dopo, diciamo così, le pressioni popolari) rispecchi veramente la sua volontà. Comunque sia, colpisce il piccolo incidente diplomatico post mortem tra un napoletano compassato e silenzioso (silenzioso e musicista: l’ossimoro è solo apparente) e la sua meravigliosa, difficile città. Senza la quale la musica di Daniele sarebbe stata impensabile; ma dentro la quale ribollono umori e atteggiamenti in grado di triturare, ingoiare e infine digerire qualunque differenza e qualunque distanza, e figurarsi la delicata, ammirevole misura che aveva quel bluesman pallido, dalla voce danzante e femminea.
Serbiamo ancora memoria — purtroppo — dei funerali del povero Mario Merola, una bolgia atroce, sguaiata, che pareva confezionata dagli odiatori di Napoli con un perfido montaggio dei luoghi comuni che la imprigionano. L’augurio di chi ama Napoli è che la difficile gestione dei funerali di Pino Daniele, quali siano le ragioni che l’hanno motivata, serva a ragionare un poco su certe sregolatezze emotive, i decibel di troppo, le lacrime in eccesso. Pino era napoletano fino al midollo e il suo sostanziale e ricercato esilio, in vita come in morte, è l’ultimo regalo fatto a Napoli. Non un’offesa, un dono. Un invito al silenzio, quel silenzio che ai funerali — non solo a Napoli — non esiste più.
Michele Serra
L'amaca di oggi
Serbiamo ancora memoria — purtroppo — dei funerali del povero Mario Merola, una bolgia atroce, sguaiata, che pareva confezionata dagli odiatori di Napoli con un perfido montaggio dei luoghi comuni che la imprigionano. L’augurio di chi ama Napoli è che la difficile gestione dei funerali di Pino Daniele, quali siano le ragioni che l’hanno motivata, serva a ragionare un poco su certe sregolatezze emotive, i decibel di troppo, le lacrime in eccesso. Pino era napoletano fino al midollo e il suo sostanziale e ricercato esilio, in vita come in morte, è l’ultimo regalo fatto a Napoli. Non un’offesa, un dono. Un invito al silenzio, quel silenzio che ai funerali — non solo a Napoli — non esiste più.
Michele Serra
L'amaca di oggi
Lo sentii dal vivo la prima volta nel giugno del 1980 a San Siro nel mitico concerto di Bob Marley.
RispondiEliminaQuando vedo certe scene non mi sento proprio italiano... Purtroppo però certi comportamenti sguaiati, rissosi, esagerati, emozionalmente straripanti, invece di venir poco alla volta estirpati, vengono anzi coltivati con cura da tante trasmissioni della TV che, da sempre, fornisce alle masse modelli comportamentali cui plasmarsi.
RispondiEliminaE' il luogo comune, su cui, fortunatamente, e a poco poco, sembra si stia arrivando, a mio avviso, quello che sarà il suo epilogo; è il luogo comune, dicevo, sostegno per tutti i commentatori e critici, quello che consente di scrivere banalità, accostamenti di fatti, cose e persone accomunate dal luogo di nascita. Il funerale di Mario Merola è avvenuto in un contesto molto particolare. E certo M.M. non rappresenta nè ha mai rappresentato Napoli, nè una sua parte (per quanto ciò possa far dispiacere ai luogocomunisti, alla RAI o a tutti i media che solitamente speculano su questo per motivi volata a volta diversi e spesso contrapposti).
RispondiEliminaIl funerale di Massimo Troisi (di cui chiaramente non si dà alcuna voce, pur essenso quello a Pino più vicino) si è svolto a S.Giorhgio a Cremano nella assoluta compostezza e partecipazione emotiva, così come, cambiando epoca e ricordando un altro doppio funerale, quello di Totò. Il fatto che ci possa essere molta partecipazione ( livello numerico) e che l'atmosfera possa essere emozionalmente intensa non penso sia una bestemmia, nè un luogo comune, nè rappresentare l'arrettratezza o la rovina degli italiani (quella è la corruzione). Quali sarebbero le scene che spingono a non sentirsi italiano (ce ne sono moltissime in questi anni lungo lo stivale) non penso certo siano quelle di una riunione di cittadini a Piazza del Plebiscito a cantare insieme canzoni per un'oretta.
I comportamenti straripanti di cui ci si riempie la bocca quali sarebbero in questo caso ? il selfie nella camera ardente ? Ma è tutto vero ? e chi lo avrebbe scattato a Roma ? A tutti i costi un cittadino di Napoli (per ravvivare il luogo comune ?), questo si fatto di trash, volgarità, banalità (che è sempre quella del male in fin dei conti).
Ma cos'è, un condizionamento collettivo, un'invidia universale, non si comprende. E' un infinito incedere triturante contro qualcosa e qualcuno (nel nostro caso, come affermato da Lerner: la Napoletanità). Dobbiamo essere tutti compiti, fermi e zitti. In fila, senza sentire alcunchè, con le quinte grigie di tv movie tedeschi degli anni '80, così finalmente non saremmo più naoletani (il riferimento ai coretti in tutti gli stadi, che abbiamo ben pensato di "depenalizzare" la scorsa estate, è voluto)
Da sarda, che ha imparato ad amare la cultura napoletana ed i napoletani, vivendoci accanto da 45 anni, sottoscrivo ogni tua parola.
EliminaSempre più frequenti gli spettacoli indecenti.
RispondiEliminaQuando meno te l'aspetti i napoletani sanno dare una grande lezione di umanità e civiltà a tutti, come è avvenuto durante i funerali di Pino Daniele in Piazza Plebiscito a Napoli. Composti, addirittura silenziosi tanto era lo sgomento e l'incredulità nel vedere arrivare il feretro, hanno reso onore al loro Pino in modo meraviglioso!
RispondiEliminaAssolutamente condivisibile tutto! Buon anno Alberto
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