Il sito
Desiderio di cose leggere
Giuncheto lieve biondo
come un campo di spighe
presso il lago celeste
e le case di un’isola lontana
color di vela
pronte a salpare –
Desiderio di cose leggere
nel cuore che pesa
come pietra
dentro una barca –
Ma giungerà una sera
a queste rive
l’anima liberata:
senza piegare i giunchi
senza muovere l’acqua o l’aria
salperà – con le case
dell’isola lontana,
per un’alta scogliera
di stelle –
1° febbraio 1934
Bellezza
Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –
E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –
4 dicembre 1934
Giuncheto lieve biondo
come un campo di spighe
presso il lago celeste
e le case di un’isola lontana
color di vela
pronte a salpare –
Desiderio di cose leggere
nel cuore che pesa
come pietra
dentro una barca –
Ma giungerà una sera
a queste rive
l’anima liberata:
senza piegare i giunchi
senza muovere l’acqua o l’aria
salperà – con le case
dell’isola lontana,
per un’alta scogliera
di stelle –
1° febbraio 1934
Bellezza
Ti do me stessa,
le mie notti insonni,
i lunghi sorsi
di cielo e stelle – bevuti
sulle montagne,
la brezza dei mari percorsi
verso albe remote.
Ti do me stessa,
il sole vergine dei miei mattini
su favolose rive
tra superstiti colonne
e ulivi e spighe.
Ti do me stessa,
i meriggi
sul ciglio delle cascate,
i tramonti
ai piedi delle statue, sulle colline,
fra tronchi di cipressi animati
di nidi –
E tu accogli la mia meraviglia
di creatura,
il mio tremito di stelo
vivo nel cerchio
degli orizzonti,
piegato al vento
limpido – della bellezza:
e tu lascia ch’io guardi questi occhi
che Dio ti ha dati,
così densi di cielo –
profondi come secoli di luce
inabissati al di là
delle vette –
4 dicembre 1934
Antonia Pozzi
Milano, 13 febbraio 1912
Milano, 3 dicembre 1938
Tags:
Non sapevo di questa donna, che dev'essere stata veramente straordinaria! Forse riesco a venire a vedere questa mostra, c'è la possibilità che capiti a Milano prima del 19 febbraio. Grazie Albe, ciao
RispondiEliminaTra le righe di quelle poesie leggere e malinconiche già si percepisce l'annuncio di un'anima che non può e non sa vivere ancorata alla terra, preda dell'inquietudine che una grande sensibilità porta con sé.
RispondiElimina..la mia immensa fatica di vivere.. l'impossibilità di ritornare indietro, un vicolo chiuso dove le parole si esauriscono e si disperdono..nulla serve a riprenderti, scivoli via, via...e la vita dietro di te, perchè io non sono più nella vita...
RispondiEliminamaggio 2004
un triste ricordo
maistretu
Ho scoperto solo l'anno scorso, per poi ritrovarne tracce in alcuni blog, l'opera di questa poetessa dall'animo veramente sensibile.
RispondiEliminaBellissimo ricordo, Al
RispondiEliminaDonna di grande sensibilità.
grazie per le poesie.
g
A volte la sensibilità e l'inquietudine dei poeti si scontrano e non si conciliano con i ritmi e i vincoli della vita .
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaUn talento poetico che non ha potuto crescere, anche se il nome di Antonia Pozzi appare nelle antologie di poesia italiana del novecento.
RispondiEliminaA me è sempre piaciuta particolarmente questa poesia:
"Riflessi"
Parole - vetri
che infedelmente
rispecchiate il mio cielo -
di voi pensai
dopo il tramonto
in una oscura strada
quando sui ciotoli una vetrata cadde
ed i frantumi a lungo
sparsero a terra lume.
Percorso assai simile (come De André con Jacques Brel) ha avuto la poetessa americana Sylvia Plath, soicidatasi nel 1963 a trent'anni, subito dopo aver scritto questa poesia:
RispondiEliminaORLO
La donna è a perfezione.
Il suo morto
Corpo ha il sorriso del compimento,
un'illusione di greca necessità
scorre lungo i drappeggi della sua toga,
i suoi nudi
piedi sembran dire:
abbiamo tanto camminato, è finita.
Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno
come un bianco serpente a una delle due piccole
tazze del latte, ora vuote.
Lei li ha riavvolti
Dentro il suo corpo come petali
di una rosa richiusa quando il giardino
s'intorpidisce e sanguinano odori
dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.
Niente di cui rattristarsi ha la luna
che guarda dal suo cappuccio d'osso.
A certe cose è ormai abituata.
Crepitano, si tendono le sue macchie nere.
Percorso assai simile (come De André con Jacques Brel) ha avuto la poetessa americana Sylvia Plath, soicidatasi nel 1963 a trent'anni, subito dopo aver scritto questa poesia:
RispondiEliminaORLO
La donna è a perfezione.
Il suo morto
Corpo ha il sorriso del compimento,
un'illusione di greca necessità
scorre lungo i drappeggi della sua toga,
i suoi nudi
piedi sembran dire:
abbiamo tanto camminato, è finita.
Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno
come un bianco serpente a una delle due piccole
tazze del latte, ora vuote.
Lei li ha riavvolti
Dentro il suo corpo come petali
di una rosa richiusa quando il giardino
s'intorpidisce e sanguinano odori
dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.
Niente di cui rattristarsi ha la luna
che guarda dal suo cappuccio d'osso.
A certe cose è ormai abituata.
Crepitano, si tendono le sue macchie nere.