Il punto della situazione
A più di quindici giorni dalla pubblicazione su questo blog di un mio scritto nel quale sollevavo fondati dubbi sul carattere "occitano" delle parlate di Realdo, Verdeggia e Olivetta, tali dichiarate dalla Provincia di Imperia allo scopo di far accedere i comuni di Triora (per Realdo e Verdeggia) e Olivetta San Michele ai benefici previsti dalla L.N. 482/1999 in materia di minoranze linguistiche storiche, dobbiamo constatare che:
1) l'attenzione del pubblico intorno al problema è stata significativa, con un atteggiamento sostanzialmente favorevole alle tesi da me esposte anche se espresso talvolta in forma anche eccessivamente colorita;
2) che illustri studiosi di prestigio internazionale hanno preso parte al dibattito sostenendo le posizioni da me esposte;
3) che la mia offerta di fornire la documentazione necessaria a una revisione di un provvedimento erroneo e ingiusto non ha suscitato l'attenzione che forse avrebbe meritato da parte delle autorità competenti, pur informate dell'esistenza del problema e dello sviluppo della discussione.
Ritengo a questo punto utile ai fini della discussione stessa pubblicare almeno in parte, e in forma semplificata, la documentazione da me raccolta in merito alla classificazione dei dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele come varietà liguri-alpine e non "occitane", classificazione universalmente accettata e come tale nota ben prima del 2000. Mi pare giusto infatti che i partecipanti alla discussione abbiano elementi di valutazione basati non soltanto sulle affermazioni mie, di Werner Forner e di Philippe Blanchet, ma anche se su qualcosa di più concreto.
Spero inoltre che questi materiali siano recepiti anche da chi, nell'ambito dell'Amministrazione Provinciale, dovrebbe farsi carico di esaminare in tutta serenità la questione, e che ciò segni l'inizio dell'approfondimento che ormai da più parti viene richiesto.
Un cordiale saluto a tutti,
Fiorenzo Toso
Metto in evidenza questo commento di Werner Forner
Werner Forner
Università di Siegen, Germania
Mi sono già fatto vivo, una settimana fa, sulla realtà linguistica del “ligure alpino”. Ora mi sembra il caso di insistere su due aspetti collaterali: Primo sui criteri da seguire per classificazioni linguistiche, secundo sui rischi di una falsa classificazione. Due aspetti che avevo descritto in un recente articoletto (“Cenni sul brigasco e sul bilinguismo”, apparso su “Le stagioni di Triora”, primavera 2007, pp.10-11), e dal quale cito:Università di Siegen, Germania
(1) Avevo scritto: “Per fare un’analisi linguistica ci vuole una formazione linguistica, tutto come un’analisi chimica esige una formazione chimica. Non sono sufficienti, benché utili, solide conoscenze generali, che riguardino la storia, la letteratura antica o l’etnografia.” In quel senso vorrei complementarmi con il collega Fiorenzo Toso per la chiarezza con la quale è riuscito a presentato la metodologia che è inevitabile per una classifica linguistica.
(2) Nello stesso contributo avevo insistito sul valore della parlata locale in opposizione alla “Lingua". Il valore del dialetto sta in quello che si chiama talvolta “prossimità", in opposizione alla “comunicazione distante" assunta dalla Lingua. Al discorso in dialetto viene attribuito, dai parlanti, un grado superiore di autenticità, "chi mi parla in dialetto è un amico”, e simili.
"Il valore del proprio dialetto non aumenta dichiarandolo cinese o greco o ebraico o occitano. Anzi tali miracolose metamorfosi sono nocive, perché sono atte ad annientare quel sentimento di prossimità al profitto di una lontana cultura trovadorica, distante e morta, di cui il nostro pashtuu non capisce un bel niente. Piuttosto che presentare ai parlanti modelli distanti..., piuttosto che suggerire identificazioni illusorie, va promossa l’identificazione con l’ambiente locale. Ne risulterebbe un valore umano ed anche pratico .. che supera il profittino che la fatidica legge 482/1999 renderebbe, in base ad un’autodichiarazione fallosa.”
Auguri e in bocca al lupo!
Ho visto altrove riportato il testo della bella canzone provenzale (o occitana) "Se canto".
RispondiEliminaIn rete si possono trovare addirittura due versioni, quella originale e quella in occitano normalizzato (e già questo la dice lunga...). Le riporto entrambe, assieme alla traduzione francese (quella in brigasco non la so fare, ma qualcuno ci sarà...). Va da sé che è una bella canzone, con una melodia assai delicata a differenza della Coupo Santo, quasi esilarante all'ascolto.
OCCITAN NON NORMALISÉ
1. Al foun de la prado
Ay un auselou
Touto la ney canto,
Canto sa cansou
Refrain
Se canto que canto,
Canto pas per you,
Canto per ma mio
Qu'ès alen de you.
2. Aqeros mountagnos
Que tan hautes soun,
M'empéchoun de beyre
Mas amours oun soun.
Refrain
3. Bassasbous, mountagnos
Planos, aoussasbous
Per que posqui beyre
Mas amour oun soun.
Refrain
4. Aqeros mountagnos
Tan s'abacheran,
Et mas amourettos
Se rapproucharan.
Refrain
OCCITAN NORMALISÉ
1. Dejós de ma fenèstra
I a un aucelon
Tota la nuèch canta
canta sa cançon.
Refrain
Se canta que cante
Canta pas per ieu
Canta per ma mia
Qu'es al luènh de ieu.
2. Aquelas montanhas
Que tant autas son
M'empachan de veire
Mas amors ont son.
Refrain
3. Baissatz-vos montanhas
Planas, levatz-vos
Per que pòsca veire
Mas amors ont son.
Refrain
4. Aquelas montanhas
Lèu s'abaissaràn
E mas amoretas
Se raprocharàn.
Refrain
FRANÇAIS
. Sous ma fenêtre
Il y a un oiselet
Toute la nuit il chante,
Chante sa chanson
Refrain
S'il chante, qu'il chante,
Il ne chante pas pour moi,
Il chante pour ma mie
Qui est loin de moi.
2. Ces montagnes
Qui sont si hautes,
M'empèchent de voir
Où sont mes amours.
Refrain
3. Baissez vous montagnes,
Plaines, haussez-vous,
Pour que je puisse voir
Où sont mes amours.
Refrain
4. Ces montagnes
Vite s'abaisseront,
Et mes amourettes
Se rapprocheront.
Refrain
non ci posso credere! E' tutto vero! a Ischia si dichiarano tedeschi! A quando Bordighera, Ospedaletti e Diano Marina? Forza Provincia, datti da fare, altro che occitani!
RispondiEliminaDal sito "Politica on line"
Ischia: Provincia Napoli Riconosce Minoranza Linguistica Tedesca
Trovato qui: http://www.bmtnapoli.com/admin_bmt/d...io.asp?ID=1173
Approvato all'unanimita' dal Consiglio provinciale di Napoli il riconoscimento di una minoranza linguistica storica tedesca sull'Isola d'Ischia. Il provvedimento era stato sollecitato da una proposta dell'assessore agli Affari generali del Comune di Ischia, Davide Conte, presentata al Presidente del Consiglio provinciale Enrico Pennella lo scorso anno e sottoscritta da oltre un terzo dei consiglieri comunali dell'isola. La proposta fa riferimento all'articolo 3 della legge 482/99 che prevede un fondo da parte dello Stato per finanziare i progetti di singoli Comuni a favore delle minoranze linguistiche presenti sul proprio territorio.
Sull'isola, che conta 65mila abitanti, sono oltre 2000 le donne tedesche o austriache sposate con ischitani e molte di loro lavorano nel campo dell'imprenditoria o del turismo alberghiero e termale. Del resto fin dagli anni '50 la vocazione turistica dell'isola si e' concentrata sui paesi di lingua tedesca e la loro presenza per le vacanze ha raggiunto punte dell'80%. ''Uno dei primi progetti da mettere in campo - spiega all'ADNKRONOS l'assessore, la cui moglie e' anch'essa di origine tedesca - potrebbe essere l'apertura di uno sportello di relazioni con il pubblico per facilitare i cittadini di lingua tedesca nella interpretazione di documenti o testi burocratici''
@mangiacrauti
RispondiEliminaMetti l'url giusta.
Propongo di dichiarare francese Ventimiglia e dintorni, tedesca la riviera da Bordighera a Cervo e albanese Pigna. Peccato però che perdiamo gli occitani, quelli non si riesce proprio a dimostrare che ci sono
RispondiEliminava bè, poco importa se noi perdiamo gli occitani... li possiamo riprendere da un'altra parte! l'importante che anche a noi arrivino i soldi, no?
RispondiEliminascusate ma c'è differenza tra riconoscere la presenza e l'esistenza di una minoranza di lingua tedesca e dichiararsi tedesco tout court...
RispondiEliminaCia, C.E.G., cosa dice, lunga, il fatto che esiste una versione originale (ma tu sei sicuro che sia l'originale?) e una in occitano normalizzato?
Domanda senza ironia, davvero.
Il sig. Firpo ha ragione, a Ischia affermano che nel contesto della popolazione c'è una minoranza di lingua tedesca, il che in un certo senso potrà anche essere vero, ma non corrisponde alla presenza "storica" di una comunità di lingua tedesca. Per lo stesso motivo, le "minoranze" germaniche e francesi (e perché non inglesi?) in provincia di Imperia non potrebbero considerarsi beneficiarie della legge 482/99, che parla appunto di minoranze linguistiche storiche. L’occitano è parlato invece da una minoranza linguistica storica, l’unico problema (ed è quello che ci interessa in questa discussione) è che tale minoranza linguistica storica non si estende ad alcun punto della Provincia di Imperia.
RispondiEliminaApprofitto dell’occasione per porgere un invito: i volenterosi e i curiosi che avessero tempo di leggere le paginette che Alberto ha allegato al post, possono dirmi se le ritengono chiare ed esaustive, almeno in questa fase della discussione? E’ una cosa importante, il testo arriverà nelle mani degli Amministratori Provinciali e vorrei essere confortato sul fatto che la presentazione sia soddisfacente. Ringrazio tutti anticipatamente, e un cordiale saluto,
Fiorenzo Toso
Dal sito dell'università canadese di Laval (Quebec) dedicato a tutte le minoranze linguistiche del mondo (www.tlfq.ulaval.ca/): En France, il existe encore des îlots liguriens […]. Il s'agit de régions alpines du nord des Alpes-Maritimes (no 06), le long de la frontière entre la France et l'Italie. Ces populations habitent les villages de Tende, La Brigue, Saorge, Le Fontan, Breil-sur-Roya, Piene-Haute, Libre ainsi que leurs hameaux. On pense que cet ensemble représente quelques milliers de locuteurs, actifs ou passif. Nella parte dedicata all’Italia non si parla di occitani in Liguria.
RispondiEliminaSegnalo al prof. Toso anche il sito del Centro Internazionale sul Plurilinguismo - Università di Udine (web.uniud.it/cip/): La recente presa di coscienza della specificità linguistica occitana (risalente in Italia soltanto agli anni Sessanta), ha generato inoltre non pochi equivoci sul carattere di alcune parlate di tipo schiettamente ligure o piemontese, che per motivi ideologici o di politica culturale sono stati spesso ricondotti a una inesistente matrice occitana: è il caso ad esempio dei dialetti "brigaschi" dell’alta val Tanaro e di Realdo e Verdeggia in provincia di Imperia, e di quello di Olivetta San Michele nell’entroterra di Ventimiglia
RispondiEliminaGrazie, debbo però dire che alle schede del Centro sul Plurilinguismo dell'Università di Udine ho collaborato anch'io.
RispondiEliminaChe posso dire, dopo aver seguito tutta la discussione? Sono originario del Piemonte occidentale e parlo sia il piemontese che l'occitano. In Piemonte è in atto un vero e proprio stravolgimento dell'identità linguistica e storica della nostra regione. Il risultato non sarà altro che l'estinzione del piemontese. In quanto all'occitano, è di moda ed è sostenuto dai politici (sulla base dell'assunto ridicolo per cui esso sarebbe "di sinistra" mentre il piemontese è "leghista", "rozzo", ecc).
RispondiEliminaVoi liguri mi sembrate più assennati: resistete alle sirene dell'occitanismo militante; non barattate le vostre radici autentiche con un'ideologia, l'occitanismo, che ha il suono della moneta falsa.
Tra l'altro, la piaga occitanista è arrivata anche a Garessio, paese di mia madre. Lei credeva di parlare un dialetto di tipo ligure, ma si vede che si sbagliava. Era occitano...
In Piemonte stiamo buttando nel cesso (sit venia verbo)la lingua piemontese e le altre parlate galloitaliche presenti nella nostra regione. Non commettete lo stesso errore in Liguria.
Complimenti al prof. Toso, di cui conosco gli splendidi contributi alla conoscenza della storia linguistica della Liguria, per il suo coraggio. Spero che le autorità liguri evitino pericolosi pasticci.
Il documento del prof. Toso sui caratteri dei dialetti delle località dell'estremo Ponente dovrebbero essere determinante per una definizione di questi come liguri e non occitani. Nel testo della legge 482/99 si deve tener conto dell'effettiva realtà linguistica, e non di presunte
RispondiEliminao velleitarie appartenenze etniche (che spesso si mostrano delle brutte cose...).
E' importante che tutti i caratteri che questi dialetti hanno con l'occitano, sono comuni al ligure, e che soprattutto presentano tutti i caratteri che distinguono il ligure dall'occitano, e che ne rendono impossibile una classificazione in senso occitano.
Speriamo che presto si trovino occasioni e possibilità di presentare simili casi anche in altre aree dove diverse parlate romanze sono a contatto, penso tra veneto e ladino, o tra piemontese e occitano e francoprovenzale. Sarebbero anche momenti di avanzamento delle conoscenze scientifiche e di divulgazione di queste: finché i parlanti e gli appassionati non sanno cosa sono il ligure, il piemontese, l'occitano, il friulano, al di là del parlarli o del capirli, è facile che amministratori e attivisti, anche in buona fede, facciano proprie attribuzioni linguistiche ed etniche "a simpatia".
Grazie a quanti hanno letto finora il testo. All’Anonimo con madre garessina, che ringrazio anche per i complimenti, posso solo dire che l’occitanizzazione di Garessio (ma è vero? Sembra quasi incredibile) rappresenta senz’altro uno dei risultati più alti del Grottesco applicato alla Linguistica, paragonabile solo all’occitanizzazione del brigasco e dell’olivettese. Quanto al leghismo associato a taluni atteggiamenti, insisto: nel caso che ci riguarda non è questione di politica, e in ogni caso l’appoggio degli “intellettuali” leghisti va tutto, incondizionatamente, ai sostenitori dell’occitanità del brigasco, c’è anche un sito che lo documenta (e del quale non do gli estremi per non suscitare eccessi di ilarità tra i lettori: caso mai a tempo debito). Comunque qui non si tratta di difendere il ligure contro il brigasco, ma di difendere il ligure brigasco dall’indebita e pericolosa attribuzione all’occitano. A Francesco Rubat Borel, grazie per l’analisi, vorrei solo ribattere che i parlanti sanno benissimo quel che parlano, anche nel caso dei brigaschi!
RispondiEliminaMi sono già fatto vivo, una settimana fa, sulla realtà linguistica del “ligure alpino”. Ora mi sembra il caso di insistere su due aspetti collaterali: Primo sui criteri da seguire per classificazioni linguistiche, secundo sui rischi di una falsa classificazione. Due aspetti che avevo descritto in un recente articoletto (“Cenni sul brigasco e sul bilinguismo”, apparso su “Le stagioni di Triora”, primavera 2007, pp.10-11), e dal quale cito:
RispondiElimina(1) Avevo scritto: “Per fare un’analisi linguistica ci vuole una formazione linguistica, tutto come un’analisi chimica esige una formazione chimica. Non sono sufficienti, benché utili, solide conoscenze generali, che riguardino la storia, la letteratura antica o l’etnografia.” In quel senso vorrei complementarmi con il collega Fiorenzo Toso per la chiarezza con la quale è riuscito a presentato la metodologia che è inevitabile per una classifica linguistica.
(2) Nello stesso contributo avevo insistito sul valore della parlata locale in opposizione alla “Lingua”. Il valore del dialetto sta in quello che si chiama talvolta “prossimità”, in opposizione alla “comunicazione distante” assunta dalla Lingua. Al discorso in dialetto viene attribuito, dai parlanti, un grado superiore di autenticità, “chi mi parla in dialetto è un amico”, e simili. “Il valore del proprio dialetto non aumenta dichiarandolo cinese o greco o ebraico o occitano. Anzi tali miracolose metamorfosi sono nocive, perché sono atte ad annientare quel sentimento di prossimità al profitto di una lontana cultura trovadorica, distante e morta, di cui il nostro pashtuu non capisce un bel niente. Piuttosto che presentare ai parlanti modelli distanti .., piuttosto che suggerire identificazioni illusorie, va promossa l’identificazione con l’ambiente locale. Ne risulterebbe un valore umano ed anche pratico .. che supera il profittino che la fatidica legge 482/1999 renderebbe, in base ad un’autodichiarazione fallosa.”
Auguri e in bocca al lupo!
Werner Forner (Università di Siegen, Germania)
Poche righe per ringraziare ancora l’amico e collega Werner Forner per il suo coinvolgimento e per la sua convinta adesione. Il suo intervento chiarisce ancora meglio di quanto possa fare io un punto essenziale: stiamo lavorando “per” il ligure alpino brigasco e per i suoi parlanti, stiamo lavorando “per” le varietà linguistiche liguri e non liguri nella loro ricchezza e varietà, NON stiamo lavorando “contro” qualcosa o qualcuno; ciò che facciamo lo facciamo da appassionati, ma soprattutto da “tecnici” pienamente consapevoli del loro ruolo. L’adesione di pubblico e i riscontri che ha raccolto l’iniziativa di Alberto Cane di dare spazio a questa iniziativa di denuncia, è del resto una prova concreta del fatto che in molti lo hanno capito.
RispondiEliminaUn cordiale saluto a tutti, Fiorenzo Toso
Mi sembra proprio che non vi sia più nulla da aggiungere: se linguisti come Toso, Forner, Cerquiglini, Blanchet, Dalbera, Petracco-Siccardi ed anche Massajoli hanno stabilito che il brigasco e l'olivettese sono assolutamente liguri, significa che è stata effettuata un'impostura. E' stata stravolta la tradizione, con tanto di coinvolgimento delle scuole, lezioni di balletti occitani, suoni di ghironda (di origine ligure!) e via dicendo, tutte cose assolutamente sconosciute ai residenti e non solo. Bisogna essere fieri delle proprie origini non modificarle solo per avere qualche contributo...
RispondiEliminaSarà difficile che Bertaina e soci, Vastera, ecc. cambino idea, però proviamoci tutti insieme con un serio dibattito.
Saluti e grazie a Toso e a Forner.
E' uscita su "Riviera" una specie di patetica replica del prof. Antonio Lanteri. Dice che se gli dimostrano che il brigasco non è occitano è disposto a crederci. Bene, si legga questo blog!
RispondiEliminaL'ho letto. Che impudenza.
RispondiEliminaMalafede totale. Che il brigasco non è occitano è scritto su tutti i libri che ne parlano, tranne quelli scritti dagli occitani e dai loro simpatizzanti. forse crede di avere a che fare con i soliti che si lasciano infinocchiare.
RispondiEliminaBRIGASCO VERDE
E' la solita storia, se credeva davvero che il brigasco è occitano si è dimostrato ignorante e ingenuo, se non lo credeva ma lo ha fatto dichiarare occitano, si è dimostrato ignorante e in cattiva fede
RispondiEliminaChe miseria, non c'è mezza riga per confutare la posizione dei linguisti, solo un tentativo di gettare un po' di fumo negli occhi.
RispondiEliminaMi scade definitivamente come persona e come brigasco
Ma la Provincia si è poi fatta viva? Teneteci informati per piacere
RispondiEliminaCi puoi contare.
RispondiEliminaBravi, grazie, così vediamo se hanno proprio toccato il fondo
RispondiEliminaCi sono novità?
RispondiEliminaHo già detto che se ci sono novità vi informo. Dalla Provincia nemmeno un cenno, eh sì che li avevo pregati di inviarmi una ricevuta dato che il loro server di posta non la dà in automatico.
RispondiEliminaE' inquietante, i cittadini hanno bisogno di risposte.
RispondiEliminaNon riesco a capire perche' il signor toso se la prenda con la provincia di imperia o con associazioni come "a vastera".
RispondiEliminaLa legge E' EMANATA DAL PARLAMENTO! e non c'e' nessun REATO ad applicarla (semmai il contrario!).
Se la provincia di Imperia non avesse colto l'occasione dei benefici di tale legge, sarebbe stata inadempiente vs la sua popolazione.
Tutto questo accanimento "malmirato" (almeno vs la provincia) mi sa di operazione strumentale ben poco scientifica.
come mai esiste quella legge?
non mi si venga a dire che l'ha PROMULGATA UN ONOREVOLE DI REALDO O DI MORIGNOLO........si spera esistano commissioni di studiosi.
E' LI' CHE IL PROFESSOR TOSO, se ritiene le sue tesi fondate, DEVE ANDARE A CHIEDERE.....
diffamare di sfruttare interessi particolari quando ESISTE UNA LEGGE DELLO STATO CHE LI PROTEGGE, oltre che un'ossimoro e' pure una calunnia di cui si potrebbe chiedere conto in sede giudiziale.
come mai non vi occupate invece del fenomeno di seborga.
RispondiEliminacatari, templari, santo graal e sepolcro di cristo vengono spacciati per seborghini. pulmann carichi di gente visitano quel paese (bruttissima copia del bruttissimo rennes le chateau).
li' potete ancora combattere per la VERITA' visto che non c'e' nessuna "sentenza" definitiva ed intanto il paese pullula di croci templari, vero insulto alla storia.......
non capisco proprio cosa avete con i brigaschi.
non e' occitano? comunque e' un dialetto particolare di zona di confine (se non lo sapete briga era piemonte fino al 46!!).
alberto, non la provincia: scriva alla sovrintendenza per il patrimonio demo etno antropologico o al ministro rutelli direttamente:
RispondiEliminaforse puo' fare un disegno di legge per revocare la legge del 99.......nulla e' impossibile in fondo.
oppure al papa, a verdeggia ad esempio sono cristiani e non catari.
RispondiEliminainoltre vorrei sapere dagli zelanti professori e i loro "discepoli", quanti dialetti liguri alpini esistono?
RispondiEliminase il brigasco e' ligure alpino, lo e' anche il triorese?
valdieri e la val gesso sono occitane o e' tutta una bufala?
e' lo stesso dialetto "ligure alpino" di garessio? ed allora perche' non si capiscono tra di loro?
come mai pierleone massajoli perse il suo tempo dal 1980 in poi (ero presente) a studiare i due paesi di verdeggia e realdo e non lo perse a pigna o a triora, tanto da dedicare un libro solamente a questi due minuscoli paesi?
citare studi antichi mi pare limitativo...massajoli trovo' terreno vergine perche' fino a prima del 1970 a verdeggia si arrivava con 2 ore di mulo! e gli antropologi sono studiosi.....ma senza sporcarsi troppo! come tutti del resto.....
nessuno studia i poveri ed ai poveri non gliene frega degli studi.
cosi' a mio avviso agli abitanti di verdeggia e realdo non importa ne si aspettano niente da triora come sempre e' stato...e non contestano nemmeno che le streghe con la scopa non sono mai esistite....tanto meno a triora
Debbo una serie di risposte all’Anonimo che ha scritto il 9/10 alle 22,24 e ad altri (o forse è lo stesso?) che lo hanno seguito.
RispondiElimina1) Io ho semplicemente sollevato un problema di grave manipolazione dell’identità linguistica nell’Imperiese, che è un fatto oggettivo ed evidente se si ragiona in termini linguistici; non “me la prendo” affatto con la Provincia di Imperia e men che meno con l’associazione A Vastera, che ho citato solo indirettamente nel mio primo scritto sull’argomento (e che apprezzo per le sue iniziative in favore del recupero di rapporti transfrontalieri, ovviamente meno per il discorso dell’occitano).
2) Nessuno dice che non sia “lecito” applicare la legge, si pone il problema se sia “legittimo” dichiarare per i centri in questione un’identità linguistica erronea; ci si chiede anche se, alla luce del dettato della legge e del suo regolamento applicativo, esista davvero una documentazione con la quale la Provincia abbia sancito il carattere “occitano” delle parlate di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele. Se tale documentazione esiste, si chiede di vederla per verificare come sia possibile che essa smentisca i dati delle più aggiornate ricerche scientifiche, per le quali quesi dialetti sono di tipo ligure-alpino; se tale documentazione non esiste, allora la legge è stata mal applicata, e il riconoscimento di “occitanità” di Realdo ecc. non è valido: in questo caso potrebbe anche esserci un reato, come dice lei, ma a me la cosa non interessa. A mio avviso la Provincia è stata inadempiente nell’aver avvallato su semplici “si dice” una certificazione di “occitanità”: se così non è, dovrebbe esibire la documentazione relativa. Se così è, dovrebbe ritirare il proprio avvallo a questa faccenda, anche per rispetto verso i suoi amministrati.
3) Provi per favore a dirmi cosa c’è di strumentale nel mio atteggiamento, e strumentale a favore o contro cosa. Io faccio il linguista, e mi comporto di conseguenza.
4) La legge esiste per tutelare le minoranze linguistiche, non qualsiasi comunità che viene dichiarata tale, e purtroppo non esistono commissioni di studiosi che valutino le richieste di riconoscimento di minorità linguistica: questo è uno dei problemi di cui stiamo dibattendo.
5) Mi dimostri con elementi scientifici che i dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele sono di tipo occitano, l’ho già chiesto ad altri interlocutori ma nessuno si è fatto vivo. Se riesce a dimostrarmelo, le darò ragione sul fatto che i comuni di Triora e Olivetta hanno diritto alla tutela della legge 482. Attenzione, moderi i termini, io non calunnio nessuno, sostengo solo che a Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele non si parla occitano: di conseguenza, dal punto di vista del linguista, i comuni corrispondenti non hanno diritto a fruire dei benefici di legge, perché non sono parte del territorio di una minoranza linguistica storica.
6) Io sono un linguista, il problema di Seborga è un altro. Ma se il Comune di Seborga dichiarasse che i suoi abitanti parlano occitano, mi farei sentire eccome.
7) E’ vero che il brigasco è un rispettabilissimo (e a mio avviso importantissimo) dialetto di confine, ma siccome non è occitano, ripeto, non è ammesso a tutela. Se volete, potete promuovere una legge che lo riconosca come lingua minoritaria o che sancisca i dialetti delle aree di confine a essere tutelati quale che sia la loro tipologia, vi sosterrò con tutte le mie forze.
8) Grazie per “zelante”, per me è un complimento e lo accetto volentieri. Il triorasco è considerato un dialetto ligure-alpino con maggiore apertura verso il tipo ligure occidentale; Valdieri e la Val Gesso sono indubbiamente, dal punto di vista storico, di dialetto provenzale; il dialetto di Garessio ha una componente ligure-alpina e una componente ligure centro-occidentale oltre a numerosi influssi piemontesi. L’intercomprensione non è un parametro scientifico per la determinazione dei criteri di classificazione linguistica, comunque non credo proprio che un realdese si intenda con un abitante di Carcassonne e viceversa!
9) Massajoli è un etno-antropologo, la sua scelta di studiare Realdo e Verdeggia non fu legata a esclusivi criteri linguistici, ma in ogni caso provi a chiedere a lui. So che in passato credeva anche lui alla favola del brigasco occitano, oggi mi risulta che abbia un’opinione del tutto diversa.
10) Gli studi che io cito (vedere il documento allegato al post) non sono affatto antichi, vanno dagli anni Ottanta agli anni Duemila, e sono opera di studiosi italiani, francesi e tedeschi che hanno dedicato anni alla ricerca sul territorio. Mi faccia il piacere di leggerli e poi provi a confutarli.
11) Cosa c’entrano le streghe di Triora col dialetto ligure alpino di Realdo e Verdeggia? A me le beghe locali non interessano, sono affari interni ai comuni. La dichiarazione di “occitanità” di Realdo ecc. è una questione linguistica che tocca il problema della classificazione e della gestione del patrimonio linguistico italiano, è un’altra faccenda.
Caro Giampiero, se la Provincia ha accettato di dichiarare occitani Realdo, Verdeggia e Olivetta vuol dire che ha degli elementi in grado di dimostrarlo. Li tiri fuori e facciamola finita.
RispondiEliminaOrmai siamo al delirio completo. Ma Giampiero non ha letto la bibliografia del documento di Toso?
RispondiEliminaChe vergogna, adesso anche le minacce. Ma almeno imparassero un po' di grammatica italiana, "diffamare di sfruttare", che roba è? Ah già, loro sono occitani, l'italiano non lo sanno.
RispondiEliminaNon capisco il livore di "anonimo" del 9 ottobre ore 23,33 contro Triora. Mi sembra sia rimasto un po'indietro nel tempo...Le Pro Loco di Triora, Verdeggia e Realdo collaborano attivamente ed insieme organizzano feste ed attività anche culturali. Nel passato, invece, purtroppo esisteva una grande rivalità fra Verdeggia (sempre appartenuta a Triora) e Realdo (già appartenente alla Briga), tanto che scoppiò anche una guerra nel 1673...Ora tanto a Triora che nelle frazioni vivono pochissime persone, autentici sopravissuti, che lottano insieme per non morire.
RispondiEliminaQuanto alle streghe, ovvio che non cavalcassero scope, ma a Triora purtroppo esistettero eccome, duecento vennero accusate e cinque anche condannate al rogo! Basta leggere il Rosi (1898), il Nulli, il Ferraironi, Oddo, Panizza, Bonomo, eccetera eccetera. Oppure, se si vogliono notizie certe, basta recarsi all'Archivio di Stato di Genova dove esistono centinaia di documenti. Lasciamo perdere dunque le streghe (motivo di turismo e di business) e dibattiamo serenamente sull'occitanità del brigasco, con linguisti, storici e politici, lasciando perdere le incomprensioni.
In ultimo, per precisione, vorrei dire che il brigasco non è stato classificato "tout court" occitano, bensì "variante dell'occitano".
posso essermi sbagliato.
RispondiEliminaio lessi sulla vastera di una LEGGE DELLO STATO (ora non ho il numero) che riconosceva l'area di verdeggia e realdo di ambito occitano.
certo, rileggendo l'art. 3 della legge del 99 e' la PROVINCIA che deve fare domanda, pero' non e' stata riconosciuta da una legge questa occitanita'?
se sbaglio, sono disposto a correggermi.
ps: triora ha sempre fatto poco per le frazioni. ha verdeggia ha fatto tutto la proloco e se il paese non e' morto e' opera della PRO LOCO.
a triora nessuna strega e' morta sul rogo o altrimenti anche il museo etnografico dice cavolate (e ferraironi anche).
in quanto allo sfruttamento di convegni di magia e satanisti e loschi individui (halloween) io non ho niente da ridire...a differenza di qualcuno che va a vedere SOLO nelle "tradizioni" degli altri.
cordiali saluti
ps: a verdeggia e non "ha verdeggia". anche gli occitani sanno scrivere. scusate la battitura.
RispondiEliminaps: anch'io nutro dubbi sull'occitanita' di questi dialetti, pero' non capisco perche' ve la prendete con le organizzazioni locali, quando e' a roma (se ho ben capito) che lo hanno stabilito.
che poi le leggi siano una marea di cavolate puo' essere ed e' anche interessante sapere come si formano. visto che ora si parla di lingue ma un domani si parla di sanita' ecc. cose ben piu' pragmatiche!
non sono un linguista. ma il dialetto di valdieri E' BEN DIVERSO dalla lingua di LIMOUX o di carcassonne come dice lei.
RispondiEliminaeppoi perche' sarebbe storicamente provenzale e non linguisticamente?
ho fatto una veloce ricerca internettiana. non ho trovato la legge che credevo esistesse o credevo di aver letto. puo' essere che avevo letto il commento su un giornale (forse non "a vastera").
RispondiEliminanel caso la legge "romana" non esista, la mia polemica contro di voi non ha senso, e chiedo scusa.
sono i fatti o le leggi (in questo caso) che contano. auspico che si giunga ad una pronuncia scientifica sul dialetto brigasco e approvo che il professor toso, senza secondi fini, miri ad accertare la verita', essendo lui uno studioso (sul campo).
le facili ironie pero', tenetele per i catari-templari-graal e sepolcri di cristo vari, che generano si (e meno male per loro) vari giri commerciali. alla faccia della ricerca storica.
vedere link sotto.
cordiali saluti
http://seborga.net/history/indexIT.html
RispondiEliminaL�antico nome di "Castrum Sepulcri" pi� tardi cambiato in "Sepulcri Burgum" dopo in "Seporca" diventa oggi SEBORGA. Seborga era un antico feudo dei Conti di Ventimiglia. Nel 954 il Conte Guido dona questo castello con la chiesa di San Michele di Ventimiglia e gran parte delle sue terre ai monaci di Lerino. Nel 1079, SEBORGA diventa un Principato del Sacro Romano Impero con il suo primo Principe-Monaco investito dal Papa Gregorio VII.
Nel 1118 il Principe-Monaco Edouard nomina i nove Templari (o Cavalieri di San Bernardo) e il Principato di Seborga diventa il primo ed unico Stato sovrano Cistercense della Storia. Nel 1127 i nove Templari ritornano a SEBORGA da Gerusalemme. Li attende San Bernardo (di Chiaravalle) che nomina il primo Grande Capo dei Cavalieri di San Bernardo, Hugues de Paynes. SEBORGA rester� uno stato cistercense fino al gennaio 1729, quando il Principato � venduto a Vittorio Amedeo II Principe di Savoia, Piemonte, Re di Sardegna. Questa transazione tra il Regno di Sardegna e la Casa dei Savoia non � mai stata registrata n� pagata.
Later in 1748, (Treaty of Pi� tardi, nel 1748 (Trattato di Aix La Chapelle) il Principato di SEBORGA non fu annesso alla repubblica di Genova, cos� come nemmeno fu citato durante il Congresso di Vienna nel 1815 come facente parte del Regno di Sardegna ; nessun documento degli Atti di Unificazione dell�Italia nel 1861 fa riferimento al Principato. E ancora pi� tardi, nel 1946, il Principato di Seborga non � considerato parte della Repubblica Italiana.
SOTTO IL SEGNO BIANCO DEI CAVALIERI DI SAN BERNARDO
San Bernardo di Chiaravalle, basso di statura, capelli rossi e ricci, esile e pallido ma con un carattere ostinato, arriva a Seborga nel febbraio 1117 per raggiungere i suoi confratelli Gondemar e Rossal che vi erano stati inviati nel 1113 con il compito di salvaguardare "il Grande Segreto".
A quel tempo regnava il Principe-Monaco Edouard, nato vicino a Tolone, uomo alto di statura e di buon cuore. Nel settembre 1118 consacra i primi nove Cavalieri Templari che formarono il famoso "Povero Esercito di Cristo". Ne facevano parte i Monaci Gondemar e Rossal, Andr� de Montbar, il Conte Hugues I� di Champagne, Hugues de Payens, Payen de MontDidier, Geoffroy de Saint Omer, Archambaud de Saint Amand e Geoffroy Bisol.
Nel novembre 1118 otto di loro partono alla volta di Gerusalemme dove arrivano la mattina del 14 maggio 1119, e sono raggiunti sei anni dopo da Hugues di Champagne lo stesso giorno alla stessa ora.
Informazioni sulla piantina redatta da Genovese Panfilo Vinzoni nel marzo 1752 per la Diocesi di Ventimiglia (dove � conservato il documento). I confini di Seborga con la via del mare sul ponte di Lisia sono chiaramente visibili. Il Principato di Seborga resta localizzato tra il Regno di Sardegna a nord-ovest e la Repubblica di Genova a sud-est.
Cliccare qui per un ingrandimento
I nove Templari tornarono a Seborga nel 1127 la prima domenica dell�Avvento, in occasione del Concilio di Troyes..
San Bernardo li aspettava per poi andare insieme incontro a Padre G�rard de Martigues, che nel 1112 aveva fondato l�Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme oggi Ordine di Malta.
Quel giorno, in presenza di tutti gli abitanti, di 23 Cavalieri e di pi� di 100 milizie, San Bernardo nomina Hugues de Paynes primo Grande Capo dei Cavalieri di San Bernardo.
Fu consacrato dalla spada del Principe-Monaco Edouard.
Lo stesso giorno, fu pronunciato vicino ad un ulivo un giuramento di silenzio tra i Cavalieri di San Bernardo ed il Grande Sacerdote dei C�tari per mantenere e difendere il "Grande Segreto"."
Quindici dei Cavalieri Templari furono anche Principi pro tempore del Principato cistercense di Seborga, tra cui Guillaume da Chartres che mor� a Seborga nel 1219 in seguito a ferite riportate in Terra Santa. L�ultimo Incontro Generale segreto di cui si � a conoscenza fu nel 1611 in presenza del Principe di Seborga Padre C�sario di San Paulo. Per commemorare questo evento si posarono su ogni tetto del Principato 13 tegole recanti la data 1611, le lettere "C.S." e la Croce del Tempio.
All’anonimo del 12/10 ore 20,44 e seguenti.
RispondiEliminaCredo che cominciamo a capirci, e mi fa molto piacere, i suoi interventi mi permettono di chiarire un paio di punti importanti. Anzitutto NESSUNA legge dello Stato stabilisce preventivamente quali aree appartengano a una minoranza linguistica: questo si trova scritto sulla “Vastera” e viene detto ogni tanto dai sostenitori dell’occitanità di Realdo e Verdeggia, ma non è affatto vero. La L.N. 482/1999 sancisce che i comuni propongano, con opportuna documentazione, l’appartenenza dei loro cittadini a una minoranza linguistica, dopo di che la Provincia, con parere motivato, veicola questa dichiarazione allo Stato, che in pratica l’accetta d’ufficio. E’ ciò che è stato fatto per le nostre tre località, e andrebbe tutto bene salvo il non trascurabile particolare che a Realdo, Verdeggia e Olivetta l’occitano non si parla proprio. Da qui la richiesta rivolta alla Provincia: se non è in grado di dimostrare l’occitanità delle tre località, si comporti correttamente e ritiri l’avvallo a tale dichiarazione inesatta, per rispetto nei confronti dei suoi amministrati oltre che della realtà.
A questo punto ripeto che nessuno (o almeno non io) ce l’ha con le associazioni locali, ribadisco la mia stima alla “Vastera” per la sua opera importante di recupero dell’identità locale e dei contatti coi Brigaschi in Francia e in Piemonte, ma non considero corretto che tali iniziative vengano presentate sotto un’egida “occitana”, che è fuori dalla realtà linguistica locale.
Sono poi d’accordo che la legge 482/1999 sia fatta con i piedi, ho già scritto diverse volte su questo argomento, e spero proprio che anche attraverso la revisione della dichiarazione di occitanità dei tre centri imperiesi si apra un dibattito sull’opportunità di rivedere tale legge, anche perché, ripeto, considero essenziale che in Italia e in Liguria si tuteli tutto quanto il patrimonio linguistico tradizionale nel suo insieme, senza creare gerarchie dalle quali nascono equivoci come quello che stiamo discutendo.
Sulla diversità di dialetti imparentati tra loro ci sarebbe da discutere per ore, ma può leggere il primo intervento del collega Werner Forner su questo blog, dà alcune indicazioni precise, riferite a Olivetta, per capire il problema. Per Valdieri, intendevo dire che storicamente vi si parla un dialetto provenzale, come tale meritevole di tutela in base ai criteri della L.N. 482/1999, ma che nell’attualità vi si parla anche il piemontese.
Riguardo alla pronuncia scientifica sul dialetto brigasco (e olivettese), essa è già stata fatta dai maggiori specialisti studiosi dell’area, ossia Dalbera, Forner, Petracco Sicardi e Massajoli, e il carattere ligure dei dialetti in questione è dato per scontato da tutti i linguisti: se dà uno sguardo al mio documento allegato al post troverà tutti i riferimenti bibliografici aggiornati. In ogni caso, se non bastano queste attestazioni, penso che qualsiasi linguista chiamato a valutare la cosa sarebbe in grado di evidenziare l’effettiva appartenenza delle parlate che ci interessano al gruppo ligure alpino.
La ringrazio molto per la stima professionale, creda che non amo impelagarmi in polemiche di questo tipo, ma ci sono casi in cui un linguista degno di questo nome ha il dovere morale di intervenire. Non aggiungo una parola sulla questione della stregoneria e delle smanie templari di Seborga, perché non è materia di mia competenza, anche se, per quanto riguarda Seborga, concordo pienamente con lei.
Un cordiale saluto,
Fiorenzo Toso
Insomma, la cosa è semplice e risolvibile senza danno per nessuno, che il brigasco non sia occitano mi sembra chiaro, che la legge sia stata male interpretata anche, si fa un bel passo indietro da parte delle istituzioni locali e la cosa finisce lì.
RispondiEliminaSì, ma le istituzioni dove sono? Qualcuno le ha viste?
RispondiEliminai seran andaiti a scundise
RispondiEliminascundise o scundirse?
RispondiEliminaa Ventemia se dije scundise ma se tü ti diji scundirse va ben paregliu, nu?
RispondiEliminail professor toso, immagino giustamente, ritiene che a valdieri pochi parlino il provenzale del luogo e si sia adottato il piemontese.
RispondiEliminala stessa cosa e' per il dialetto di verdeggia. pochi lo parlano mentre con i furesti si parla il ligure se non l'italiano.
per ligure intendo un dialetto che pur con varie sfumature e' similare:sia che si tratti di imperiese, sanremasco o ventimigliese.
continuo a rimanere perplesso dell'occitanita' di valdieri se rapportata alla lingua d'oc provenzale.
come d'altronde lo posso essere per il realdese rispetto al provenzale. ma anche al ligure!
i dialetti liguri sono strascicati, cantilenanti. il brigasco e' secco e pieno di termini singolari: loch il y a (cosa c'e'?); fea (pecora) in ligure (pegura). la roncola si dice puera (in occ.poero).
comunque resto in attesa di vedere come va la faccenda perche' pur parteggiando per i brigaschi non mi piace esser parente degli occitani della catalogna (ad es.).
ad altri piu' titolati l'analisi ed alla politica il verdetto (purtroppo).
sia come sia il brigasco sparira' piu' velocemente del ligure, e quindi avrebbe bisogno di piu' urgente tutela. senza pero', concordo, attribuirsi eventuali false patenti.
Guardi che "loche"- "féa" e "puèia o puéira" sono termini tranquillamente liguri di ponente delle valli Argentina, Armea ed altre........!! Tra le varianti liguri ponentine ce n' è di piu' cantilenanti come pure di piu' secche. Non condivido affatto il definirli "strascicati".....che significa??? La tutela la si cerchi tra i propri affini, che sono LIGURI. Tenda, per esempio non averebbe problemi : è di parlata marcatamente ligure. E li' a tre kilometri la parlata diventerebbe occitana...?
EliminaPer anonimo del 14/10 ore 11,51
RispondiEliminaLei dice benissimo, tutte queste comunità sono storicamente interessate a fenomeni di plurilinugismo, è ed era cosa comune parlare almeno due o tre lingue o dialetti, del resto se si voleva avere dei rapporti col resto del mondo una parlata strettamente locale sarebbe servita a poco. Il carattere “occitano” del dialetto di Valdieri non va rapportato a un paragone col dialetto della Provenza, possono esserci differenze anche notevoli all’interno di un gruppo linguistico, ed è lo stesso caso del brigasco rispetto agli altri dialetti liguri, come ha chiarito bene Forner in uno dei suoi interventi su questo blog. L’appartenenza del brigasco al tipo ligure alpino resta comunque evidente per motivi fonetici, morfologici, sintattici e lessicali che ho cercato di riassumere in parte nello scritto che è allegato al post. Non possiamo basarci su singoli esempi, occorre una visione d’insieme, ma del resto debbo dire che sia fea che puera, per lo meno, sono voci largamente diffuse in tutta la Liguria centro-occidentale (puera in tutta la Liguria fino alla Spezia), e sono comuni anhce al provenzale, ma non esclusive di quest’ultimo dialetto. Anch’io, se non si fosse capito, parteggio per i brigaschi, spero proprio che si capisca che questa faccenda della loro “occitanizzazione” danneggia prima di tutto loro. Sulla tutela, lo ripeto, sarebbe utile e opportuna una qualche forma di tutela per tutti i dialetti e tutte le forme di espressione tradizionale, senza gerarchie e senza distinguo: sono tutti elementi fondamentali della nostra cultura.
Un cordiale saluto, FT