Dai blogger di sinistra, che non hanno il bollino ma lo si vede da quello che scrivono, avrei preferito qualcosa di più. Si sono fermati allo sdegno e dintorni. Sarebbe invece stata una bella occasione per dire quello che pensano della nostra bandiera, o anche di tutte le bandiere, e visto che il tutto era stato generato da un insulto all'inno di Mameli anche questo poteva innescare una bella discussione.
Ho partecipato a non so quante manifestazione di sinistra. Di bandiere italiane non ne ho mai viste, solo rosse. E in quanto all'inno nazionale figuriamoci, in quei cortei sarebbe suonato ironico o addirittura avrebbe potuto passare per una provocazione.
Viceversa le manifestazioni di destra erano proprio riconoscibili per lo sventolio dei tricolori, e in mezzo alle canzonacce del Ventennio spesso spuntava anche l'inno di Mameli. Del resto la fiamma del Movimento Sociale era appunto tricolore.
Queste contrapposizioni frontali di massa non esistono quasi più, e devo anche dire che l'atteggiamento verso l'inno e la bandiera da parte della sinistra è cambiato. Dall'indifferenza si è passati a una più o meno debole condiscendenza a seconda della collocazione politica.
Qualcuno mi saprebbe dare una spiegazioni e magari anche dire se si sente rappresentato da questa bandiera e da questo inno? Se in sostanza il sentirsi italiano, e uno può anche non sentirsi, ha a che fare con questi due simboli oppure dipende da altre cose.
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Non mi sono mai piaciuti i confini e quando una bandiera ed un inno rappresentano quel confine, dove "non passa lo straniero", beh ... no, non mi sento rappresentato.
RispondiEliminaMi sentirei rappresentato da una bandiera che simboleggiasse una nazione, con confini aperti allo scambio culturale e da inno che cantasse di pace e libertà.
In tutta onesta, non mi sembra questo il caso del tricolore e dell'inno nazionale italiano.
Sono pienamente d'accordo. Quante volte ci si è scannati per la bandiera.
RispondiEliminaNon mi piacciono le parole dell'inno, neanche la musica ad essere sincero.
RispondiEliminaLa bandiera non lo mai visto come un simbolo in cui immedesimarmi, al massimo può indicare da quale zona del pianeta arrivo.
Quello che mi ha dato fastidio del gesto di bossi e che io ci leggo sempre qualcosa del genere: " Noi padani siamo migliori di voi e prima o poi si farà come vogliamo noi.."
Ecco io nelle dichiarazioni di bossi vedo sempre il disprezzo che prova verso una parte di cittadini..
Sul galantuomo Bossi e il suo modo di porsi ho già scritto abbastanza...
RispondiEliminaInvece per me sia l'inno che la bandiera hanno valore perchè li vedo come simboli del popolo italiano e del sentimento nazionale.So bene che non solo i simboli fanno l'Italia o l'italiano ma danno un senso di appartenenza. Sono simboli del nostro Risorgimento: l'inno di Mameli si appella ai Fratelli d'italia e invoca un'Italia libera e unita(anche se con parole più o meno condivisibili ma vanno contestualizzate al momento storico).Altrettanto il tricolore verde speranza come le piane,bianco come la fede e le cime innevate e rosso passione come il sangue di chi credette nella nostra nazione.
Altri fatti e fenomeni storici si son succeduti e sono variamente interpretabili...ma questi per me sono i simboli di un popolo che ha lottato per la sua unità e libertà e non rappresentano nè chiusura a culture diverse nè confine
mi sento cittadino del mondo imprigionato nei legacci delle prepotenti sorvegliocrazie.
RispondiEliminanessuna bandiera nessuna nazione non sarà un simbolo a farmi da padrone
D'accordo con crocco. Le simbologie nazionali hanno sempre scavato crepe tra razze, religioni, e hanno incrementato l'ideologia dell'appartenenza. Un essere umano "libero" dovrebbe avere una qualità superiore che lo tenga lontano da questa ideologia e non fare come Linus che senza la sua coperta andava in tilt.
RispondiEliminaNo, non mi sento granchè rappresentato da questa bandiera e forse da nessuna, meno che mai da qualsivoglia inno nazionalistico.
RispondiEliminaMi commuovo a sentire Bella Ciao, mi piacerebbe (ma ne sono ben conscio che così non é) che quello fosse un inno che ci unificasse tutti sotto gli ideali della libertà.
D'altronde l'italiano medio odia i francesi, che guarda caso si emozionano alle parole della Marsigliese...
a me piacciono le bandiere, sono simboli immediatamente riconoscibili del paese di appartenenza, così visivamente mi piacciono la bandiera canadese, quella brasialiana, quella finlandese
RispondiEliminail nostro inno nazionale non è un granchè però ammetto che sentirlo cantare in certe occasioni mi fa venire il groppo in gola, sicuramente più legato alle occasioni che all'inno,
ho una bandiera sulla finestra che dà sulla strada, ormai è anche un po' invecchiata: è la bandiera della pace
non mi sento poi così rappresentata ...in questomomento poi
ma bossi la deve far finita, ieri in aula sono stata proprio i leghisti a protestare contro i tagli ai benefit ai deputati!!!
i sacrifici loro non li vogliono fare e poi dicono ladroni a noi
Ho un ricordo indelebile: il presidente Pertini, ad Imperia, che bacia la nostra bandiera. E conservo come una reliquia il fazzoletto tricolore di mio padre, partigiano garibaldino. Il nostro inno mi emoziona sempre. Lo canto ogni 25 aprile. L'ho urlato in una notte del febbraio 2006. A Torino sotto una nevicata che ve la raccomando. Insieme a una folla felice. Perchè i nostri quattro ragazzi del fondo avevano appena ricevuto la medaglia d'oro olimpica. E poi piace molto alla mia piccola Virginia... Brava skip.
RispondiEliminaChe l'italiano medio odii i francesi non so se sia vero. Non lo è per me e per i molti comuni italiani (compreso il mio) gemellati con altri d'Oltralpe. I leghisti, sì, ce l'hanno con la Francia, a cominciare da Napoleone. Ma non so se i leghisti rappresentino l'italiano medio. Gli inni nazionali, in genere, hanno valenze emotive che vanno aldilà delle lolo parole - spesso poco intelligenti, oppure storicamente obsolete. Gli stessi francesi si rendono conto che dove la Marsigliese dice "Marciamo, marciamo, che un sangue impuro innaffi i nostri solchi" dice qualcosa di abnorme. Come la Vittoria che Iddio creò schiava di Roma, o il "Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò". Ricordo di aver letto nei diari di José Saramago (scrittore portoghese dichiaratamente "con un ormone comunista nel sangue", e che ha scelto di vivere alle Canarie) che un giorno, cliccando su un computer la scheda del Portogallo e sentendo le note dell'inno nazionale, ancorché deformate dalla riproduzione elettronica, si è sentito bruciare gli occhi di commozione. Voler bene al propio Paese non è un problema di nazionalismo; personalente, non mi sento affatto nazionalista. Sto leggendo un bel libro, “Le rôdeur des confins” (“Il vagabondo dei confini”), di Kenneth White (premio Grinzane Biamonti di quest'anno), un signore scozzese che vive in Bretagna e scrive in una bella prosa francese. Sul libro mi ha fatto una dedica: “di territorio in territorio, il mondo che si apre”. Ecco, è piuttosto un discorso di dignità e di amore per le proprie radici, per il proprio territorio, per la propria cultura – un amore allegro, gioioso, non un attaccamento rabbioso – che ci consente di rapportarci positivamente con gli altri territori e le altre culture. Senza dimenticare che le integrazioni - come quella che stiamo affrontando in questi anni - debbono avvenire in uno Stato, con delle leggi, dei principi e una lingua. Uno Stato dove le regole – diritti, doveri, opportunità – devono valere, allo stesso modo, per tutti. Non possiamo esigere da chi arriva il rispetto per le leggi e per le regole e la conoscenza della lingua, se siamo noi i primi a non rispettare leggi e regole e a maltrattare la nostra lingua. Nell’amministrazione (pubblica) in cui lavoro, una volta si doveva comprare una scrivania e si è deciso l’acquisto di una “workstation”. E così ci si imbatte sistematicamente nei vari “layout”, “check list”, “screening” e via dicendo. Trovo che questo sia assolutamente ridicolo. Come mettersi la mano sul cuore, all'americana, ascoltando l'inno nazionale. Da noi non si è mai fatto; ci si è sempre messi sull'attenti: non vedo perché cambiare adesso, come non vedo perchè chiamare "workstation" una semplice scrivania. Ecco la contraddizione della convivenza tra (presunto) nazionalismo della Destra ed americofilia.
RispondiEliminaVa detto, però, che anche ai comizi di Veltroni c'era la bandiera italiana, e alla fine si cantava l'inno nazionale... Certo, non con la mano sul cuore, per fortuna.
a me piace la nostra bandiera ed anche il nostro inno! certo, le parole sono un pochino "obsolete", ma giustamente bisogna pensarle nel contesto in cui sono nate. D'altra parte, non è che gli altri inni siano tutti attualissimi! Per il fatto che mi piace sia bandiera sia inno, non mi sento affatto chiusa, o peggio nazionalista. Semplicemente, mi identifica con un popolo, forse non completamente omogeneo, ma con cui ho in comune un percorso storico.
RispondiEliminaps. io comunque ogni 25 aprile espongo ai miei balconi in contemporanea la bandiera italiana e la bandiera della pace.
pps. e si ricordi, il "buon" bossi, che ha giurato fedeltà alla costituzione e alla bandiera ITALIANA.
La musica dell'inno mi fa pena. È una marcetta insulsa. Le parole sono datate e retoriche (ma questo si può dire di molti inni) e circa la bandiera, ahimè, per quanto l'accostamento di colori mi piaccia, non riesco a non associarla ai lati più deludenti dell'italianità più crassa. Il servilismo verso i potenti (dentro e fuori casa) l'approssimazione nel fare ogni cosa, il campanilismo verso i fenomeni italiani più inutili e l'esterofilia verso le peggio cazzate che vengono da fuori, il volemosebbene peloso, il clientelismo più spinto e soprattutto il continuo vantarsi di un passato morto e sepolto.
RispondiEliminaIl problema non sono la bandiera o l'inno, il problema è cosa è divenuta l'Italia...
Sulle sole bandiere rosse alle manifestazioni: non devo certo ricordarit che la sinistra è sempre stata internazionalista e lo stato-nazione era considerato "il veccho" quando eravamo piccoli (o meglio "in formazione" dato che allora una formazione in qualche modo ti veniva data).
RispondiEliminaSul sentirsi rappresentati: a parte le facili emotività calcistiche, che comprendono anche le "bandierine" di campanile e non solo il tricolore, resta poco o meglio credo che il simbolo non abbia un fondamento nel pensiero sociale medio.
Il problema, almeno per me, è che, malgrado tutte le magagne di questo paese, l'italia rimane uno dei posti migliori del mondo in cui vivere (per quanto ancora?). Ammetto che al mio giudizio concorrono la mia nota pigrizia ed un certo spirito mammone .....