Il molo del costruendo porticciolo di Ospedaletti
Questo pomeriggio avrei in mente di fare una domanda ad Antonio Tabucchi che al teatro dell’Opera del Casinò di Sanremo incontrerà i suoi lettori. La domanda è semplice. Che mi spieghi cosa intendeva esattamente per "rimorso", così lo ha definito nell'intervista uscita mercoledì su Repubblica, il sentimento che prova cioè nel vedere il degrado, in ogni senso, a cui è arrivata questa nostra Repubblica.
E se non sarà questo pomeriggio, la domanda intendo, sarà domani, quando lo scrittore, sempre a Sanremo a Villa Nobel riceverà il premio "Frontiere-Biamonti".
Francesco Biamonti, che ha cantato con versi in prosa questa terra della Liguria occidentale come nessuno mai, continuò (sulla scia di Italo Calvino, che nel 1956 già denunciava l'incipit del degrado di Sanremo nel romanzo "La speculazione edilizia") a denunciare lo sfascio del fragile territorio ad opera dei pescecani del cemento e di politici venduti e comprati, destra e sinistra.
Ieri, assieme all'amico Gian Paolo Lanteri, sono stato in un dolcissimo paese a ridosso del mare, che Francesco aveva descritto e da cui si gode ormai l'orrido panorama della cava di fronte, e quando tira vento la polvere della terra offesa penetra in ogni dove.
I massi estratti non servono per opere di primaria necessità ma per i moli dei porticcioli che stanno crescendo come funghi a settembre nelle annate buone e rappresentano l'ultima trovata di speculatori famelici. Dopo avere azzannato l'esigua striscia di terra tra il mare e le colline, e poi le stesse colline, non sapevano più dove attaccarsi. Così si sono inventati questi porticcioli, anche il più piccolo borgo marinaro deve averne uno, con annessi appartamenti, negozi, e via dicendo, spesso senza nessuna infrastruttura tanto che intaseranno ancora di più la già trafficatissima Aurelia. E tutto ciò non farà progredire di un virgola l'economia di una regione sempre più in crisi. In compenso farà incassare vagonate di euri a questi signori e qualche briciola cadrà loro dall'infame desco in questo periodo di campagne elettorali. Che squallore.
Civezza. Che volete di più? Paese in mezzo agli ulivi e alto sul mare; per arrivarvi si passa in una sinfonia di tronchi di rami; l'orizzonte si apre, oltre che sul mare, su altri paesi dai nomi bellissimi, Pietrabruna, Boscomare, su crinali che se ne vanno lontano, come melodie su flutti d'argento; le case e le piazzette sono antiche, di un'intimità raggrumata nel vento. C'è un che di sospeso, di dolce, di lieve, una vertigine che viene dalla luce in ascesa.
Più su del paese, più su degli ulivi si stende la macchia mediterranea con strade polverose e chiese e sentieri e ovili rosi dai cespugli. La grazia, che sotto era fragile, si fa rude, si accorda fuori del tempo alla forza del mare.
Poiché le prime alture, bisogna pur dirlo, sono le più indifese, di un equilibrio che se si tocca si rompe. Collocata su un costone, arenatavi come una barca, Civezza è fragile e leggera, una nuvola che vi si accosti sembra trascinarla.
Basta un palazzo sghembo per offenderla, e una macchina che passi in un vicolo disturba i morti. E' un paese che ha bisogno di vivere intatto come un ricordo. Di che sia frutto questa bellezza rimane un mistero: vicoli e cascate di ulivi non bastano a spiegarlo. Che venga dal fatto che ha, sotto, la luce instabile del mare e, sopra, quella più ferma di un paesaggio montano? "
Francesco Biamonti ( Scritti e parlati p.156)
Più su del paese, più su degli ulivi si stende la macchia mediterranea con strade polverose e chiese e sentieri e ovili rosi dai cespugli. La grazia, che sotto era fragile, si fa rude, si accorda fuori del tempo alla forza del mare.
Poiché le prime alture, bisogna pur dirlo, sono le più indifese, di un equilibrio che se si tocca si rompe. Collocata su un costone, arenatavi come una barca, Civezza è fragile e leggera, una nuvola che vi si accosti sembra trascinarla.
Basta un palazzo sghembo per offenderla, e una macchina che passi in un vicolo disturba i morti. E' un paese che ha bisogno di vivere intatto come un ricordo. Di che sia frutto questa bellezza rimane un mistero: vicoli e cascate di ulivi non bastano a spiegarlo. Che venga dal fatto che ha, sotto, la luce instabile del mare e, sopra, quella più ferma di un paesaggio montano? "
Francesco Biamonti ( Scritti e parlati p.156)
Domenica poi a San Biagio della Cima, verrà consegnato al caro amico Marino Magliani il premio "Frontiere – Biamonti, Pagine sulla Liguria" con il romanzo "La tana degli alberibelli" (Longanesi, 2009), ambientato in Liguria, in queste terre di ponente.
Gli alberi che vedete in basso sono un uliveto. Chissà che fine farà.
Della speculazione edilizia in Liguria parlai QUI, recensendo il libro di Marco Preve e Ferruccio Sansa "Il partito del cemento" edito da Chiarelettere con la prefazione di Marco Travaglio.
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E la bruttura che possiamo ben vedere dalle immagini non e' che la punta dell'iceberg del problema della cementificazione.
RispondiEliminaIo non vorrei rimorsi e nel mio piccolo (per ora) cerco di salvare la Repubblica dal degrado, in ogni senso.
Ciao
Sembra che per far andare avanti questo Paese si siano solo le Opere, grandi e piccole. Le piccole opere sono però delle operette. Come quelle cui si assiste ogni giorno. Il fondo, tuttavia, è tragico. Stiamo consumando il nostro ambiente, infliggendogli danni irreversibili. Spero che quel'uliveto della foto si salvi, ma il problema è più generale. La Liguria dovrebbe essere lasciata fruire a chi la ama, non a chi la vuol scempiare in cambio di denaro - quando avranno il denaro ma non più la Liguria, cosa faranno?
RispondiEliminaIl degrado che hai fotografato è lo specchio del degrado morale degli avidi che vendono e comprano qualsiasi cosa, ma soprattutto dei leccaculo che affollano le anticamere dei ricchi, illudendosi di averne un tornaconto personale.
RispondiEliminaIl servilismo che non hai potuto fotografare è un male ancora peggiore. Quanta bava intorno a quegli scavi e a quelle pietre!
la speculazione edilizia di calvino, bellissimo.
RispondiEliminaforse il rimorso è il sentimento di chi sente di non aver fatto abbastanza, anche se forse lo ha fatto come persona, ma non come appartenente alla collettività.
per quanto facciamo come singoli, abbiamo una corresponsabilità di stirpe.
Caro Alberto, lo scempio visto in fotografia, che concentra lo sguardo, se possibile fa ancor più rabbrividire. E nella mente le parole di quei cittadini che han provato ad opporsi, trovandosi di fronte a forze occulte che finora sono riuscite a prevalere.
RispondiEliminaMi auguro che la tua denuncia sia raccolta da qualcuno.
Saluti
cher Alberto sai quanto la nostra Liguria di Ponente sia stata massacrata senza che nessuna forza politica abbia detto niente! colate di cemento, porti immensi a Loano, Imperia lo scalo privato più capiente del Mediterraneo, S. Lorenzo, Riva S.Stefano, Taggia, " porti a Sanremo, Ospedaletti ex novo, Bordighera da ampliare ed infine Ventimiglia come ciliegina sulla torta. Cinque anni di governo di centro sinistra cosa hanno significato in merito? Niente! il Partito del cemento che ha trasformato per sempre l'oreografia del Ponente ligure, senza dimenticare le forti mareggiate che hanno letteralmente cancellato tratti di spiaggia, vedi Alassio e Laigueglia, questo disastro ambientale trova spazio politico e consenso bipartisan. Burlando non è migliore di Biasotti, la stessa faccia della medesima medaglia.
RispondiEliminaBaruffa
La prosa-lirica di Biamonti dà sempre i brividi, specchio di una sensibilità senza pari nel cogliere questo Ponente.
RispondiEliminaSiamo stanchi, stufi, schifati, angosciati da quello che da troppo tempo oramai stanno combinando a questa regione e se si "alzalatesta" sono guai seri.
Si potrebbe fare ancora molto per gli uliveti, si potrebbero recuperare le economie locali, se si volesse, ma conviene di più speculare.
Sogno ancora le spiagge senza stabilimenti, soffrivo già quarant'anni fa quando cominciavano a portare nel mare i massi con cui formavano gli "isolotti" dopo averli estratti dagli scavi per costruire i palazzi: quelle pietre non c'entravano nulla col mare, con le spiagge, la natura era già profanata. A Riva ligure le avevano riversate completamente sulla spiaggia ai tempi di Teardo tanto che oggi giorno ti puoi coricare solo su di essi: non c'è più un palmo di spiaggia.
Che tristezza.
Credo che ognuno di noi possa citare un luogo e invitare a visitarlo perima che scompaia.
RispondiEliminaQuelle immagini che hai postato sono un pugno nello sterno Alberto.
Fagliela quella domanda, ma chiedigli dov'era quando si approvava un "omicidio programmato" del nostro territorio.
Buona serata
Ciao alberto, intanto complimenti perchè la cura nella scelta degli argomenti, spesso veri scoop, la qualità dei tuoi scritti e delle fotografie fanno dei tuoi post sempre dei piccoli gioielli. ma basta con i complimenti. la storia delle cave è davvero simbolica. è il segno di una dilatazione schizofrenica della Liguria. ne prendiamo un pezzo lì e lo spostiamo laggiù sul mare, creando una doppia devastazione: sui monti e sulla costa. un risultato che neppure i palazzinari di calvino e biamonti avrebbero immaginato.
RispondiEliminaun saluto, marco preve
" per millenni gli abitanti di quei paesi e di Civezza in particolare ( e io tra gli ultimi ammiratori ) hanno visto, come ha scritto Francesco -per merito di Elio Roggeri che glielo aveva chiesto- , " ... l' orizzonte [che] si apre, oltre che sul mare, su altri paesi dai nomi bellissimi, Pietrabruna, Boscomare, su crinali che se ne vanno lontano, come melodie su flutti d' argento; ..... " . Un orizzonte di incontaminati crinali così come erano solo pochi mesi orsono non lo vedranno più i figli i nipoti le genti che verranno ... E' un dolore 'fisico' oltre che 'estetico' che si prova. Ma come faranno coloro che si accingono a sconvolgere in tale modo il paesaggio a dormire sonni tranquilli ? E coloro che li hanno autorizzati ? L' avere segnalato, prima che arrivasse, questo scempio ( probabilmente con chissà quanti altri che hanno previsto come me ? ) non mi mette l' animo in pace ... Ma che si possa accettare 'passivamente' che la bellezza e la civiltà della vostra ( nostra) Liguria venga così irrimediabilmente distrutta è un segnale che siamo già pronti, come la rana nell' acqua che giunge a bollore lentamente, ad accettare qualsivoglia 'delitto' girando la testa dall' altra parte. Ringrazio sentitamente per l'esemplare, vibrata, 'fotografata' denuncia di Alberto.
RispondiEliminagrande post alberto, davvero grande
RispondiEliminaun saluto
Quoto Tina, 100%...
RispondiEliminaA vedere queste immagini e leggere queste parole ci si sente di una impotenza desolante. Fagliela quella domanda, fagliela anche da parte mia!?!
RispondiEliminaFrancesco Biamonti camminava e, insieme, scrutava. Fermasse il passo sul ciglio di una curva secca dalle ginestre sparute, entrasse in un bar del centro, prendesse una bottiglia in cantina e un'albanella, tollerasse un po' di mondanità, Francesco scrutava. Le cose del mondo piccolo, che per lui era una cosa sola col grande, una volta passategli dentro divenivano trama. Il senso della bellezza certo non gli mancava. Aveva i suoi colori (il marrone non gli piaceva e mi faceva strano) e i suoi suoni (gli piaceva quello del silenzio ma non mi stupiva il suo affetto per il vociare d'osteria). Anche la bellezza del ricordo e la trasognata, a tratti struggente, nostalgia del futuro facevano delle sue pagine cose per cui il lettore più lontano avrebbe voluto essergli amico, essere della sua stessa terra. E così quella sua terra diventava naturalmente la terra di tutti quelli che l'ascoltavano. Gli piacevano i nomi dei paesi almeno quanto i paesi stessi. Le cose vivono per come si chiamano. Anche per questo certi nomi duri, austeri, mal s'accordavano con certa frivolezza, se non imbecillità, della riviera. Il senso della bellezza non apparteneva però a Francesco per sola dinamica intellettuale. Essa aveva le proprie radici nel modo contadino; quello, per intenderci, del primato della misura. Nulla di più lontano, dallo scrittore e dall'uomo, di uno snobistico diprezzo per l'umana attività; ma quando il lavoro, l'arricchimento perdono la loro umanità, diventano speculazione non curante, rovina, ecco che Francesco non poteva tacere...
RispondiEliminaHai ragione, Alberto, non poteva tacere e così, come torre antica, baluardo, le sue poche, precise, bellissime parole...
mdc
Ciao Tolli...
RispondiEliminaNatura ed arte sono le due uniche vere ricchezze del nostro Paese. E' sconfortante vedere quanto ci si dia da fare per annientare entrambe...
RispondiElimina(qui un esempio a me particolarmente vicino)
Ieri ho visto il bel film di Giorgio Diritti (già autore del notevole "Il vento fa il suo giro") "L'uomo che verrà". Quando le persone non hanno nessuna compassione delle altre persone, come si può pensare che ne abbiano per la natura e l'ambiente?
RispondiEliminaIl commento è quello di uno degli ufficiali tedeschi del film di Diritti: "Siamo quello che hanno fatto di noi, siamo come ci hanno educati ad essere". Purtroppo c'è tanto di vero, in quelle parole, aldilà del cinismo dell'ufficiale.