Veniva in Via Sottoconvento alla Camera del Lavoro di Ventimiglia quasi ogni sera. Almeno, credo fosse una abitudine, perché io lo incontrai sì e no una decina di volte. Era estate e Marina Lanteri, che si occupava di vertenze, me lo presentò poco a poco. E, in poco, Elio Lanteri mi offrì qualche pastis parlandomi di Spagna e di letteratura. Aveva saputo dei miei studi di lettere ma subito intuì che ero un ragazzo di poche letture classiche e ripetute, così rinunciò a parlare di tutte le letture del mondo ch'eran sue e si contentò di dir qualcosa di politica che, al tempo, pare m'interessasse di più. Era socialista, avevamo qualcosa da dirci. La banalità di dire che per trent'anni o quasi non ci siam più visti è per me troppo emozionante per tacerla. Lo scorso autunno sono stato invitato a consegnare a lui e al pittore Barbadirame un premio presso il Centro polivalente "Le Rose" di San Biagio della Cima, più vicino alla Francia che a Imperia. E anche a dire qualche parola sul suo libro La ballata della piccola piazza. Ora che anch'io ho i capelli bianchi. Ho incominciato così:
Settembre: nella valle s'incrociano due venti. Quello freddo del nord, superati gli alti valichi, si getta a capofitto nella vallata portando con sé i primi tordi. Il fumo delle delle stoppie non fa più arco verso i monti, ora accompagna il fiume e scende alla foce, raggiunge il mare e ne increspa le onde, corre a sud e si disperde al largo. Stracci di nubi percorrono la valle, corrono lenzuola d'ombra tra i lentischi.
Ho cominciato cioè con il suo incipit, ancora a restituirgli tutta la voglia di letteratura che non gli corrisposi. Il libro per caso l'avevo già da qualche settimana. Me lo aveva regalato nel sole forte di una birra fredda il mio amico Calogero Pidone, detto Lillo; con una bella dedica: Per quella forza che ci fa andare a vedere cosa c'è dietro la collina
Giovedì, verso sera, in un locale nuovo del mio paese prendevo una sorta d'aperitivo d'inverno; c'erano di mezzo la capra e i fagioli. L'anno precedente gli organizzatori di San Biagio avevano conferito i premi sotto il il rigo de I tempi delle capre. Del resto, Elio, nelle sue pagine, aveva trascurato gli olivi per i pastori, anche. (Lo ha ben sottolineato Magliani nella prefazione) Quella stessa sera ho lasciato scritto su una pubblicità da banco dell' "Olio Colto" una cosa così:
e il pastore trasognava di vegliare tra le gambe della Luna.
Non sapevo che in quelle stesse ore lui stesse cambiando temperatura... La dedico a Elio Lanteri che, in pari data, ha lasciato infine questa nostra democrazia dei vivi. Penso, ma è irrilevante, con tranquillità.
Non poteva scegliersi epigrafe migliore della “Balada de la placeta”.
RispondiEliminaUn saluto a Adriana e a tutti gli amici di Elio,
RispondiEliminamarino
Condoglianze a tutti i suoi cari.
RispondiEliminaQuando ci dicevi "Fumiamocene una". Adios, hombre!
RispondiEliminaMitico Elio...
RispondiEliminaBuon viaggio, Elio. Se incontri Sami, raccontagli una storia.
RispondiEliminaVeniva in Via Sottoconvento alla Camera del Lavoro di Ventimiglia quasi ogni sera. Almeno, credo fosse una abitudine, perché io lo incontrai sì e no una decina di volte. Era estate e Marina Lanteri, che si occupava di vertenze, me lo presentò poco a poco. E, in poco, Elio Lanteri mi offrì qualche pastis parlandomi di Spagna e di letteratura. Aveva saputo dei miei studi di lettere ma subito intuì che ero un ragazzo di poche letture classiche e ripetute, così rinunciò a parlare di tutte le letture del mondo ch'eran sue e si contentò di dir qualcosa di politica che, al tempo, pare m'interessasse di più. Era socialista, avevamo qualcosa da dirci.
RispondiEliminaLa banalità di dire che per trent'anni o quasi non ci siam più visti è per me troppo emozionante per tacerla.
Lo scorso autunno sono stato invitato a consegnare a lui e al pittore Barbadirame un premio presso il Centro polivalente "Le Rose" di San Biagio della Cima, più vicino alla Francia che a Imperia. E anche a dire qualche parola sul suo libro La ballata della piccola piazza. Ora che anch'io ho i capelli bianchi.
Ho incominciato così:
Settembre: nella valle s'incrociano due venti.
Quello freddo del nord, superati gli alti valichi, si getta a capofitto nella vallata portando con sé i primi tordi.
Il fumo delle delle stoppie non fa più arco verso i monti, ora accompagna il fiume e scende alla foce, raggiunge il mare e ne increspa le onde, corre a sud e si disperde al largo.
Stracci di nubi percorrono la valle, corrono lenzuola d'ombra tra i lentischi.
Ho cominciato cioè con il suo incipit, ancora a restituirgli tutta la voglia di letteratura che non gli corrisposi.
Il libro per caso l'avevo già da qualche settimana. Me lo aveva regalato nel sole forte di una birra fredda il mio amico Calogero Pidone, detto Lillo; con una bella dedica:
Per quella forza che
ci fa andare a vedere
cosa c'è dietro la collina
Giovedì, verso sera, in un locale nuovo del mio paese prendevo una sorta d'aperitivo d'inverno; c'erano di mezzo la capra e i fagioli.
L'anno precedente gli organizzatori di San Biagio avevano conferito i premi sotto il il rigo de I tempi delle capre.
Del resto, Elio, nelle sue pagine, aveva trascurato gli olivi per i pastori, anche.
(Lo ha ben sottolineato Magliani nella prefazione)
Quella stessa sera ho lasciato scritto su una pubblicità da banco dell' "Olio Colto" una cosa così:
e il pastore trasognava
di vegliare
tra le gambe della Luna.
Non sapevo che in quelle stesse ore lui stesse cambiando temperatura...
La dedico a Elio Lanteri che, in pari data, ha lasciato infine questa nostra democrazia dei vivi.
Penso, ma è irrilevante, con tranquillità.
Un saluto, Elio.
RispondiElimina