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mercoledì 10 dicembre 2008

Sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

DIARIO DA KABUL
di
Alberto Cairo
alberto cairoL'anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è stato annunciato da radio e tv anche a Kabul. Poiché nessuno dei lavoratori del centro di riabilitazione, anche i più istruiti, sapeva cosa fossero, ho chiamato un esperto a spiegare. Ora mi trovo al reparto accettazione: trenta i pazienti in attesa di essere registrati. Col numero ciascuno avrà un piano di trattamento. I più fortunati anche un impiego, qualcuno imparerà un mestiere, altri torneranno a scuola.

Per molti, ahimè, potremo fare ben poco.
Oggi però, una novità, un esercizio consigliato dall'esperto: dare ai pazienti un secondo numero. Non un voto, ma quello dell'articolo della Dichiarazione violata.

Si parte con Nik e Jakùb, vittime di mine anti-uomo: articolo 3, diritto alla sicurezza della persona. Stesso numero per Lailà, ferita dalle bombe americane durante un matrimonio. Ecco Naim, viso orientale, etnia hazarà, la più strapazzata del Paese. Dimostra quindici anni, ha un piede torto. In Europa si cura alla nascita. Ora ci vorrà un'operazione e tre mesi di gesso.

A Jalal invece il 9, l'articolo che vieta l'arresto arbitrario: ha la protesi a pezzi, rotta in carcere. Ce l'hanno messo al posto del fratello accusato di un furto per forzarlo a costituirsi. Minà ha orrende detrazioni della pelle su braccia e collo. Data in sposa per saldare una faida familiare, si è cosparsa di benzina e data fuoco.

L'esercizio si fa pensoso, ma andiamo avanti. Marùf, vecchia conoscenza, vuole la sesta protesi: 19, diritto di opinione: perché anticomunista, al tempo dei russi ha passato in carcere una vita. Là, per le botte ha perso la gamba.

5 a Wassè: accusato di furto, anni fa i Taliban gli hanno amputato mano destra e gamba sinistra. Arriva Simà, la schiena a pezzi, sorretta dai figli, dei bambini. A loro, che non vanno a scuola per mantenere la madre vedova, 26, diritto all'istruzione. Faisal, 23, diritto alla sicurezza sul lavoro ed a un equo compenso: in Iran, clandestino è caduto da un'impalcatura malferma. Paralizzato.

Su trenta pazienti sedici hanno un secondo numero. Penso ai commenti al primo articolo. Tutti d'accordo sul «nati liberi e gli uguali diritti», hanno riso per lo «spirito di fratellanza» che dovrebbe regolare le azioni fra persone. «In Afghanistan, sei fratello in casa o con quelli del clan. Devi, se non vuoi essere schiacciato. Il resto è lotta ovunque». L'entusiasmo all'arrivo degli stranieri, cacciati i Taliban, è sparito assieme al sogno di un Paese senza etnie e fazioni. «Se il primo articolo è calpestato, chi rispetterà gli altri?»

Alberto Cairo lavora al Progetto ortopedico della Croce Rossa in Afghanistan.


14 commenti:

  1. Quanta strada da percorrere perchè quei diritti non rimangano solo sulla carta. :-(

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  2. Il primo è quello che conta, ma sono solo parole. Il resto è sangue.

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  3. Restiamo desti e vigili, per dare voce a chi non ne ha la possibilità, o la forza.

    Per loro. Ed anche per noi.

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  4. CIAO, che dire, a me queste cose fanno venir voglia di lottare ,si per gli altri,per i più poveri e per i senza diritti.ciao
    Holden

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  5. La carta per fissare le idee ce l'hanno tutti, ma il cuore per realizzarle no.

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  6. A me viene voglia di andare a leggere la Dichiarazione dei Diritti Umani, ringraziare il Caso perchè non sono nata in quel paese e fare un versamento sul conto della Croce Rossa.

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  7. Mette angoscia sapere che in tante parti del mondo non conoscono i Diritti dell'uomo.
    Neppure sulla carta.

    Ciao.

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  8. Lo saprete tutti ma è meglio ripeterlo: nel mondo, rispetto all'anno passato, sono quaranta milioni in più a soffrire la fame. Siamo, ormai, arrivati ad un miliardo. Altro che l'isola dei famosi.

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  9. La cosa più triste è che forse, rispetto a 60 anni fa,c'è maggior consapevolezza...ma i diritti dell'uomo,giuridicamente e universalmente riconosciuti e tanto declamati,continuano a non essere garantiti,se non ignorati.

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  10. Ho sentito, l'altra sera, alla trasmissione di Fabio Fazio, il presidente della Sardegna Renato Soru, che mi ha persino commosso per la statura morale ed etica dimostrata, piuttosto rara, purtroppo, anche in chi non si colloca dalla parte di Berlusconi.
    Voglio riportare una breve riflessione, che ci fa anche capire perché, in sessant'anni, la Dichiarazione è rimasta in gran parte lettera morta: perché troppo pochi hanno saputo comportarsi secondo questi criteri:
    “La politica deve essere mediazione, non compromesso. Ma mediazione alta, con uno sguardo lungo, pensando agli altri e al futuro. Diceva Vittorio Foa: ‘pensate agli altri oltre che a voi stessi, pensate al futuro oltre che al presente’. Ognuno di noi dovrebbe seguire il proprio percorso personale, ma dentro un percorso collettivo. Se facciamo questo, faremo gli imprenditori senza inquinare, i costruttori senza consumare il territorio, i cittadini senza sprecare troppo”.
    Ecco, per attuare i principi della Dichiarazione basta che ognuno pensi anche agli altri, e si comporti di conseguenza. Ma chi lo fa, anche nella cosiddetta sinistra?

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  11. Quoto Flo.
    In fondo mi sono letta la Dichiarazione solo perchè ho letto un trafilettino sulle news di I-Google... che vergogna ho sentito dentro... eppure tutti gli articoli sono così... semplici, naturali, ovvi, sembrano quasi SCONTATI!! Eppure così difficili da vedere realmente.... per questo il mio post siintitola "60 anni e non li dimostra": perchè deve ancora iniziare a vivere!!!

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  12. Bisogna continuare a lottare perchè quei diritti non restino solo sulla carta, è inaccettabile..

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  13. forse pochi sanno che Venezia ha sottoscritto nel 2000 insieme a Barcellona e altre città europee, la carta europea dei diritti umani nella città. Questa carta nasce dalla esigenza di attuare il principio dei diritti umani da un ambito universalistico ad uno legato al territorio, cercando a livello comunale di creare una base per sviluppare i diritti umani di tutti i cittadini.
    Perchè non si ricomincia da qui?

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