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sabato 1 ottobre 2011

Parigi-New York e ritorno - Marc Fumaroli

Andy Warhol, Brillo Boxes, multiples, 1969

L'America è diventata tanto più consumatrice di immagini in quanto ha ignorato la preghiera davanti alle icone, la meditazione di quadri sacri e il riposo piacevole che procurano i dipinti di puro diletto; è ormai tanto più divoratrice di sesso in quanto è stata e forse rimane incapace di voluttà, la cui nozione stessa è del resto intraducibile in inglese.

Sulle sue orme noi camminiamo nelle immagini, nelle immagini di immagini, e nel grande commercio mondiale di un'"Arte contemporanea" che il più delle volte si accontenta di mimare, concettualizzare, sfalsare, esaltare, museificare il grande bazar sovraffollato di schermi e di cineprese adescatrici che essa pretende di "denunciare".

La tautologia, che va fino all'eterna ripetizione, non è più il privilegio della propaganda dei tiranni moderni, che non esitano a portare all'assoluto l'ipertrofia dell'Ego, come Mao sulla piazza Tiananmen, nel monumento che lo ritrae seduto, in contemplazione eterna del suo ritratto dipinto, non meno gigantesco, che gli sta di fronte all'altro capo dell'immensa spianata.

È lo stesso Mao che vediamo in serigrafia, variata e colorata a sazietà, ieri dalla Factory di Andy Warhol, oggi (maggio 2008) da copisti cinesi del copista americano, divo assoluto e mondiale dell'"Arte contemporanea" del ritratto, sia nelle gallerie di Shangai che in quelle di New York e di Parigi, come se questa effigie di assassino su immensa scala si desse ancora da fare, post mortem, a cancellare il ricordo di Socrate e di Cristo nell'immaginario congedato dell'Occidente cristiano e americano.

La tautologia è il martello senza guida della cacofonia persuasiva del marketing, un meccanismo sobbalzante simile al mitragliamento a tappeto, diventato la tecnica incontrastabile di ogni strategia militare contemporanea. L'eterna ripetizione dell'incerto è in effetti il solo metodo efficace per renderlo provvisoriamente certo, eliminare sul momento il dubbio e rinviare a più tardi l'interrogativo che non mancherà di sorgere circa la fondatezza di quel paravento intimidatorioe futile.

Come sfuggire alla valanga ripetitiva? I canali americani Baby TV e Baby First TV, ritrasmessi via Inghilterra per satellite e diffusi in Francia da Canal Sat, si offrono per occupare utilmente i vostri ozi nei primi tre anni di vita. Da adulti, le hostess di volo difficilmente rinunciano a imporvi gli auricolari uniti allo schermo televisivo avvitato sul bracciolo del vostro sedile. Era piacevole durante una corsa in taxi aprire il giornale quotidiano o conversare con l'autista. Un vantaggio del passato.

Nell'autunno 2007 i taxi newyorkesi gialli, i cui autisti, indiani o pakistani, protetti da uno spesso vetro antiproiettile, non smettono mai di parlare nel loro microfono, nella loro lingua, con un compatriota invisibile a Mysore o a Lahore, hanno installato, sul retro del loro sedile, uno schermo televisivo che vi farà restare di stucco: è sufficiente toccare il punto voluto sullo schermo perché chiassose pubblicità di ogni genere vi saltino agli occhi a ripetizione. Questo "lusso" era sin qui riservato alle limousine dei vip o affittate per le grandi occasioni. Siamo giusti: per il momento, un altro tasto permette di arrestare questo torrente di immagini chiassose.

Ma sappiamo che è soltanto una prova: numerose compagnie gareggiano con accanimento nella messa a punto, in vista di un mercato universale, di uno schermo perfezionato che permetterà al viaggiatore, affascinato e quasi schiavo, di scegliere ampiamente in quale campo desidera essere catturato dalla irresistibile pubblicità. Quest'arte dell'assedio e del bombardamento, frivola o feroce, dalla culla alla tomba, si riflette in un'"arte" altrettanto contemporanea che, a rimorchio come l'altra del taylorismo industriale e del fordismo militare, non smette mai, praticando l'assemblyline, di duplicare, copiare, scimmiottare o saccheggiare il meccanismo ottico che la fa vendere.

L'immagine-pleonasmo con pretesa d'arte, riproduzione in secondo grado dell'immagine pubblicitaria, del fumetto, del giocattolo o del gadget di serie, ha ridotto l'"arte" della quale si vanta, e la ricezione forzata che i suoi promotori le organizzano, al grado zero del ridicolo, paragonabile al grado zero della serietà servile in cui si bloccò per mezzo secolo il realismo socialista nell'ex Urss e nell'ex Cina maoista. A differenza del nostro André Fougeron francese, ingiustamente colpito da damnatio memoriae, i Fougeron cinesi sono oggi riciclati (dicembre 2007) nelle fiere di "Arte contemporanea" e raggiungono prezzi sensazionali nelle gallerie di New York, Londra e Parigi. Di questa unificazione del "campo artistico" mondiale, Andy Warhol, il Van Gogh della scatola Brillo e del barattolo Campbell's Soup, ha enunciato la teoria profetica nel 1963, in un'intervista a Art News.

Essa è in perfetta consonanza con l'etica del Libretto rosso del Grande Timoniere: «Tutti si assomigliano, e si comportano nello stesso modo, ogni giorno di più. Penso che tutti dovrebbero essere delle macchine. Penso che tutti si dovrebbero amare. La pop art è amare le cose. Amare le cose vuol dire essere come una macchina, perché si fa continuamente la stessa cosa. Dipingo in questo modo perché voglio essere una macchina».

Questo De l'amour pop, nelle "acque gelate", dice tutto.

Marc Fumaroli

© 2009 Librairie Arthème Fayard, Paris
© 2011 Adelphi Edizioni, Milano





Marc Fumaroli

Parigi-New York e ritorno

Adelphi





a giorni nelle librerie


Non mi sono dimenticato del post con le vostre grafie in corsivo. Lo pubblicherò la prossima settimana.


6 commenti:

  1. Dire impressionante é dire poco!

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  2. Quanto è vero, nitido: liberarsi dal dio denaro in termini esteticamente impeccabili.

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  3. Maistretu1/10/11 19:43

    stiamo scoprendo che dietro il niente non c'è niente. ma liberarsi è altra cosa.. è la semplicità che è mutata, mentre dietro alle grandi parole (che faticano a significare) si nasconde il castrato, l'impossibile diventa memoria e noi ascoltiamo il niente che ci seduce con le sue luci sul finire della corrente..
    seduce la parola, ma non seduce più l'immagine. forse vi è bisogno di nuovi sogni..
    Maistretu

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  4. ascoltare il niente è forse meno lontano dal liberarsi di quanto non lo siano il giudizio e la pretesa d'insegnare

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  5. Bravo Monsieur Fumaroli
    Non se ne può più di questi "capolavori" che si possono trovare anche per strade nella spazzatura. Di arte non c'è niente, di soldi si per snob che fanno finto di capire il senso di queste mostruosità o inganni. Non perdono a quelli che fanno massacrare animali o uccelli ( almeno 2000!) per questo uso barbaro.
    "Il faut épater le bourgeois" è lo scopo dell' abo-minable produzione contemporanea, del resto in linea con le regie teatrale e operistiche di registi nevrotici che usano capolavori altrui, distruggendole per obbligare lo spettatore a supportare loro squilibri psicologici.
    Guardate bene - le produzione di questi "geni" (uno alla settimana !) non vanno mai nel senso del più bello, dello sublimo, ma quasi sempre verso il basso, il più brutto, lo sporco, le relazione contro natura , lo scuro. Sangue, violenza e crudeltà, stupri e scene da bordello e politica sono diventati gli ingrediente preferiti di pseudo artisti in tutti campi dell'Arte - Dimenticavo gli urli e frastuoni di"cantanti" e "musicisti" presi per musica!

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  6. pino Barilla13/12/13 17:56

    IL NOVECENTO PER LE ARTI FIGURATIVE SI PUO DEFINIRE “IL SECOLO DELLE AVANGUARDIE, DEI CONCETTI E “DELLA RICERCA”.
    GLI ARTISTI DAGLI INIZI DEL ‘900 ESAURISCONO I LINGUAGGI SINO AL LORO COMPLETO SVUOTAMENTO (1970 – 75)
    Da oltre un decennio siamo entrati in un nuovo secolo, ma l’arte sembra non riuscire a proiettarsi in una dimensione “evolutiva” rispetto all’era in cui è contestualizzata. Nuove tecnologie si sono ormai ampiamente diffuse, persino nel nostro vivere quotidiano, ma il prodotto artistico non ha trovato dei nuovi linguaggi attraverso cui comunicare a tutti questa situazione.
    Dal 1975 al 2013 il mondo e le arti entrano in una nuova era. (progressi tecnologici)
    Nel finire del secolo precedente tutto il sistema dell’arte, in ambito internazionale, si immette nei mercati mondiali, l’ambiente artistico viene fortemente influenzato dal processo di globalizzazione ed è sottoposto a continui mutamenti da cui derivano la liberalizzazione dei mercati, del commercio e degli investimenti. Le Gallerie d’arte, le Fiere, le Case D’asta, i Musei, le Banche ed i Collezionisti, con l’appoggio dei Curatori, si occupano di concretizzare mere operazioni commerciali; si pongono alla guida di tali automatismi e questo causa, nel tempo, il blocco della ricerca artistica. Attualmente non si riscontra più una continuità con il nostro passato storico. Pertanto l’artista non è più l’iniziatore, l’inventore o lo sperimentalista: è il sistema che traccia il suo cammino. L’artista quindi snatura i concetti estetici ereditati dal passato e produce ciò che gli chiede il mercato. (Duchamp,Pollock,Picasso,Brancusi,Fontana,Warhol). Oggi constatiamo che centinaia di migliaia di artisti ripropongono vecchi linguaggi, presentando varianti e confezionando opere dalle trovate da circo equestre, cadendo anche nelle peggiori provocazioni.
    L’artista, per essere tale, dovrebbe guardare al mondo della ricerca e della sperimentazione, avventurandosi in territori sempre più complessi e ancora insondati, orientandosi verso traguardi che solo lui sappia interpretare, conoscere, approfondire.

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