Questa storia dei lacci delle scarpe mi accadde per la prima volta a Torremolinos. Una sera di primavera inoltrata me ne andavo un po’ a zonzo tranquillamente e quasi perdendomi qua e là lungo le vie della bella parte antica del paese. Faceva ancora caldo. Le porte delle piccole case bianche erano aperte, davanti a esse stavano sedute le mamme e le nonne. I bambini giocavano. Si potevano vedere quadri di santi all’interno delle stanze e udire la gente che gridava da una casa all’altra. Gruppi di ragazzi e di ragazze passeggiavano - separatamente - su e giù per le vie, chiamandosi a vicenda e ridendo e cinguettando.
Ero tra di loro, ma essi vivevano nel loro mondo, io nel mio. Dunque questa, pensavo, è quella che Ferdinand Tönnies chiamava Gemeinschaft, una comunità chiusa, dove gli individui sono strettamente vincolati gli uni agli altri, in opposizione alla Gesellschaft, la «società» delle grandi città. A un certo punto ebbi l’impressione che le donne mi stessero dicendo qualcosa. Una ragazzetta mi si avvicinò, ridendo, guardandomi appena, di sottecchi. Pensai: «Però, precoce la piccola, fa già la civettuola!». Ma lei nascose il volto timidamente dietro le mani e corse da sua madre. Poi una ragazza poco più grande venne verso di me e indicò le mie scarpe. Finalmente capii: avevo le stringhe slacciate che penzolavano sulla strada. È una cosa che mi capita così spesso che ormai non ci faccio più caso.
Ma le donne, attente, se n’erano accorte, e ovviamente temevano che l’anziano straniero potesse inciampare e farsi del male. Così, osservato e incoraggiato da donne, uomini e bambini attorno a me, mi allacciai le stringhe con cura e, ridendo verso i volti che mi circondavano amichevolmente, ringraziai tutti. Poi il piccolo trambusto cessò e la vita riprese il suo corso consueto. È di certo una Gemeinschaft, dissi tra me e me; nessuno è un perfetto straniero. Ma la mia coscienza sociologica mi corresse: come puoi sapere quel che accade, se non sei là dove accade? Il giorno dopo lasciai le stringhe slacciate a bella posta, camminando in quella che forse è la via principale di Torremolinos, dove ci sono i turisti. E, come mi aspettavo, nessuno vide il pericolo; o meglio: talvolta qualcuno passando vicino sembrava accorgersi dei lacci che ciondolavano slegati, ma se ne guardava bene dall’avvertirmi. Dopo due ore cessai l’esperimento.
[continua]
------::------
Norbert Elias
L'illusione del quotidiano
Sociologia con le scarpe slacciate
Medusa
------::------
Ho riportato un passo tratto da questo libro fresco di stampa perché io vivo di prevalenza in una società aperta, cioè a Milano (Gesellschaft) ma sovente vivo anche in una società chiusa quando mi reco al paesello (Gemeinschaft) e quindi conosco gioie e dolori di entrambi i vissuti. Per me sono due camere di compensazione, l'una dell'altra. La metropoli mi dà continui stimoli e il paesello mi regala la tranquillità che dopo un po' di giorni però mi assopisce.
Io non vedo, a parte alcuni, dove voi viviate. Ecco mi piacerebbe sapere se siete contenti del posto o se lo cambiereste volentieri con un altro.
Io non vedo, a parte alcuni, dove voi viviate. Ecco mi piacerebbe sapere se siete contenti del posto o se lo cambiereste volentieri con un altro.
OT
Se a qualcuno interessa ho fatto un altro aggiornamento a Il dito medio di Cattelan.
Se a qualcuno interessa ho fatto un altro aggiornamento a Il dito medio di Cattelan.
Technorati Tags:
Mosso dall'istinto, dico che mi sentirei uno sradicato, qualora separato dai luoghi in cui ho sempre vissuto. Razionalmente, so, tuttavia, che l'animale uomo ha un forte spirito di adattamento.
RispondiEliminaDavvero la grande città, come dici, ti da' di questi interessanti stimoli? Io, nato e vissuto in città, col luogo di lavoro tuttora in città, ho scelto consapevolmente di trasferirmi in un piccolo paese. Ho la fortuna di raggiungere il posto di lavoro senza attraversare la città, e quando saltuariamente devo andarci, vivo l'esperienza con disagio. La cosa più interessante è però quella di osservare i "cittadini" ormai quali estranei, vedendone francamente aspetti patologici. La città ha senso se si riesce ad attraversarla a piedi, ma queste nostre città ormai estese, ormai dominate dalle autovetture, mi appaiono come dei luoghi tristi, con persone che non mi appaiono granchè umane, o prese dalla fretta, o con telefonino, auricolare, walkman, o altro, in ogni caso staccate dal contesto, altrove. A volte, mi sembra che non sappiano più neanche camminare correttamente. No, la città per me non è fonte di stimoli, queste città, così come le abbiamo ridotte, restituiscono di sè un'immagine di luogo di sofferenza, di disagio, per persone inconsapevoli.
RispondiEliminaio sono nato e cresciuto in città, anzi, nella città, l'urbe: molto meno metropoli di altre più piccole, ma con i suoi luoghi separati in cui ci si sente anche un po' gemeinschaft.
RispondiEliminaha vissuto per tredici anni in un paese vicino: ma tutti i giorni dovevo entrarci, in città, e allora l'effetto svaniva. ci sono tornato, e, anche se vivo in periferia, mi pare di aver rimesso le cose al loro giusto posto.
Io essendo in gioventù contadino mezzadro per sopravvivenza ho cambiato diversi borghi. Ora abito da 40 anni in un bel paese della Toscana San Miniato non lontano dalla vald'Elsa dove sono nato, Rimane il desiderio forte del ritorno ma quando si parte dove eravamo non è più lo stesso,la vita è cambiata dappertutto. Rimane il ricordo e poco più
RispondiEliminaMi pare che Pavese dicesse che una paese vuol dire non essere mai soli, e anche che un paese bisogna lasciarlo per potervici tornare...Mi pare.
RispondiEliminaProveniamo dalla stessa terra caro Alberto, ed è difficile pensarsi lontano dai luoghi dove siamo nati e cresciuti, luoghi lontani nel tempo, dove la vita aveva un'altra scansione, era un mondo spesso aspro e difficile, regolato da un diverso orologio, ricordo quando fecero l'ora legale, vi erano anziani e non (mia madre) che non la volevano, inveivano contro questa mostruosità, e i primi anni la divisione delle ore di irrigazione non teneva conto dell'ora legale.. ma quel tempo, quelle voci, quel sapersi accontentare con poco non serviva più a nessuno e così tutto si smaterializzò e rimasero i ricordi e poco altro.. Oggi, quando vi ritorno, quando trovo il tempo giusto per rimanervi, faccio fatica, questo "tempo", che anche amo che è parte della mia seconda vita, mi ha reso diverso incapace, forse, di cogliere ancora quei semplici gesti..
RispondiEliminaMaistrettu
Dopo una serie di "traslochi", iniziati con la prima infanzia, sono finito in un piccolo paese di mare.
RispondiEliminaFino a qualche anno fa mancava quasi tutto: fognature, gas, neanche una piazzetta, una burocrazia comunale elastica con gli amici e strangolante con i "nessuno".
Però, ancora oggi, il giovane e il vecchio, sconosciuti entrambi, incrociandoti ti sparano il 'buongiorno' o la 'buonasera', gratuitamente.
Fra poco si accenderanno i caminetti nelle case: uscire la sera e sentire nell'aria il profumo della legna che brucia, fa credere che non sia vero che il tempo passa...
Piccolezze, ma contribuiscono a pensare che, nonostante tutto, la vita è bella.
(Nel frattempo sono arrivate le fognature, il gas, e le piazze; solo la burocrazia è rimasta come prima).
Io sono legatissimo a Genova, al mio quartiere Marassi, non che non mi piaccia viaggiare ma quando torno è fantastico
RispondiEliminaun saluto
Non avrei mai pensato di subire senza traumi lo spostamento dal mio paese natale a Roma, ma alla fine ci sono riuscito, trovando però un piccolo escamotage... Mi sono spostato sul mare, ad Ostia, per non sentirne troppo il rimpianto... Il caos mi provoca allergia e non sarei durato molto nel centro della capitale.
RispondiElimina@Adriano
RispondiEliminaVisto che ci conosciamo di persona e che siamo creciuti negli stessi luoghi ti capisco. Ma quando si parte da ragazzi è un'altra cosa.
@Vincenzo
Ti vorrei vedere se tu abitassi in continuazione, e ci lavorassi anche, nel piccolo paese. Io comunque a Milano spesso e volentieri faccio il turista.
@Marco
Dove abito a MIlano è anche un po' Gemeinschaft. Son quasi sicuro che se esco di casa, almeno nei paraggi, qualcuno imi farà notare la scarpa slacciata.
@Maresco
Sì, cambia tutto, anche i paesi.
@Marco De Carolis
Al tempo di Pavese era così, adesso penso un po' meno.
@Maistrettu
I paesi non sono più delle isole felici.
@Gattonero
E quindi a misura d'uomo.
@Ernest
Eh, voi genovesi!
@Rospo
Il mare è sempre una bella valvola di sfogo.