Biglietto
lasciato prima di non andar via
Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.
sappiate che non sono mai
partito.
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare
qua, dove non fui mai.
Giorgio Caproni
Livorno 1912
Roma 1990
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In queste due terzine, separate da un "bianco", che crea una distanza e un’occasione di riflessione, Caproni esprime quasi tutta la sua poetica, basata sull’idea del viaggio e sulla consapevolezza della labilità dell’esistenza e della precarietà della nostra condizione. Per quanto riguarda il primo tema va detto che per viaggiare bisogna essere ancorati alla terra, alle proprie origini; senza quest’ancoraggio non si viaggia, ma ci si sposta soltanto, lo sapevano bene Cesare Pavese e Francesco Biamonti, e i nostri vagabondaggi, anche quelli intellettuali, finiscono col perdere qualsiasi significato. Anche il viaggio, però, è spesso soltanto un’illusione, una tensione verso qualcosa d’indefinibile e inaccessibile, un viaggio nell’antimateria –nel non-spazio e nel non-tempo -, “… nel tunnel dell’assenza di Dio”, come dice Giovanni Raboni. Così anche la nostra stessa consistenza è soltanto illusoria, perché il terreno ci frana continuamente sotto i piedi, inghiottendo certezze e speranze, e l’unica possibilità di sopravvivenza, l’unico rifugio umano è il confine tra reale e immaginario, tra finito e non finito, tra approssimativo e definitivo, nel luogo, cioè, dove regna l’ambiguità.
RispondiEliminaMi ci ritrovo in pieno.
RispondiEliminaLa nullità dell'esistenza
RispondiEliminabellissima poesia, ma però è trascritta male. bisogna allineare a destra "Il mio viaggiare", se no non si vede il verso a gradino.
RispondiEliminac'è un altro errore, il titolo è "Biglietto lasciato prima di non andar via". la e non c'è. vabbè, proprio per essere pedanti... però è prooooopriio una bella poesia.
RispondiEliminaper anonimo: da che pulpito la predica...correggi e poi scrivi ma però...
RispondiEliminami scuso se ho corretto. mi sembrava cosa buona che una poesia così importante fosse trascritta nel modo giusto. ma però forse non si deve, non è educato. comunque dove sta scritto che "ma però" è sbagliato?
RispondiEliminaHo
Eliminain tutti i libri di grammatica italiana,non credere che io sia una saccente,è l'unica cosa che ricordo dalle elementari, ma non critico la tua correzione,che anzi può solo essere costruttiva, solo che se devi riprendere qualcuno è bene non fare tu stesso errori, no??
RispondiEliminama io non ho mica ripreso nessuno, ho solo detto che il testo era riportato male. ora, siccome sono molti i siti (perché 'sta poesia compare in un mucchio di blog, siti e altro ecceterume) che la riportano scorrettamente, mi pare un titolo di pregio per questo blog trascriverla correttamente, e mi sono permesso di fare la maestrina. solo che le maestrine stanno spesso antipatiche. infatti a me stavano antipatiche quando dicevano che "ma però" è sbagliato: secondo me non è vero, dai tempi del fanfani non ci crede più nessuno e io lo dico volentieri perché il però mi rafforza il ma.
RispondiEliminacontenta tu...
RispondiEliminasì, io sono contenta. comunque, visto che ci siamo e che internet è senz'altro più accessibile di un libro di grammatica, ti rimando al sito dell'accademia della crusca, dove si parla della questione. Anzi, ti accludo quanto lì si dice:
RispondiElimina«Per chiarezza si può subito anticipare che l’incontro delle due congiunzioni ma però (e di ma bensì) non è da condannare, a dispetto di quanto sostenuto da una certa tradizione grammaticale e spesso dall’educazione scolastica.
La congiunzione ma è una delle cosiddette congiunzioni coordinative (come e, o, oppure, ne, cioè, infatti e così via) di tipo avversativo. Altre congiunzioni avversative sono però, appunto, tuttavia, nondimeno, eppure, anzi, piuttosto, bensì. L’obiezione all’uso di ma però si fonda proprio sull’idea che ci sia una ripetizione dello stesso concetto, obiezione che può essere accolta solo in funzione di uno stile ricercato che si fondi sulla perfetta calibratura delle parti. In realtà, soltanto ma appartiene a entrambi i sottogruppi in cui si distinguono ulteriormente queste congiunzioni in base al valore: avversativo-oppositivo (stabilisce una netta contrapposizione tra due termini, sia singole parole sia intere frasi: “non era rosso, ma verde”), in cui ma è in compagnia di bensì, invece, mentre, al contrario; avversativo-limitativo (introduce un concetto che limita la validità di quanto affermato in precedenza o esprime un diverso punto di vista: “non è un bel film, ma vale la pena andarlo a vedere comunque”), che comprende, oltre a ma, anche però, tuttavia, peraltro, d’altra parte, eppure, nondimeno. Questo doppio valore di ma – che in altre lingue determina la presenza di due diverse congiunzioni per esprimere le due diverse sfumature di significato (rispettivamente, in tedesco sondem e aber, in spagnolo sino e pero) – spiega l’antica tendenza ad affiancarla con altri elementi affini che ne rinforzino il significato, come ma però o ma bensì, ma tuttavia, ma nondimeno, con esempi illustri dal Tasso (La Gerusalemme Liberata: “sì che ne pesta al tolosan la faccia, | ma però nulla sbigottisce”) all’Alfieri (Del principe e delle lettere: “egli può giustamente riputarsi qualche cosa più; ma però ancora minore dello scrittore ch’egli ha fra le mani”) al Manzoni (I promessi sposi: “Non era un conto che richiedesse una grande aritmetica; ma però c’era abbondantemente da fare una mangiatina”). Non sarebbero invece ammissibili accostamenti tra altre congiunzioni avversative (*però tuttavia; *bensì invece). Per un profilo storico della questione si ricorderà che il lungimirante grammatico dell’Ottocento R. Fornaciari aveva colto la presenza di sfumature nel ma che “aggiunge un concetto ad un altro per indicare limitazione od opposizione rispetto al primo” e “si rafforza spesso con bensì, bene, anche, eziandio, piuttosto ecc. Il buon pastore tosa, ma non iscortica. Giusti” (Fornaciari 1881).
Infine, si può descrivere ma anche come congiunzione testuale, che segnala uno spostamento nell’argomento di cui si parla (“Si è visto quali sono le cause principali dell’inquinamento cittadino. Ma torniamo al problema del riscaldamento del globo terrestre”) o la contrapposizione alle parole dell’interlocutore (“Domani non uscirai”. “Ma papà, ho già un impegno con i miei amici”) e si impiega spesso dopo pausa forte (punto, punto e virgola), comunque sempre in posizione iniziale, di nuovo a differenza del però che può essere impiegato in funzione di congiunzione testuale anche interposto o posposto alla frase».
non si finisce mai di imparare...grazie per la precisazione. Buona serata;)
RispondiEliminaSono in giro e non ho il libro sottomano. Per la spaziatura scusatemi, è stata una mia pigrizia, e ringrazio l'anonimo che ha notato la formattazione sbagliata. Sono contento di avere lettori così attenti. Appena ritorno nella casa a Milano metto tutto a posto.
RispondiEliminaPiccola nota. E' così faticoso darsi un nickname?
Sono finalmente ritornato a Milano e ho fatto le correzioni.
RispondiElimina...ma però quelle due congiunzioni sembravano più un esca
RispondiEliminamolto ghiotta perdippiù
Bellissima poesia, grazie di averla postata. Delle volte non c'è bisogno di correggere niente, se non troppo evidente, per non rovinare il momento poetico. Ciao a tutte/i
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