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venerdì 11 gennaio 2008

Nascono, crescono, muoiono e non sono mai esistiti

Questa mattina saranno state la bassa pressione atmosferica e la pioggerellina che mi hanno fatto rimanere un dieci minuti di più a letto. Così ho fatto tutto di fretta e sono uscito di corsa. Due ore fa, ero in centro, vicino a piazza Cordusio dove avevo un appuntamento di lavoro, quando mi sono accorto di aver dimenticato il portafogli a casa. Un attimo di smarrimento. Non tanto per i soldi, che avevo comunque un borsellino con un po' di spiccioli, no, per il documento di identità. Ecco, ho pensato a questo pezzo di carta, ho ancora il pezzo di carta non la tessera elettronica, che ti fa esistere. Che dice che sei nato là il giorno tal dei tali, che abiti lì, che sei alto tanto e tutto il resto fotografia compresa.

E allora il pensiero mi è andato lontano. A quei milioni e milioni (chi può dirlo quanti?) di esseri umani che nascono, crescono, muoiono senza essere mai stati iscritti in nessuna anagrafe. Non lasciando nessuna traccia scritta dietro di loro non sono mai esistiti.

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19 commenti:

  1. Amara verità Alberto.
    In Africa...:
    http://www.rigiocattolo.org/2004/iscrizione_anagrafica_bambini.htm

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. E' un male che parte dell'umanità sia priva di identità, per motivi di povertà, ma sai che bello potessi cancellare ogni mia traccia!

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  4. caro alberto,
    la tua riflessione è interessante. tuttavia, credo che sia l'identità che la possibilità di lasciare una traccia non siano così strettamente legate al possesso di un documento d'identità. purtroppo sono in wireless....la riprendo dopo.

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  5. come granelli di sabbia nel tempo o gocce d'acqua nell'oceano infinito...o coriandoli nell'acqua, destinati a sciogliersi senza traccia...
    altra riflessione ( un po' apocalittica sollevata da un amico poco tempo fa), alberto, che m'ispira un post:ma rimarrà mai traccia di noi con queste conversazioni dei blog e tutto quanto è scritto nella rete, quando si esaurirà ogni forma di energia? o rimarrà solo un pc spento?...un popolo senza passato?

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  6. Mentre noi,nell'occidente opulento, andiamo alla ricerca della nostra individualità,come atto di emancipazione personale e autoaffermazione, vogliamo essere individui unici, diversi dagli altri, ci sono milioni di persone che lottano contro la fame, le malattie, la povertà, persone che non hanno identità,che non sono nessuno. E se anche loro volessero quello che abbiamo noi? Forse non basterebbe un solo pianeta per soddisfare le esigenze di tutti e forse è per questo che si preferisce lasciarli dove sono.

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  7. Sono d'accordo con Marialuisa, la possibilità di lasciare una traccia non è legata al possesso di una carta d'identità. Inoltre, si potrebbe dire che quegli individui non siano mai esistiti per il resto del mondo, ma di certo traccia su qualcuno, quelli più vicini a loro, una traccia la lasciano di sicuro. Anzi, qualcuno disse che ci vuole molto più coraggio a vivere la propria vita attraversandola quasi come se non si volesse disturbare, come degli sconosciuti, piuttosto che cercare di votarla al successo, alla notorietà e alla fama.

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  8. Naturalmente le mie considerazioni erano quasi una provocazione. Basti questa osservazione: e allora le generazioni vissute quando l'anagrafe manco si sapeva cosa fosse non sono mai esistite? La vita, la nostra vita, è ben altro che un pezzo di carta. E le tracce che lascia sono le interazioni con tutte le altre vite e anche con le cose inanimate.
    Giovanna
    Grazie per il link
    Ed dice "ma sai che bello potessi cancellare ogni mia traccia". Impossibile. Lo aveva anche detto Francesco Biamonti qui, ma ha lasciato i suoi romanzi.
    Skip
    Ci pensavo a un post del genere. Lo farò quanto prima.
    Filo
    Siamo animali che non si accontentano mai.
    Marialuisa e Corobi
    Forse alla fine è la leggerezza che paga?

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  9. cosa intendi esattamente per leggerezza, caro alberto? credo d'avere intuito, ma non ne sono sicura.

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  10. "esattamente" è già un termine che non si adatta alla leggerezza. E' un po' che voglio scrivere un post dal titolo "elogio della leggerezza", magari partendo da questa bambina.

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  11. alberto, vuoi farmi venire i lucciconi? grazie per il bellissimo video. ho capito.

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  12. No, non è certo l'anagrafe a lasciare traccia della nostra individualità. Per l'anagrafe siamo una numero identificativo, una sigla. La stessa foto della carta d'identità, che rimane al Comune di residenza, viene distrutta qualche anno dopo la nostra morte. Dal punto di vista della memoria, erano molto più efficaci i vecchi registri parrocchiali post-tridentini che le moderne anagrafi computerizzate... Ma la memoria più solida, duratura, pervicace, ostinata è solo quella di chi riesce a costruire qualcosa che duri nel tempo, che siano le piramidi egiziane (opera di migliaia di anonimi schiavi) o le sinfonie di Beethoven, le (quasi tutte anonime) cattedrali gotiche o i quadri di Van Gogh, le centinaia di km di terrazzamenti di pietra a secco realizzate dai nostri antenati o la Divina Commedia.
    A Skip assicuro che tutto ciò di cui cazzeggiamo su questo e su altre migliaia di blog non rimarrà assolutamente nulla, a prescindere dalle crisi energetiche, così come fra alcuni secoli delle tonnellate di carta stampata, di materiale multimediale o di documentazione dematerializzata che si produce quotidianamente, non rimarranno che pochi frammenti.
    Felice chi riesce almeno ad essere ricordato dai propri figli (a meno di non essere Ramsete, Socrate, Mozart, Einstein o Picasso, ovviamente.....)

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  13. caro ponentino, valgono anche i nipoti? speremm...io non ho figli!
    buona giornata a tutti.

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  14. forse il riuscire ad avere un'identità è correlato alla capacità di possedere una propria autonomia di pensiero... dote che mi pare sempre più rara.

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  15. Se non ricordo male (la lettura risale a circa trent'anni fa), in "Cent'anni di solitudine" a un certo punto viene fatta scomparire, dalla Compagnia americana, la popolazione di un intero villaggio, e poichè essa non era "registrata" da nessuna parte ("non aveva esistenza segnica", direbbero i semiologi) di fatto non esisteva, per cui è stato agevole per i gringos dire che non è successo nulla, che le cose erano sempre state così.
    Senza andare nella fantasia, però, ci sono migliaia di "meninos da rua" (bambini di strada) che, nelle favelas brasiliane, crescono appunto per strada, senza risultare all'anagrafe. Molti di loro scompaiono (ma chi se ne accorge?) perchè vengono utilizzati come "deposito" di organi da trapiantare ai ricchi. D'altronde, chi lo fa non rischia nulla: come si fa a venir denunciati e men che meno condannati per l'omicidio di qualcuno che anagraficamente non esiste?
    E il Papa quando è andato in Brasile ha stigmatizzato l'iniziativa del governo locale di promuovere l'uso del preservativo, ANCHE per prevenire le nascite indesiderate e quindi queste cose... Lasciamolo pure parlare, per carità, ma evitiamo di dare troppo ascolto a quel che dice.

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  16. Non serve andare fino in Brasile. Anche in Europa ci sono migliaia di bambini che non sono iscritti in alcun registro anagrafico. Vedi la Moldova o la Transnistria.

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  17. Non conta l'anagrafe, il registro delle nascite o la lapide al cimitero. Ogni identità nel mondo è come il nickname nel web. Conta per la traccia che lascia.

    Se hai amato un poco, se hai sorriso almeno una volta, se hai steso una mano, lascherai una piccola tessera lucente nell'immenso mosaico della creazione, a rendere più bella la civiltà dell'Uomo, e la tua vita sarà degna d'essere stata vissuta.

    Lucio Musto 15/1/2008

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  18. Dov'è la Moldova, o Moldavia, lo so. C'è anche una bella sinfonia di Bedrich Smetana che è dedicata al fiume Moldava, da cui - presumo - la terra ha preso il nome.
    La Transnistria, invece, non so dove sia. Purtroppo ho qualche lacuna geografica. É però vero che le "lacune documentali" ci sono anche nella civile Europa, e fanno comodo, non solo per cavare gli organi. Per esempio, è più facile assumere in nero un immigrato clandestino (che, quindi, ufficialmente non risulta). Ma d'altronde è così storicamente. Conosciamo il nome degli architetti o dei governanti o dei politici che hanno voluto certe realizzazioni urbanistiche o monumentali. Ma chi conosce ancora, o chi ha mai saputo, il nome di quanti vi hanno lavorato materialmente, e senza i quali le opere non ci sarebbero?
    Mao Zedong (ai miei tenpi si diceva Tse Tung) scrisse "Il popolo fa la storia ma i potenti la raccontano". Ne avrà ciccate tante, ma questa l'ha indovinata.

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