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giovedì 19 novembre 2009

Edward Hopper a Milano

Tutto quello che ho sempre voluto fare
è dipingere la luce del sole
sul lato di una casa


Edward Hopper
Edward Hopper
Edward Hopper
Edward Hopper

E così ieri pomeriggio dopo aver attraversato piazza duomo illuminata da una pacata luce novembrina mi sono immerso per due ore in altre luci all'interno di Palazzo reale.

Quelle che mi hanno restituito le 160 opere di Edward Hopper, padre del Realismo Americano, in una mostra antologica non del tutto esaustiva ma più che sufficiente a ripercorrere l'avventura artistica di questa icona degli Stati Uniti.

Un percorso visivo suddiviso in sette sezioni, che attraversa la varietà di stili e tecniche che l'artista ha affrontato durante la sua carriera (bozzetti, dipinti ad olio, stampe ad acquaforte, acquarelli), accompagnato da un ottimo corredo bibliografico e storico che aiuta a contestualizzare i lavori nella realtà americana della prima metà del '900.

Scorci di vita della middle class, spesso spiati, che mettono lo spettatore nei panni di un vicino di casa curioso, quasi un guardone. Scorci di tavole calde dalle quali s'intravvedono persone avvolte nel loro silenzio, paesaggi dal forte impatto cromatico e talvolta dall'improbabile punto di vista , autoritratti, parecchi autoritratti.

Ho cercato di penetrare questa luce, ora sopraffatta dall'ombra, ora quasi sgargiante, e una cosa ho percepito. C'è in ogni quadro un punto o una piccola zona, o una serie di zone, righe per esempio, che catalizzano nel loro chiarore la vita di tutta l'immagine e ci restituiscono la sensazione vibrante che forse fu l'idea che mosse Hopper a quel dipinto. Partendo da lì, a ritroso, ho ripercorso la storia narrata nel quadro, con finale sempre in sospeso.

Uno se ne esce, e riaffronta la convulsa vita metropolitana, ma qualcosa ti è rimasto dentro, subito allo stato di coscienza e poi, col tempo, allo stato più profondo, in quelle aree meno insondabili e incontrollabili del nostro essere. E' l'arte e la sua universalità.

Edward Hopper
Edward Hopper
Edward Hopper
Edward Hopper a Milano - Installazione davanti a Palazzo Reale

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15 commenti:

  1. Dei quadri che hai postato, mi piacciono un sacco la barca a vela e le pompe di benzina...

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  2. La pittura di Hopper è tanto bella quanto buffa...

    È come se Magritte avesse vissuto in New England invece che in Belgio... :)

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  3. nei suoi dipinti colgo sempre uno statico senso d'attesa

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  4. Palazzo Reale... l'anno scorso sono andato a vedere Magritte, se posso non mi dispiacerebbe venire a Milano anche per Hopper.

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  5. Skip
    Sì, è un po' quella cosa che ho scritto, e scusate l'autocitazione, "ho ripercorso la storia narrata nel quadro, con finale sempre in sospeso".

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  6. Grazie Al,
    un velo di malinconia ma anche un senso di quiete, ritagliarsi il tempo per guardarsi dentro...
    g

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  7. Penso proprio che andrò a vedermelo.

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  8. Amo il realismo, amo Hopper... dovrò venire ad assaporare le sue opere.
    Non ho capito quando termina.
    Buona serata.
    Rino.

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  9. Mi piacciono in particolare le donne davanti alla finestra,nella loro solitudine sono abbracciate dalla luce come fosse una presenza reale.
    Bellissimo, Alberto. Spero anch'io di riuscire a vedere la mostra che termina il 31 gennaio.

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  10. Tutto quello che ho sempre voluto fare è dipingere la luce del sole
    sul lato di una casa

    Anche Joaquín Sorolla e Van Gogh riuscirono, con molta facilita', a far danzare la luce sulle loro tele.

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  11. Hopper è davvero un grande. Non so se classificarlo come pittore realista... se di realismo si tratta, lo definirei piuttosto un realismo poetico-psicologico, con una particolare attenzione per la luce, maturata durante il soggiorno europeo con lo studio degli Impressionisti...
    C'è un bel volumetto critico del poeta americano premio Pulitzer Mark Strand, "Edward Hopper", pubblicato da Donzelli. Trascrivo la sinossi del volume:

    Un grande poeta e scrittore americano, Mark Strand, premio Pulitzer per la poesia, legge trenta famosi quadri di Edward Hopper, il pittore americano per antonomasia. Vengono così ripercorsi gli scenari più intensi della mitologia statunitense moderna: distributori di benzina, strade, spazi urbani, ferrovie, locali notturni, camere d’albergo...
    La dimestichezza che si ha con la materia figurativa trattata da Hopper ha fatto sì che questo artista venisse costretto, superficialmente, dentro etichette limitative. Così è accaduto sia sotto il profilo storico, come quando si è voluto rinchiudere Hopper entro la definizione di «realista americano», sia sotto il profilo tematico, come quando se ne è voluto fare, incontrovertibilmente, l’«artista della solitudine e dell’alienazione».
    Mark Strand, le cui poesie si muovono su un terreno mentale e affettivo assai simile a quello di Hopper, supera di slancio questa visione e ci porta nel cuore dell’opera del pittore.
    Con la sua scrittura nitida, meticolosa e insieme allusiva, densa ed evanescente, Strand espone ciò che rende le scene, gli spazi, le persone della quotidianità raffigurati da Hopper così commoventi e indimenticabili. «Io credo che i dipinti di Hopper trascendano l’apparenza dell’hic et nunc e collochino chi li osserva in uno spazio virtuale in cui predominano l’influsso e la sovrabbondanza del sentimento».

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  12. Passo davanti a Palazzo Reale quasi tutti i giorni, e ancora non ho trovato un ritaglio di tempo per gustarmi questa mostra. Che vergogna. Il tuo bel post mi ha convinta ancora di più che urge rimediare...

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  13. Non me la perderò, questa mostra (già ho saltato la Biennale a venezia, grr).

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  14. Mi è sempre piaciuto Hopper.
    Ne aveva parlato anche Dama Verde, la mia blogger preferita di un tempo.
    Dopo aver letto e visto questo tuo post, sai che ti dico? cerco di andarci. Ciao.

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  15. Guardando questi quadri si ha l'impressione che Hopper sia riuscito a fare quello che voleva: dipingere la luce del sole
    sul lato di una casa.

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