Manoscritto di Gio Antonio Cane
Nel post precedente parlo di siccità. Diciamolo chiaro, questo stato sofferente di natura non ha influito di una virgola sulla vita pratica degli abitanti dell'estremo Ponente ligure. Non era così nei secoli passati.
Nel 1992 ritrovai in maniera del tutto fortuita nella casa di Giacomino Rodini a Isolabona il manoscritto di Gio Antonio Cane che sembrava svanito nel nulla dopo che ne aveva parlato Girolamo Rossi nella "Storia del Marchesato di Dolceacqua e dei Comuni della Val Nervia". È una specie di diario che quest'uomo scrisse a cavallo tra Sette e Ottocento dove racconta fatti privati e avvenimenti pubblici. Le pagine che più mi colpirono furono quelle sulla carestia del 1812 generata dalla siccità. Ne riporto alcuni passi, la trascrizione è di Marino Cassini.
Gio Antonio Cane
1812: Questo anno e stato il più misero che abia visto alcuna persona vivente in generale per tutto il Mondo era un pianto di vedere il numero delli poveri per le contrade che piangeva la fame dal principio del jnverno sino al mese Giugno cioè gli utimi di deto mese era ancora fame tutti li giorni non si vedeva che done figlioli e homini in giro in cerca di qualche cosa da mangiare chi vendeva ogni sorte di ferramenti bronzi rami roba linea lania fascie gierbidi canbi per prendere denarila magior parte delle done e figlioli impiegava tutti li giorni a racoglier erbe di tutte sorte
il forno erano pochi i giorni che cociesse e quando coscia non era altro che poche gabele o crisciensie di granon di pane erano tre o quatro particolari che ne facevano di quando in quando perche orzo non se ne sentiva mensionare il grano andava li dodeci la quarta.
insomma non era altro che granon e per tutto il Mondo non si mangiava altro che polenta richi e poveri quelli che ne poteva avere o con denari o a lascio li poveri non mangiavano altro che erbe senza oglio e poca sale si procurava una mana o sia pugnata di farina da meschiare con dete erbe per poterle inghiotire. giornate ne da homo ne da dona nesciun particolare ne rico e benestante non se ne cercava chi se potria fare li travagli li faceva chi non poteva farli li lasciava per non avere ne denari ne da dargli mangiare non solo il nostro paese ma in generale da tutte le parti erano morte persone di bona qualità homini e done e figlioli che facevano della fame per non trovare ne a vendere ne a impegnare ne a farssi lasciare lamico andava a trovar lamico ma non si poteva dare aiuto perche era frenquente la necessita di tutti amici parenti e simili
la Providenza di Dio e stata grande per gran abondanza del granon che da tutte le parti veniva e mancava li denari da comprarlo queli che aveva li denari lo pagavano lire cinque e dodeci o sei lire la quarta queli che lo prendevano a lascio lo pagava lire otto e mesa e nove la quarta e bisognava cader a quel presso e grazia di poterne avere a lascio la grande frequenza delli poveri che veniva in casa tutti li giorni metevan pietà tante cose che si cercava di vendere mobili e simili à pato roto e non si trovava per non esser denari
Ma la Providenza di Dio e stata tanto grande che con tante erbe di tutte sorte che si mangiava a nesciun hanno fato male solo che in terra di xventimiglia cioè nelle campagne per non aver sale hanno salato le erbe con aqua salata e poco o niente oglio e ne e morto quatro e in parte si sono amalati e li anno portati al Ospedale in xventimiglia
la fame crescieva sempre più nelle giornate lunghe a segno che homini e done figlioli andavano de in casa in casa chi per breno chi per sale per farina era una continua cerca chi vendeva roba linea chi ferramenti chi bronzi chi rami e tutto al disbarato e altro non si trovava che granon e altro non mangiavano la magior parte che erbe di tutta sorte e mar condite cioè poca sale e niente oglio
sono state morte case che sono vivute due e tre mesi di erbe con un pò di breno no solo in questo paese ma ancora nelli altri convicini li homini e done avevano il color del erba e parevan schereti metevano pietà di vederli
li ultimi del mese Aprile e venuto una dona della Bordighera fato bater la crida chi voleva farina di granon a cinque sordi la libra che prendeva tanto ferro roto a un sordo la libra in un giorno ne a racorto Rubi tredici ci era magagli roti martaleti mazze piastre di schiopo abondanza di lo toi (?) e tutto a un sordo la libra quanti che pe un magaglio anno avuto una libra farina in fine poi ne ho aguistato jo dalla deta dona me li lasciava serne e li pagava due sordi di bona moneta la libra ne ho comprato quatro Rubi
1812. jl mese di Maggio jo ho visto poveri che dimandavano breno di qual si sia sorte ateso che no si poteva dar altro e quel breno che gli dava se lo mangiavano cossì sciuto come le bestie ho visto degli homini e done e metevano pieta a vederli a Baiardo si e visto delli poveri racoglie lerba barca e farla boglie e poi la mangiavano
li 14. deto a hore tre dopo meso giorno e arivato Gioani Vezia con trei muli di Lodovico rebaudo carichi di granon d'jnpiemonte
e alle hore tre e mesa e arivato il servitore di Mariana di Apricale e montato piangendo per lafronto che a avuto in altomoro aveva quatro muli carichi di granon è si e apresentato due homini con il camiscio e il capucio nelli ochi e armati e li anno discaricato due muli e poi l'anno fato marciar via si hanno preso li quatro sachi
li 20. maggio in Apricale cioè al vitarel è morto il figlio del fùlodovico deto bogè dalla fame sie verificato du suo fratello che la deto ad un altro che si chiama di nomenato il xin e arestato morto sula porta di S. Bartolomeo e hanno dato li Sacramenti e poi ricuverato con vino e quarque cosa da mangiare e rinvenuto e scampato ancora alegro
li 27. se ne trovato uno per istrada nel territorio di Camporosso ancora morto dalla fame aveva un cavagneto con un cotelo dentro che andava a racoglier erbe e morto per strada
la magior necessità delli poveri oltre il non aver niente da mangiare era che si andavano tutto giorno a racoglier di ogni sorta di erbe e come erano a sua casa le bolivano e la magior neccesita come ho deto era di non aver sale ne oglio da condirle già di olio non se ne fava più costume di meterghene perche non ne avevano e nesciun non ne dava, andavano in cerca della sale ma era tanto continua dalla maggior parte delli habitanti che non se ne trovava
li 10. Giugno si è trovato una giovine che gardava bestie nel teritorio di Pigna morta dalla fame.
Una pagina del manoscritto
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Caro Alberto,
RispondiEliminasi tratta effettivamente di un documento, anzi direi di un registro molto importante ed interessante, che riporta dettagliatamente un fatto poco conosciuto.
Monsignor Novella, nel suo libro su Molini di Triora, dice: "Ad aggravare ulteriormente la situazione ecco susseguirsi dal 1810 al 1817 inverni caldissimi; a gennaio maturavano le fragole, ma a luglio grano non ne veniva, ad ottobre castagne non se ne vedevano e di fragole non si vive...
Come mai non c'era più l'alternarsi delle stagioni? I più saggi vollero cercare una spiegazione e la trovarono. E' la nuova coltivazione introdotta che ha portato il caldo invernale, la coltivazione delle patate. E la gente si montava la testa, si convinceva sempre più che la causa di tanti mali fosse da attribuirsi alle patate. Si ventilò persino di far venire una richiesta alle Autorità perché vietassero la coltivazione introdotta ai primi dell'ottocento.
Inviarano tale richiesta? Non si è potuto accertare con documenti, ma che le patare abbiano subito un tale processo di condanna è verissimo.
Le patate si vendicarono e nel 1818 fruttificarono in tale quantità e sfamarono così bene la gente che non furono più molestate, anzi crebbero di prestigio. Quando si dice che la gente condanna o assolve!
Fatto sta che in quegli anni si dovette provvedere alla distribuzione gratuita di viveri ma talmente razionata che non impediva di morire tranquillamente di fame."
Come vedi, Alberto, l'episodio del tuo avo (?) è confermato in pieno. Potresti farmi vedere dove è scritta quella parola "toi"?.
Ciao!
Sandro Oddo
Veramente molto interessante!
RispondiEliminaA volte nelle nostre case abbiamo dei veri e propri "giacimenti culturali",come si usa dire oggi.
RispondiEliminaUn bel po' di anni fa mi capitò di acquistare, in Abruzzo (chissà come ci era capitato...), un manoscritto di un medico della zona di Porto Maurizio, riportante un diario cronachistico relativo all'epidemia di cholera morbus nelle vallate imperiesi nel 1835, ricco di aneddoti, descrizioni e testimonianze di prima mano.
Chissà che un giorno, prima che mia moglie esausta finisca per bruciarmi tutto nel caminetto, non riesca a mettere a disposizione, magari on line, il materiale raccolto in tanti anni. Memore anche della fatica fatta tante volte per poter rintracciare e consultare documenti storici in mani private!
Mettere on line dei documenti del genere sarebbe una cosa bellissima (per gli altri), non per tua moglie, che ti vedrebbe occupato per anni in un lavoro extra :)
RispondiEliminaE' interessantissimo questo fatto delle patate... non lo conoscevo proprio! povere patate!
RispondiEliminaBè adesso diamo la colpa all'effetto serra, all'inquinamento (che di sicuro un po' di colpa ce l'hanno!) ma certo che nel 1817 l'inquinamento di oggi non c'era.... eppure, anche in quegli anni il tempo faceva le bizze, proprio come oggi!
ps. a proposito, anche senza lavare la macchina, oggi PIOVE! non sarà abbondante, ma sempre pioggia è!
@Sandro Oddo
RispondiElimina"Potresti farmi vedere dove è scritta quella parola "toi"?"
Purtroppo qui dove sono adesso non ho il manoscritto sottomano.
I eia tampi che i rati i sciurtia da
RispondiEliminai armarik cun e lussete ai oegli
Che meraviglia! Sarebbe da stampare oggi; i corsi e ricorsi delle storie (climatiche comprese) sono sempre ben testimoniate dai cronachisti antichi. :-*
RispondiEliminaL'anno scorso mi era scappato questo post, grazie Alberto per avermelo segnalato, lo ritengo comunque molto attuale per questi giorni di crisi economica, speriamo di non doverci ridurre in questo modo, e non mi riferisco alla siccita, ovviamente!!!
RispondiEliminaHo visto ora, da Roberta (gturs), questo riferimento...
RispondiEliminaInteressante Al, troppo belli gli antichi manoscritti!
grazie
buona domenica,
g