
Questa mattina il gesto l'ho già fatto quattro volte. Alzo deciso il braccio e la mia mano diventa la paletta dell'alt della polizia. È ormai un'abitudine quando devo attraversare una strada qui a Milano e sia ben chiaro sulle strisce pedonali dove in teoria dovrei avere diritto di stop sulle macchine. Qualcuno da dietro il volante mi guarda anche storto e riparte di scatto, sfiorandomi, quando sono passato, qualcun altro inchioda e immagino le imprecazioni. Ma non mi avevi visto che attraversavo?
Ogni giorno, ogni santo giorno, ben 60 pedoni sono investiti, e fra questi due perdono la vita. Nel 2006 i morti sono stati 758, 55 in più rispetto all'anno precedente. Se ti becca una macchina che viaggia a 30 chilometri orari hai la possibilità del cinquanta per cento di sopravvivere, se ti becca a 50 chilometri la possibilità scende al dieci per cento, sei quasi un uomo morto.
Adesso le case automobilistiche stanno progettando, perché lo prevedono le recenti omologazioni, nuove tecnologie che comprendono prove di crash “urto-pedone”. Più distanza del cofano dal motore in maniera da renderlo più “morbido” all'impatto, mascherine, le Frontal Protection System, protettive di gomma da montare sul muso dei Suv e vatti a sapere cos'altro.
Manca che rendano obbligatorio il casco per i pedoni così siamo a posto.
Certe rare volte mi capita, in qualche piccola cittadina, che appena accenno a mettere un piede sulla strada, la macchina che sta arrivando rallenta subito e si ferma, e chi è dentro mi fa cenno di passare. Gentilezze che ti sorprendono in questo mondo di fretta maleducata.
Quando si fanno sondaggi sui posti in Italia dove la qualità della vita è migliore basterebbe una prova per tutte. Quella del piede che accenna ad attraversare e le reazioni degli automobilisti.