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domenica 14 ottobre 2007

Occitani in Liguria? (6)

Dopo sette post e 192 commenti (alcuni molto autorevoli) è giunto il momento di fare il punto su una questione che ha coinvolto professori universitari di diversi paesi e appassionato numerosi lettori di questo blog.

Il 10 settembre pubblicai un post con allegato un articolo del professor Fiorenzo Toso. La sua tesi, molto argomentata, sosteneva che l'occitanità di Realdo e Verdeggia, come era affermato in un O.D.G. della provincia di Imperia da poco votato, era una montatura, forse ingenerata dalla voglia di accedere ai finanziamenti dalla legge 482/1999 sulle minoranze linguistiche tra cui l'occitano.

In due interventi, il 18 e il 30 settembre, Werner Forner, professore di linguistica romanza all’università di Siegen in Germania, non fece altro che ribadire, anche con una certa ironia, le affermazioni di Toso, apportando altri argomenti a sostegno. Il 24 era intervenuto, in sintonia con i due colleghi, anche il professor Philippe Blanchet dell'università di Rennes 2, specialista nella lingua provenzale.

Il 20 settembre ricevetti una mail dal presidente della Provincia Gianni Giuliano che chiedeva informazioni sugli studi dei professori che gli sono state prontamente mandate. La sua segretaria, mi verrebbe da fare il nome, non ha trovato i 10 secondi per un «ok, ricevuto».

E i sostenitori dell'occitanità? Un solo commento degno di nota, anonimo per giunta. Questo sul blog.

Sulla carta stampata la vicenda era cominciata sul settimanale La Riviera il 7 settembre. Il 28 settembre sempre sullo stesso giornale era intervenuto il professor Antonio Lanteri che oltre a non apportare nessun argomento per difendere l'occitanità di Realdo e Verdeggia era incorso anche in uno svarione, inserendo tra i paesi da mettere sotto tutela Olivetta San Michele che non era citata nell'O.D.G. della Provincia. E Toso aveva ribattuto il 5 ottobre. Intanto anche La Stampa il 21 settembre era uscita con questo articolo.

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Le istituzioni, si sa, hanno tempi lunghi, e se poi devono raddrizzare la rotta o, come in questo caso, fare indietro tutta allora i tempi si allungano ancor più perché devono giustificare in qualche maniera chi incautamente aveva perso la bussola.

Ringrazio i professori che hanno indicato la via maestra e i lettori che per questa via si sono incamminati cantando bello forte che non si svende la propria identità ligure per quattro denari.

Se ci saranno novità sarete informati subito.

102 commenti:

  1. Più che i "professori" credo che vada ringraziato anzitutto Alberto Cane, che ci ha dato una bella prova di cosa sia la libera informazione e di cosa possa fare un blog di fronte a certe "reticenze". Intanto il "caso" è stato reso noto, l'opinione pubblica è ormai in grado di giudicare e le istituzioni locali (anche se non si fanno sentire) sono al corrente del problema. Certo un esempio come quello che ci ha dato Alberto implica almeno una conseguenza: l'impegno a non lasciare cadere questo tema e a portarlo in tutte le sedi opportune, locali, regionali, nazionali e persino internazionali (vista l'audience che abbiamo riscontrato) nel caso malaugurato che le istituzioni stesse non facciano capire la loro posizione, dimostrando se sono in grado il carattere "occitano" dei dialetti in questione, o ritirando, in caso contrario, il loro avvallo al riconoscimento dell'occitanità di Realdo, Verdeggia e Olivetta. Diamo tempo fiduciosi a queste istituzioni, ma senza nessuna intenzione di lasciare che la cosa finisca qui. Cordiali saluti a tutti,
    Fiorenzo Toso

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  2. Grande alberto, non mollate

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  3. Mi erano sfuggiti gli articoli sulla "Riviera". finora pensavo che Antonio Lanteri fosse una persona seria, ma adesso devo prendere atto della sua malafede, i suoi argomenti vorrebbero solo creare confusione, parla come se non avesse visto il blog, che sicuramente conosce benissimo, e parla come se non conoscesse tutti gli scritti citati da Toso che riguardano il brigasco che lui sostiene di difendere. Sono rimasto senza parole, ma perché il sindaco di Triora non interviene?

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  4. Una cosa che salta all’occhio rileggendo tutta la questione è la clamorosa assenza degli attivisti e degli “intellettuali” occitani nella discussione. Io scrivo da un paese del Piemonte che è stato “occitanizzato” come i vostri, e se una cosa del genere fosse successa dalle mie parti ci sarebbe stata una levata di scudi, prese di posizione, dichiarazioni di lesi “diritti” ecc. ecc. Qui invece se ne stanno zitti, vuol dire che hanno mollato i loro compagni di merende perché si rendono conto che è una causa persa, oppure perché non c’è da guadagnare abbastanza. E’ una cosa che dovrebbe fare meditare i politicanti e gli occitanofili brigaschi, se ce ne sono ancora.

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  5. Il sindaco di Triora non interviene perché, secondo lui, è una cosa di poca importanza, una cosa da intellettuali...
    E per non inimicarsi il prof. Antonio Lanteri.

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  6. Grazie ad Alberto e al professor Toso per la costanza e la tenacia con cui seguono la questione.
    Speamu ben!

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  7. Scusi Alberto, ma questo post è stato segnalato in Provincia?

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  8. @anonimo

    "E per non inimicarsi il prof. Antonio Lanteri."
    Il prof. Antonio Lanteri se ha onestà intellettuale non dovrebbe far altro che ammettere il proprio errore. Chi non sbaglia nella vità?

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  9. @giurista
    La mail parte fra un minuto. Grazie per i commenti.

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  10. Per frabosano: qui siamo in Liguria, e senza offesa per gli amici piemontesi non ci lasciamo tanto prendere per i fondelli. non avete linguisti seri dalle vostre parti?

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  11. Eviterei di fare il processo al Lanteri, cercherei di avere risposte dalla Provincia e magari dai comuni, questo è l'essenziale.

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  12. Trovo sul post Occitani in Liguria 4 questa richiesta di Anonimo, alla quale mi sembra giusto dare risposta in questa sede più aggiornata: “a questo punto, approffitando della presenza del professore, pongo una domanda (esule dalla polemica) che mi incuriosisce da tempo: essendo un girovago nella francia del sud. che differenza c'e' fra provenzale ed occitano? mistral in che lingua scriveva? e soprattutto e' possibile a grandi linee distinguere delle zone o dipartimenti in cui si parla una lingua dall'altra”.

    La denominazione “provenzale” è di facile interpretazione, indica i dialetti neolatini parlati in Provenza, diversi dal francese e imparentati con altre varietà diffuse nel sud della Francia. Tradizionalmente con “provenzale” si indica anche una lingua letteraria medievale, quella in cui scrivevano i trovatori, che fu comune a poeti di diversa origine e nazionalità (catalani, francesi, italiani ecc.): era basata sui dialetti della Francia meridionale e il nome “provenzale” era legato, in quest’ambito, al particolare prestigio culturale della Provenza. Nell’Ottocento il provenzale conobbe una specie di resurrezione letteraria ad opera del movimento poetico chiamato felibrige, del quale faceva parte anche Mistral, il quale, di conseguenza, chiamava la lingua in cui scriveva “provenzale”. Dialetti provenzali sono anche quelli che si parlano nelle valli della Provincia di Cuneo tra Limone e Bardonecchia (ma non a Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele e nemmeno nella val Roya francese!). La denominazione “occitano” è più complessa e per certi aspetti più ambigua. Con essa i linguisti (non tutti però) intendono i dialetti della Francia meridionale, diversi dal francese, dei quali fanno parte anche il provenzale, il nizzardo e il linguadociano: è un po’ come se si usasse un termine tipo “padano” per indicare nell’insieme varietà diverse tra loro ma anche strettamente imparentate, come il piemontese, il lombardo e l’emiliano. Dopo la “rinascita” del provenzale letterario, a fine 800, si è sviluppato nel Midi francese un movimento politico-culturale fautore della costruzione di una lingua comune a tutta l’area, basata essenzialmente sulla varietà di Tolosa, che nelle intenzioni dei suoi fautori dovrebbe diventare la lingua “nazionale” della Francia del Sud in contrapposizione al francese: questa lingua viene scritta secondo una grafia basata sui modelli medievali e non ha effettive tradizioni nell’uso parlato. In Provenza in particolare questo tipo di impostazione viene rifiutato (anche a livello istituzionale), si preferisce parlare di provenzale e promuovere l’uso delle varietà viventi (anche se sono in forte crisi, molto più, ad esempio, del ligure o del piemontese in Italia). L’uso del termine “occitano” ha finito così per assumere una connotazione ideologica, ci si riconosce nell’identità linguistica “occitana” soprattutto se si è seguaci di un progetto culturale e politico a carattere nazionalista, che è stato teorizzato tra gli altri da François Fontan, fondatore negli anni Cinquanta di un movimento che non ebbe peraltro un grosso seguito popolare. La distinzione tra “occitano” e provenzale si ripropone in maniera analoga in Piemonte, dove si dichiarano “occitani” soprattutto gli aderenti a questo tipo di impostazione, ma dove i dialetti delle valli di Cuneo e di Torino sono tradizionalmente riconosciuti come “provenzali”. La legge 482/1999 ha contribuito a generare un bel po’ di confusione, perché ammette a tutela l’”occitano”, che sostanzialmente è un’astrazione, e non riconosce la denominazione “provenzale”. Riassumendo, possiamo dire che esiste (come del resto specifica il governo francese) una serie di varietà dialettali imparentate tra loro, e possiamo chiamarle “lingue d’oc”, una delle quali è il provenzale (assieme al nizzardo, al linguadociano, all’alverniate, al limosino, al guascone…); e che esiste una lingua “occitana” che vorrebbe essere una specie di “cappello” letterario e istituzionale alle varietà che si integrano in questo insieme, ma che non è praticamente parlata e che corrisponde essenzialmente a un uso ideologico della lingua. Anche per questo motivo è nata la discussione relativa a Realdo, Verdeggia ecc.: a prescindere dal fatto che in queste località non si parlano dialetti provenzali ma liguri-alpini, la denominazione “occitano” ha implicazioni ideologiche, in genere non note alla gente, che rischiano di integrare a loro insaputa intere comunità in un quadro rivendicativo del tutto estraneo alla realtà locale. Spero di essere stato esauriente, in ogni caso, sono sempre disponibile per ogni chiarimento. Un cordiale saluto, F.T.

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  13. D’accordo di non fare il processo a Nino Lanteri, ma non dimentichiamo che le sparate più grosse le ha fatte lui. Ecco cosa si legge a sua firma sul num. 37 della Vastera (reperibile online): “Successivi studi, specialmente in questo ultimo trentennio, hanno portato a riconoscere che la parlata brigasca rientra fra le varianti della parlata occitana. Una recente legge italiana, la legge 482 del 15 dicembre 1999, che tutela le minoranze linguistiche storiche presenti in Italia quali l’albanese di Calabria, il catalano in Sardegna, il friulano il ladino, ha riconosciuto fra le altre l’occitano come minoranza linguistica storica ed ha dettato norme per la sua tutela e, in questo riconoscimento è incluso anche l’idioma brigasco”. Ora, quali sono gli studi che cita? E poi la balla più grossa: se leggete il testo della legge che Alberto ha postato, trovate che si parla sì dell’occitano, ma che in esso sia incluso il brigasco non c’è scritto. Altra balla: nel num. 38 della Vastera, sempre Lanteri sostiene come “da autorevoli fonti culturali e dagli Studi del Ministero degli Interni dello Stato Italiano, - che hanno condotto alla emanazione della legge 482/80, - la comunità brigasca, fra le minoranze storiche italiane, sia considerata e classificata “Minoranza linguistica occitana”. Lascio a tutti quanti di trarre le conclusioni…

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  14. Se è per questo L. scrive anche che è stato Massajoli a sostenere per primo che il brigasco è occitano, ma quando mai, sul Ni d'aigura è una vita che si sbattono a dire che è ligure. E poi L. dice che Forner non ha capito niente, che il brigasco era occitano da sempre e che i liguri cattivi lo hanno influenzato ma solo un po'. forse non lo sapevamo, L. è professore di linguistica

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  15. Mi associo anch'io nel ringraziare Alberto!

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  16. Ringrazio il prof. Toso per l'esaustivo e chiaro commento sulla mia domanda sul provenzale/occitano. ma a questo punto, chi e' il "vero" erede della lingua d'oc (medioevale); quella dei trovatori per intenderci! Si diceva che essi parlavano il provenzale...non e' piu' corretto pensare che parlassero invece la lingua dell'odierna linguadoca e dintorni, dove appunto capoluogo e' tolosa?
    Inoltre, io godo dell'anonimato e posso parlare liberamente, ma qualcuno altrettanto anonimamente: potrebbe spiegarmi quale sarebbero le motivazioni politico/ideologiche per cui gli "occitani" della provincia di imperia mirerebbero ad essere riconosciuti?
    capisco che la legge dara' dei fondi: ma la battaglia e la dichiarazione di occitanita' non e' anteriore alla legge?
    cordiali saluti

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  17. sarebbe anche da dire, che il museo della cultura brigasca andrebbe fatto nelle 2 frazioni brigasche, e non come deciso, nel capoluogo triora: all'interno del museo internazionale della stregoneria.

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  18. A tutti gli anonimi
    Costa così tanto fatica darsi un nickname? Se uno deve rispondere a un anonimo deve fare i salti mortali: quello prima di, quello dopo di, quello che ha postato all'ora tal dei tali. Suvvia.

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  19. Quale sia la vera erede della lingua d'oc è, temo, una questione oziosa, nel senso che la frammentazione dialettale preesisteva, e nel senso che la lingua letteraria medievale venne meno quando venne meno la sua funzionalità sociale (sia stato per colpa dei francesi del nord o per qualsiasi altro motivo). Comunque è un problema (e una discussione) che lascio volentieri agli specialisti dell'area. quella dei trovatori è un'eredità che "fa gola" per motivi di prestigio, ma credo sia parte del patrimonio complessivo dell'umanità, più che di chi si riconosce nel "provenzale" o nell'"occitano", anche perché la lingua d'oc fu uno strumento letterario internazionale (anche molti liguri poetarono in lingua d'oc, senza per questo sentirsi minimamente "occitani" o "provenzali", tutt'altro).
    Senza bisogno di anonimato, posso chiarire meglio il mio pensiero intorno alle implicazioni e alle conseguenze "politiche" dell'occitanizzazione di Realdo, Verdeggia e Olivetta: non credo che ci sia un progetto "separatista" in quei paesi o qualcosa del genere, credo però che l'aspirazione di un'esigua minoranza a ritenerli "occitani" si inscriva in un contesto di espansionismo "culturale" che in Piemonte è sotto gli occhi di tutti e che in vario modo si nutre anche di ingenue velleità politiche (basta vedere le pubblicazioni e i siti occitani per rendersene conto). Questo fa il gioco di alcuni gruppi che si propongono come "gestori" dell'"identità" occitana e che sono diventati referenti dei poteri politici locali e regionali, anche nella gestione dei fondi della 482. Tutto ciò fa però a pugni con l'effettiva salvaguardia dei patrimoni linguistici locali, perché implica la standardizzazione e la diffusione di un idioma estraneo alla realtà tradizionale (sfido qualsiasi brigasco od olivettese a riconoscersi nell'"occitano cisalpino di riferimento" che da qualche parte si sta elaborando), l'importazione di modelli culturali esogeni (tra cui inni, bandiere e altra paccottiglia nazionalista), e soprattutto una rimozione dell'effettiva realtà linguistica ed etno-antropologica locale a favore di generalizzazioni che oltrettutto, nel nostro caso, sono più che mai estranee al vissuto storico-culturale delle comunità: se almeno si parlassero davvero dialetti di tipo provenzale la cosa potrebbe avere un certo senso, ma qui stiamo parlando di aree dove si parla il ligure alpino. Faccio solo un esempio di come agiscono queste forme di alienazione: se andate sul sito www.olivetta.it trovate non solo una pagina che vi spiega in maniera più o meno corretta cosa è l'occitano, ma che riporta anche una serie di proverbi: nessun rapporto col dialetto e con le tradizioni locali, si tratta di testi in provenzale stretto, che non hanno nulla a che fare con l'olivettese e con gli Olivettesi, e che si lascia intendere facciano parte della cultura locale. Così si creano pretese di eccellenza, distacco dal vissuto comune con le aree limitrofe e anche rischi di emulazione da parte di altre amministrazioni che colgano i presunti "benefici" dati dall'accesso alla legge 482. Ma è un gioco rischioso ed eversivo della realtà culturale di intere aree, di fronte al quale il linguista, come ho già chiarito altrove, non può far finta di nulla. Un cordiale saluto, FT

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  20. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  21. Intervengo in quanto collaboratore della rivista R Ni D'Aigura (Il Nido d'Aquila).
    Innanzitutto ringrazio Sandro Oddo e Fiorenzo Toso per le segnalazioni riguardanti questo blog che non conoscevo.
    Ringrazio quindi Alberto per aver "innescato" una discussione veramente interessante.
    Come diceva qualcuno "Non importa come, l'importante è che se ne parli" e in questo senso Alberto, con il suo blog, si è guadagnato un bel "bravo" per essere riuscito a far intervenire non solo studiosi importanti, con argomentazioni dotte e qualificate, ma anche simpatizzanti ed appassionati che hanno fatto conoscere sia problematiche sia anche molti aspetti interessanti, contributi e conoscenze - indipendendemente dalle singole posizioni - concernenti realtà e paesi delle nostre terre e dove una rivista cartacea non può arrivare.
    Ben afferma "Brigasco di Verdeggia" quando dice "...quando mai, sul RNi d'Aigura sono anni che si sbattono a dire che il brigasco è ligure" ed è quindi proprio per questo che scrivo in quanto il silenzio di Massajoli - direttore della rivista e studioso da sempre della realta brigasca e della cultura ligure alpina - è un fatto solamente dovuto a questioni tecniche: non tutti sono esperti di pc, web, blog, virus, spam, etc. E' stato informato dell'attualità interessante di questo blog e presto pubblicherà un suo intervento.
    Buona "discussione" e cordiali saluti a tutti.
    Enrico Pelos, R Ni d'Aigura

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  22. Ahimé, mi chiamo Fiorenzo, non Franco, e ci convivo da 45 anni. Comunque grazie a Enrico Pelos e attendiamo tutti con grande rispetto e interesse l'intervento di P.L. Massajoli, che certamente ha moltissima voce in capitolo.
    Salute a tutti, FT

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  23. Ho eliminato un commento di Enrico Pelos perché era identico a quello che vedete.

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  24. finalmente sono usciti i nomi.
    sotto quel "lanteri" di verdeggia che scriveva alla stampa contro la croce occitana si capiva lontano un miglio che c'era qualcuno di triora (se non altro perche' le lettere partivano da li).
    le streghe non sono soltanto a triora, i sensitivi sono anche piu' sopra o sotto.....

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  25. Le "streghe" erano anche QUI, purtroppo.

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  26. giusto alberto. e pure a castellar sopra mentone uccisero la "strega" di mentone; una poveretta di cognome Raibaudo.

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  27. per link vedi nel posto "la tua pagina web"

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  28. Non coinvolgiamo le streghe, tanto per confondere le idee, ma fermiamoci alla questione di fondo.
    Una domanda però sorge spontanea: "come si fa a sapere che le lettere sono state spedite da Triora?". Vuol dire che ci sono giornalisti che lo fanno sapere...
    Comunque contro la croce occitana hanno parlato, fra gli altri, Luì Cerin e Sandro Oddo, che non si nascondono dietro anonimi.

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  29. Mi associo all'ultimo commento, le streghe e altre faccende esulano dal problema che ci interessa, ossia la trasformazione di un dialetto ligure alpino in occitano, per la quale attendiamo ancora prove concrete dell'avvenuto miracolo. Quanto poi allo spionaggio giornalistico, temo che si commenti da solo, a prescindere dal fatto che non mi risulta che tutti iverdeggiaschi abitino a Verdeggia... Un cordiale saluto a tutti, Fiorenzo Toso

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  30. Ehi Gianni, tu che ti diletti di nomi e cognomi, non conosci mica quel famoso anonimo che ha promesso un mese fa di rivelare le accurate motivazioni con le quali la provincia ha trasformato i brigaschi in occitani? Perché qualcuno dice che potrebbe vivere in casa tua. Se per caso lo vedi digli che siamo sempre in attesa.

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  31. Basta depistaggi caro gianni, dì al tuo datore di lavoro se per favore ci fa sentire il suo parere su tutta la faccenda dell'occitano.

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  32. Non ho datori di lavoro interessati alla faccenda, ne' gente in casa che sappia niente dell'iter, in provincia, per il riconoscimento dell'occitano.
    vengo qui per "divertissement" e ho deciso di partecipare PUR SAPENDO POCHISSIMO DELLA QUESTIONE IN SE; dato che non mi sono mai "mischiato" con la gente della VASTERA e sono un semplice abbonato al giornale.
    questo e' quanto. Ho espresso solamente delle MIE opinioni e attenderei anch'io chiarimenti dai "brigaschi ufficiali"....ma qui, mi pare, non rispondano.....
    ps: alberto, non riesco a postare piu' di un msg al giorno, hai messo un "limitatore"?
    saluti

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  33. No, no, nessuna limitazione. Riprova. Se il problema rimane avvisami.

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  34. In ogni caso il brigasco di Verdeggia ha ragione, che fine ha fatto l'anonimo che doveva riferire sulle "motivazioni"?

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  35. Sarà in riunione con Giuliano e Bertaina, che cavolo. Dagli un po' di tempo.

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  36. Gianni, la faccenda non è proprio un divertissement, c'è di mezzo un falso e una serie di manovre non proprio pulite. Grazie ad Alberto per avere segnalato il fatto.

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  37. beh, carissimo. non so che dirti.
    l'impianto legislativo mi pare discutibile se ognuno che fa domanda ottiene, senza che sia esaminata, la "licenza" di minoranza linguistica. le cose sono due: o la legge e' discutibile e pertanto non vedo cosa c'entri la provincia, la vastera ecc. o come dici tu e' in atto un tentativo di "falso".
    ma mi urge una domanda: possibili che roma sganci i soldi se il dossier "imperiese" non portera' prove, almeno minime, di studi effettuati? e quanti in italia saranno questi tentativi?
    PERO' a questo punto e' la legge da cambiare. Ed e' li' che bisogna rivolgersi: a ROMA.
    ps:grazie alberto, per due giorni ero bloccato su un msg al giorno, ora si e' sbloccato...(misteri del web) :-)

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  38. Gianni, che la legge sia formulata in maniera assurda è un dato di fatto, ma come ho già scritto su questo blog il nostro problema è il seguente: il decreto attuativo della legge stessa stabilisce che “i consigli provinciali, sentiti i comuni, sono tenuti a pronunciarsi, sulla delimitazione dell'ambito territoriale [in cui è presente una minoranza linguistica], con atto motivato” e che “l'ambito territoriale e sub-comunale in cui si applicano le disposizioni di tutela di ciascuna minoranza linguistica storica previste dalla legge coincide con il territorio in cui la minoranza e' storicamente radicata e in cui la lingua ammessa a tutela e' il modo di esprimersi dei componenti della minoranza linguistica”. Se emerge che le aree attribuite con atto motivato dalla provincia di Imperia alla minoranza occitana non sono effettivamente di lingua occitana come era universalmente noto e comprovato scientificamente PRIMA della delibera della provincia (cosa ormai accertata), qualora la provincia stessa non riesca a dimostrare che gli studiosi hanno torto si può ipotizzare il reato di falso ideologico da parte della provincia stessa e dei comuni implicati, in base a una sentenza della Corte di Cassazione secondo la quale “costituisce falsità ideologica anche l’attestazione del pubblico ufficiale che consapevolmente sostenga essere conforme a parametri (anche di carattere non normativo), indiscussi e determinati da una comunità tecnica o scientifica ( cc.dd. leges artis), un elaborato a carattere tecnico che tali caratteristiche non abbia”. Per questo stiamo aspettando che la provincia faccia sapere come si è arrivati a dichiarare di lingua occitana Realdo, Verdeggia e Olivetta. Se gli argomenti della provincia non sono in grado di smentire quelli determinati dalla comunità scientifica (cioè i linguisti), secondo il quale si tratta di dialetti liguri, il reato è ipotizzabile eccome. Ovviamente se la provincia ritira il proprio avvallo alla dichiarazione dei comuni, e tutto finisce a tarallucci e vino, nessuno ci rimette niente e si salvano verità scientifica, buon senso e legalità. Ma la speranza è che la provincia faccia comunque un passo indietro per rispetto ai suoi cittadini, senza dover arrivare a ricorsi al TAR e altre iniziative legali.

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  39. Appunto, io l'ho capita così.

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  40. E' lecito sperare comunque che al di là di iniziative legali e altri provvedimenti la Provincia non intenda continuare a dare il suo sostegno a un sacco di balle, sarebbe imperdonabile.

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  41. Scusate l'ignoranza, non basterebbe una comunicazione della provincia al ministero competente e
    a chi altro di dovere con cui si dice che alla luce di nuovi elementi scientifici acquisiti risulta che nei tre paesi non si parla occitano come erroneamente era stato riferito? Questo dovrebbe essere sufficente per chiudere la questione senza che nessun ente ci perda la faccia. quanto alla Vastera, la provincia potrà contiuare a sostenere la sua attività per i rapporti con Briga e per la tutela delle tradizioni locali senza bisogno di mescolarci occitanate.

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  42. Bravo Sal ci sei arrivato, è esattamente quello che si chiede da un mese e passa, dove sei stato? Se non fanno così, dimostrano solo che gli fanno gola i quattrini o che c'è sotto qualcos'altro.

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  43. ti ringrazio giurista. devi essere un'avvocato od un'esperto.
    quando diventera' operativa tutta questa normativa?

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  44. scusate, ma non c'e' un professore di linguistica o materie annesse che sia ufficialmente schierato per l'occitanita' del brigasco?
    mi sembra chiaro, ormai, che la vastera non cita (se ce l'ha) le sue fonti; la provincia "ritarda", o forse sta valutando.
    Tra quanto la legge diventera' "operativa"? e non si potra' piu' cambiare se non con ricorsi al tar ecc.ecc.

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  45. un'altro stumento (discutibile e non so quanto praticabile) nel mentre: sarebbe il ricorrere ai media: tipo gabibbo o LE IENE.
    se fossero disponibili: ricci ad esempio e' sensibile alle tematiche liguri, e' di albenga ed abita ad alassio.
    bisognerebbe che toso (o altri) esponessero brevemente i loro studi e si andasse in provincia o a triora a chiedere di confutarli.
    e magari mettere in discussione tutta la legge e i finanziamenti che, son quasi sicuro, SARANNO PIU' SCANDALOSI in moltre altri parti d'italia dove si hanno molto meno scrupoli nell'arraffare soldi!

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  46. Caro sig. Gianni, a questo punto credo di dover essere io a darle qualche risposta. Che io sappia, lo ribadisco, nessuno studioso competente in materia si è mai dichiarato per il carattere occitano del brigasco, al massimo qualcuno ha azzardato un qualche influsso della “cultura” pastorale provenzale su quella brigasca, ma qui stiamo parlando di lingua e questo non c’entra. La bibliografia accreditata sull’argomento l’ho pubblicata su uno degli scorsi post e può facilmente prenderne visione. Da questo blog si è chiesto a più riprese, e da più parti, che la Provincia rendesse pubbliche le motivazioni con le quali i dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele sono stati accreditati come “occitani”, ma sino ad ora non c’è stata risposta, cosa che rende fondato il sospetto che la Provincia stessa si sia basata su dei “si dice” e che comunque non abbia elementi scientifici probanti da opporre a quelli addotti dagli studiosi che negli ultimi decenni si sono occupati di questi dialetti dimostrandone il carattere ligure che da sempre, del resto, era loro riconosciuto in tutte le pubblicazioni linguistiche. Io mi sono offerto fin dall’inizio, in forma gratuita, di venire a riferire a qualsiasi amministrazione (provinciale o comunale) sull’argomento, adducendo non studi miei (non ne ho fatto di specifici, e questo la dice lunga, spero, sulla mia posizione assolutamente disinteressata), ma la bibliografia scientifica internazionale più aggiornata. Finora questa offerta non è stata raccolta, ma la ribadisco ancora una volta in piena serenità, e sono anche disposto a sostenere qualsiasi contraddittorio venisse proposto con qualsiasi sostenitore del carattere occitano delle parlate in questione. Se la mia persona fosse giudicata non idonea, sono comunque certo che altri colleghi sarebbero disponibili a fornire forme analoghe di informazione (non voglio dire “consulenza” perché ciò parrebbe implicare un compenso). Le normative di cui parla il Giurista (che mi pare persona competente) sono già in vigore, quindi il problema è correttamente impostato, si tratta solo di convincere le amministrazioni a ritirare le dichiarazioni con le quali si sancisce il carattere “occitano” dei dialetti, il che mi pare una via d’uscita “salomonica” come suggeriva appunto il sig. Salomone, la quale non reca danno a nessuno, né d’immagine né d’altro genere, salvo il precludere l’accesso a finanziamenti ai quali non si ha peraltro alcun diritto. Secondo me Salomone ha ragione anche su un altro fatto, ossia che neppure l’associazione A Vastera ha da rimetterci gran che, perché il suo ruolo a mio avviso prezioso nella cura dei rapporti transfrontalieri e nella valorizzazione della cultura locale non ha evidentemente bisogno di travestimenti occitani e potrà continuare a fruire dell’appoggio della Provincia, della Regione ecc. Personalmente sarei contrario sia a ricorrere al Gabibbo sia alle azioni di tipo legale, mi pare tutto molto semplice e molto lineare, si tratterebbe solo di comunicare a chi di dovere, da parte della Provincia, che in base ad accertamenti e all’acquisizione di risultanze scientifiche accreditate non risulta più che i comuni di Olivetta San Michele e Triora (per Realdo e Verdeggia) possano accedere ai benefici della L.N. 482/1999 in quanto sul loro territorio non esiste in realtà una minoranza linguistica. Questo sarebbe sufficiente e chiuderebbe la questione, sia però chiaro che diversamente la mia posizione di linguista mi impone di continuare a denunciare lo stato di fatto in tutte le sedi e in tutte le occasioni che riterrò opportune, dal Gabibbo in su tanto per intenderci. Un’ultima considerazione di carattere generale: se la Provincia di Imperia seguisse il tipo di iniziativa che stiamo delineando, revocando il riconoscimento dell’inesistente occitanità di Realdo ecc., si aprirebbe senz’altro la strada a una revisione profonda dei criteri sconsiderati della L.N. 482/1999; certamente lei ha molto ragione, in altre parti d’Italia questa legge è stata travisata e strumentalizzata assai più che in Liguria attraverso la manipolazione delle identità linguistiche e altri fenomeni di inciviltà amministrativa, e penso che, una volta dato l’avvio, la messa in discussione dei suoi aspetti meno credibili diventerebbe inevitabile, con l’aiuto dei linguisti competenti sulle varie aree e/o col sostegno delle popolazioni interessate: il caso di Realdo ecc. è soltanto il più vistoso per quel che riguarda l’assoluta incongruità che esiste tra la realtà linguistica locale e quella dichiarata, soprattutto perché esistono studi recenti e autorevoli sull’argomento. Una revisione della 482/1999 potrebbe inoltre portare alla riformulazione del concetto di “bene linguistico” da estendere senza discriminazione alcuna non solo alle minoranze linguistiche, ma a tutte le varietà idiomatiche che si integrano nel panorama linguistico ed etnografico del nostro paese, tra le quali il brigasco rientra senz’altro a pieno diritto, accanto ad altre varietà liguri. Insomma, i politici della Provincia di Imperia, in forma bipartisan, hanno una splendida occasione per dimostrarsi attenti alla realtà del territorio, sensibili a problemi rilevanti dal punto di vista delle strategie culturali, disinteressati a un utilizzo strumentale della legislazione vigente, attenti alle indicazioni dei loro amministrati, aperti a una riformulazione aggiornata di concetti come quello di bene linguistico, capaci di iniziative dal carattere fortemente innovativo. Speriamo che non si lascino sfuggire l’occasione. Un cordiale saluto e grazie per la discussione, FT

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  47. Caro professore, i nostri politici non sono all'altezza. Chiami pure il Gabibbo.

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  48. grazie al professor toso per gli ultimi chiarimenti.
    per operativita' della legge, pero', intendevo: quando e' che entra in vigore, si "chiudono le buste" ed i giochi sono fatti?
    se non la legge (Che penso sia entrata in vigore dopo 30 giorni nel 99) l'ITER completo di applicazione anche in sede locale (provincia ecc.): con il definitivo compimento a cui fara' solo seguito gli stanziamenti monetari?
    la provincia quanto tempo ha per ritirarsi, ancora, indietro?
    non so se mi sono spiegato......
    (sempre che esista un limite temporale...)
    gradirei una risposta anche dal Giurista.
    cordiali saluti

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  49. Caro sig. Gianni, io di questo non so niente, tuttavia il decreto presidenziale di attuazione della legge stabilisce un calendario di date per ogni intervento finanziario annuale. Ma direi che non è questo il nostro problema, anche perché non sappiamo (o almeno, io personalmente non so) se in questo momento ci siano richieste di finanziamento da parte dei comuni implicati o da altri enti. A mio parere il problema sta a monte, si tratta non di bloccare una singola richiesta, ma di dichiarare esplicitamente che, diciamo da ora in poi, i comuni di Triora e Olivetta San Michele non sono più abilitati ad accedere ai benefici di legge. Questo dovrebbe bloccare automaticamente ogni iniziativa. Forse il Giurista potrà illuminarci.
    Un cordiale saluto, FT

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  50. Gianni, ha ragione il prof. Toso, il punto non è bloccare singole richieste di finanziamento, quanto annullare l’accesso dei due comuni ai benefici della legge (non solo in termini finanziari, ma in senso generale). In tale modo decadono automaticamente anche tutte le eventuali richieste di finanziamento da chiunque siano state effettuate, perché viene meno la ratio giuridica che è alla base delle possibilità di accedere ai fondi previsti dalla legge. La dichiarazione che stiamo immaginando da parte della Provincia è un novum, nel senso che non è contemplato espressamente che una Provincia una volta che ha dichiarato uno o più comuni appartenenti a una minoranza linguistica faccia marcia indietro; tuttavia è evidente che può farlo in qualsiasi momento qualora, come nel nostro caso, si rilevi un conflitto tra la verità storica e quanto in precedenza dichiarato. La dichiarazione della Provincia deve essere diretta a tutti i referenti istituzionali ai quali nel 2000 era stata comunicato l’avvallo del carattere occitano delle località interessate, ovvero (art. 1 comma 6 del DPR attuativo) la Presidenza del Consiglio dei Ministri – dipartimento per gli Affari Regionali, il Ministero dell'interno - Ufficio centrale per i problemi delle zone di confine e delle minoranze etniche, nonche' il Ministero delle comunicazioni, l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni, la societa' concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e la regione interessata (nel nostro caso ovviamente la Liguria). In ogni caso ti giro in estratto alcuni punti dell’art. 8 del DPR attuativo, da cui si evince che la Presidenza del Consiglio riparte i fondi relativi alla legge entro il 31 ottobre di ogni anno. Quindi, se ci sono richieste di finanziamento in corso, l’ideale sarebbe che la dichiarazione della Provincia pervenisse ai referenti istituzionali entro quella data, onde evitare l’assegnazione di fondi che occorrerebbe in seguito restituire.
    Procedure di finanziamento
    1. Entro il 15 febbraio di ogni anno il Presidente del Consiglio dei Ministri […] definisce con decreto i criteri per la ripartizione dei fondi previsti dagli articoli 9 e 15 della legge […].
    2. Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, trasmettono, entro il termine perentorio del 30 giugno di ogni anno, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, un programma dettagliato degli interventi relativi agli adempimenti previsti dall'articolo 9 della legge, quantificando contestualmente il fabbisogno.
    3. Gli enti locali, le camere di commercio e le aziende sanitarie locali trasmettono, alle regioni di cui al comma 4, entro il termine perentorio del 30 giugno di ogni anno, un programma dettagliato degli interventi relativi agli adempimenti previsti dalla legge, quantificando contestualmente il fabbisogno.
    4. Ai fini della istruttoria relativa alle richieste di finanziamento, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, stipula con le regioni interessate per territorio specifici protocolli d'intesa in ordine ai progetti redatti dai soggetti di cui al comma 3. Detti protocolli possono prevedere che l'erogazione dei finanziamenti avvenga per il tramite delle regioni stesse.
    5. Ciascuna regione di cui al comma 4, entro il termine perentorio del 30 settembre di ogni anno, trasmette alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, i progetti di cui al comma 3, con le modalita' previste dai protocolli d'intesa, corredati delle proprie osservazioni, con particolare riguardo alla compatibilita', nonche' alla coerenza dei progetti stessi con la legislazione regionale eventualmente piu' favorevole in materia. Congiuntamente a detti progetti la regione unisce quello relativo agli interventi regionali.
    6. Entro il 31 ottobre di ogni anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono ripartite le somme previste dagli articoli 9 e 15 della legge […].

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  51. Per giurista: a parte i paroloni latini parli come un libro stampato è tutto molto chiaro. per vigilante: fammi pure fare la figura da cioccolataio, ma dopo il mio intervento si comincia a ragionare in concreto. per toso, grazie per l'equilibrio. Per Gianni, se puoi dare una mano in questa facenda sei un benemerito. per Alberto, è magnifico come funziona il tuo blog, hai creato qualcosa di cui puoi essere orgoglioso

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  52. o.k. Sally ritiro tutto sei in gamba

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  53. Insisto sul Gabibbo.

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  54. Meglio Report o Anno Zero. Ma per la Provincia forse è meglio "Chi l'ha visto?", qualcuno l'ha vista in questa faccenda?

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  55. Dopo un gran "parlare", con una tensione altissima di oltre un mese, è calato il silenzio. La strategia dei politici ha funzionato: lasciate che parlino, che parlino, che si sfoghino. Prima o poi si stuferanno e tutto tornerà come prima.
    I brigaschi torneranno occitani, la Provincia vivrà in santa pace e la Vastera ci farà una bella figura.
    Così è la vita.

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  56. Per quanto mi riguarda non è chiuso un bel niente. Essendo un inguaribile ottimista, tuttavia, credo che sia ragionevole consentire agli amministratori qualche giorno di riflessione; ma le risposte ad alcune domande molto precise le debbono dare, non tanto al sottoscritto, ma ai loro amministrati, che hanno gli strumenti per esigerle. Le iniziative da prendere nel caso tali risposte tardassero troppo sono già state in vario modo ventilate su questo blog. Chi poi vuole tenere alta la tensione ha il modo di farlo, c'è il blog, ci sono i giornali a cui scrivere, ci sono altri modi. Quanto a me, ho già detto più volte che intendo fare la mia parte fino in fondo.

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  57. L'attesa è ragionevole, ma il rischio di insabbiamento c'è. Occhi aperti.

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  58. Aspettavamo notizie...

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  59. per l'anonimo che mi ha risposto sul treadh sull'omosessualita', e per il professor toso (domanda tecnica).
    Confesso di essere portato (e non per origine geografica solamente...)sentimentalmente vs la vastera, in questa querelle.
    naturalmente e' il mio punto di vista. Pero' ho l'onesta' intellettuale, gia' altre volte detto, di cercare la verita': qualunque essa sia.
    chiedo a toso:
    lei definisce, se non erro, il dialetto brigasco: ligure alpino.
    le chiedo:
    non e' che ci sono solo TRE paesi, in provincia di imperia, se non in liguria che lo parlano?
    ricordo che le alpi iniziano al colle di cadibona; la val roya (ligure alpina) e' ormai francese, il piemonte "occitano ecc."...
    per intenderci: lei ritiene che sia ligure alpino : il sanremasco, l'imperiese, il ventimigliese, il triorese, il dialetto di mendatica ecc. ecc.
    evidentemente, penso di no!
    quindi una differenza c'e'!
    sia occitano o no: una cosa e' la tutela dei dialetti di ceppo PRETTAMENTE LIGURE, come a mio avviso quelli nominati. un'altra, in liguria, questo dialetto brigasco o olivettese molto marginale: chiamamolo "ligure alpino" o vero ligure? come lo definiva se non sbaglio garnier!
    Quel che volevo dire e' che non si puo' accomunare la tutela di questo limitatissimo dialetto (in liguria!) con la tutela del piu' vasto dialetto ligure che, ad orecchio, si potrebbe capire "parente" del "genovese"....tanto per intenderci...
    non per niente nelle prime cartine degli anni 80 da creppo in giu' erano chiamati "genues" o roba del genere....e mi pare che il massajoli all'epoca fosse daccordo.
    capisco che non si possa tutelare il brigasco, spacciandolo per occitano se occitano non e' ma non capisco il "livore" di certi liguri montani (trioresi, badalucchesi ecc. ecc.) che non vedono la PROFONDA differenza: culturale, lessicale ecc. e che vorrebbero ridurre questa cultura a sudditanza loro (forse mi sbaglio).
    ad es. perche' il museo della cultura brigasca verra' fatto a triora ed i soldi verranno inglobati nel museo delle streghe?
    la tutela della cultura, al giorno d'oggi, va fatta SUL LUOGO. e' finito il tempo, SI SPERA, dei musei egizi ...A TORINO.....
    intendiamoci, sara' anche legale perche' trattasi dello stesso comune (se fossero stati comuni diversi) da quanto so sarebbe addirittura illegale, ma dal punto di vista pragmatico e' ingiusto. e' questione di sensibilita'...
    I BRIGASCHI NON SONO TRIORESI, e la storia lo insegna. SONO LIGURI ALPINI e io trioresi no? triora c'ha il suo museo etnografico e la liguria ne e' piena......tuteliamo questo antico dialetto ligure alpino a parte dal "ligure marittimo?"!

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  60. "liguri marittimi" per dire "liguri" o "genovesi": faccia lei! (e ci aggiungo anche mentone e il principato di monaco!)

    ps: come mai in piemonte non fanno questo "casino" per i dialetti occitani o non piemontesi?
    a valdieri non si parla il torinese come a verdeggia non si parla il genovese....?

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  61. Quante stupidaggini, caro Gianni!
    Quante inesattezze! Cosa vuol dire che la Val Roya è ormai francese? Olivetta, Airole, Bevera, ecc. non sono affatto in Francia. Non confondiamo le idee: nessuno mette in dubbio la particolarità del brigasco, ma qui si contesta la sua "occitanità". Per quanto riguarda il museo della cultura brigasca perché non chiedi al sindaco di Triora? Senz'altro ti spiegherebbe meglio la questione; comunque il Comune non poteva spendere svariate decine di milioni di euro (a proprio carico!) per restaurare un fabbricato a Realdo. Opportunamente ha deciso di inserire un settore dedicato alla cultura brigasca nel nuovo museo internazionale della stregoneria.
    Non cercare di confondere le idee.
    Limitati alla questione occitana.

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  62. appunto! la val roya e' in francia e ci penseranno i francesi! piaggia, upega, limone sono in piemonte e ci penseranno i piemontesi!
    realdo e verdeggia ci deve pensare la provincia di imperia!
    ora, spiegami caro anonimo, che dialetto e' sto "ligure alpino"?
    e l'altro dialetto come lo chiami ligure marittimo?
    ps: io ho sentito il dialetto di valdieri e l'occitano di limoux (e non sono la stessa cosa).
    pero' lassu' nessuno contesta!

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  63. secondo me, ribadisco, la legislazione prevede che il patrimonio rimanga nel luogo dove e' stato "ritrovato".
    con i soldi della legge del 99, che si intaschera' triora (percio' non capisco perche' ti incavoli), fateci il museo a realdo!

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  64. per quanto riguarda il sindaco, se mi capita glielo domandero'.
    per me' e' un gran signore.
    e mi pare non si immischi in queste beghe "di paese". forse perche', dicono, e' anche conte di briga.......?

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  65. ma pare che la politica e la scienza linguistica, almeno nella faccenda occitana, non siano concordanti.
    orbene perche' realdo e verdeggia devono pagare per tutti?
    leviamo i brigaschi e gli altri sono occitani puri?
    e poi, questi liguri alpini, sono VARIANTI perlomeno dei liguri...
    varianti vs dove? verso il piemonte?
    vs cuneo?
    gia', ma limone, roccavione a nord sono "occitani ufficiali", per non parlare di entraque e valdieri.
    i piemontesi avrebbero scavalcato gli occitani e inquinato i "liguri"?
    e tutto cio' nella vecchia contea di nizza (occitana ufficiale anch'essa).
    ritengo, a livello politico, che i brigaschi possano TRANQUILLAMENTE avere diritto ai finanziamenti della legge in questione e che, se si vuole porre in questione tale legge, non serve a nulla il sacreficio di due minuscoli paesi,se non a chiudere la polemica e lasciare che i soldi vadano sempre agli stessi "occitani".
    inoltre, in epoca di internet, perche' non si affronta globalmente la faccenda e, da parte dei professori, non ci si pronuncia anche vs occitani "discutibili" fuori regione?
    ps: toso ma lei di dov'e'?
    cordialmente
    gianni

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  66. un'ultimo, almeno per oggi spero, post.
    piccola errata corrige.
    non volevo dire che i brigaschi sono TRANQUILLAMENTE occitani.
    volevo dire che, essendo l'occitania, correggetemi se il caso, molto astratta: una sorta di calderone dalla spagna al piemonte; i brigaschi hanno titolo per fare domanda di appartenenza.
    in virtu' della storia (contea di nizza), del dialetto da voi denominato ligure alpino (quindi non ligure puro e non piemontese almeno di prodigiosi balzi "culturali" di un'isola ligure-piemontese circondata dall'occitania-vedi post sopra); di una geografia che li pone tra l'occitania riconosciuta e la liguria e avendo, evidentemente preso, seppur in maniera diversa "contaminazioni culturali e linguistiche" tra le due aree.
    Occitano quindi e' una sorta di termine abbastanza astratto, piu' politico che culturale, ho capito bene?
    inoltre continuo a non capire questo "accanimento" sui brigaschi visto che la loro esclusione dalla "occitanita'" ufficiale lungi dal risolvere il problema delle minoranze linguistiche ma anzi ha il sapore di un agnello sacrificale: abbiamo fatto pulizia, ora gli altri sono occitani veri!
    mi scuso per le lungaggini e le ripetizioni, seppur di origine brigasca IO MI SENTO LIGURE e sono orgoglioso di esserlo, anzi mi sento cittadino del mondo e non ho particolare empatia ne comunicazioni NE CON I BRIGASCHI ne con la vastera, di cui assolutamente non posso fare il rappresentante ufficiale e di cui constato anch'io il silenzio....

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  67. Dopo un po' di silenzio, ho deciso di guardare a che punto era la pratica "occitana". Mi sembra che tutti siano d'accordo: il brigasco non è occitano, bensì ligure roiasco alpino (Forner). Quindi non avrebbe dovuto essere tutelato come lingua (!) occitana, bensì come dialetto ligure. Che il brigasco sia meritevole di tutela nessuno lo mette in dubbio, nemmeno i linguisti.
    Comunque storicamente e geograficamente Verdeggia è sempre stata ligure e appartenente a Triora. Diversamente Realdo appartiene a Briga dal 1671. Un po' di confusione l'ha generata la Terra Brigasca (comprendente anche Verdeggia e Viozene che brigaschi non sono mai stati!). Che si parli il brigasco (anche se differente nei vari centri) nessuno lo mette in dubbio, ma per "terra" si intende una proprietà, una cosa tangibile, difesa nei secoli strenuamente.
    Comunque queste sono parole inutili. Il fatto è che il brigasco, ma anche il pignasco, il triorasco, ecc. dovrebbero essere tutelati quali dialetti, perché ormai non li parla quasi più nessuno.
    Questa è l'amara realtà. La Provincia dovrebbe togliere la patente di variante occitana al brigasco ed inserirlo fra i dialetti da tutelare.

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  68. a questo punto io concluderei.
    il ligure roiasco alpino puo' entrare nella tutela del calderone "occitano"?
    altri dialetti strani ci rientrano (valdieri) pur non essendo, secondo me neppure parenti, della linguadoc.
    e come mai si attacca solo il "ligure roiasco alpino" e non, chesso', chiamiamolo "piemontese alpino della val di gesso"?

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  69. per cavallo pazzo:
    ammettiamo pure che nel brigasco ci sia la base ligure, le influenze che lo distinguono dagli altri liguri dove arrivano?
    e quanta influenza e necessaria per far parte dell'area occitana che parte dalla spagna e arriva in calabria, senza evidentemente potersi catalogare come lingua unica?

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  70. per cavallo pazzo:
    penso che molti sappiano la storia di verdeggia, viozene ecc.
    ma almeno questo concedetelo: il verdeggiasco e' dialetto brigasco!
    che poi politicamente verdeggia sia sempre stata geograficamente triorese c'entra molto poco con il dialetto o la lingua.
    ed e' evidente a primo acchito se solo qualcuno potesse parlare e confrontare i due dialetti (cosa oggi non piu' facilissima, visto che soprattutto il brigasco sta sparendo soprattutto in francia e, paradossalmente le uniche "isole felici" di quest'idioma SONO PROPRIO LE DUE FRAZIONI a tutt'oggi liguri di realdo e verdeggia!).

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  71. ti do ragione sul fatto che sarebbe piu' corretto: terra di lingua o dialetto brigasco (e non terra brigasca)

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  72. Per Gianni: certamente il verdeggiasco è brigasco. Le differenze tra i dialetti di Verdeggia, Realdo, Upega, Viozene, Piaggia sono chiaramente indicate nel Dizionario della cultura brigasca di Massajoli.Però il ceppo è unico, cioè brigasco. Su questo non ci piove.
    Però, se il brigasco è ligure roiasco alpino, non può essere ovviamente occitano. E' su questo che dibattiamo. Il resto sono tutte chiacchiere. Ad ogni modo, se il brigasco non è occitano, non perde per nulla il suo fascino, anzi penso che, se riuscisse ad essere catalogato come dialetto proprio e come tale valorizzato, sarebbe eccezionale. Per questo dobbiamo batterci.
    Un'ultima annotazione: ho visto che Gianni in una mail precedente dice che la Val Roya è francese: lo è solo in parte (da Ventimiglia ad Olivetta è italianissima!).
    Saluti a tutti.

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  73. non conosco il caso "olivetta".
    posso dire di aver sentito poche volte parlare quel dialetto, aver notato differenza con il dialetto ligure (fino ad airole, per intenderci), e aver notato assonanza con il brigasco da me conosciuto, capito e non parlato.
    Non so nemmeno se olivetta ha chiesto (o chi per lei) di rientrare nella legge in oggetto.
    In caso contrario, manca l'interessamento di base, la coscienza o un movimento che ne rivendichi la specificita'. Io qui parlo del brigasco.
    io non dico che il brigasco sia lingua doc! mi chiedo solo se non abbia le caratteristiche lessicali, storiche o di altro genere, per cui possa beneficiare della legge in oggetto.
    l'occitano, mi pare di capire, non esiste. Esiste l'area occitana, dove svariati dialetti hanno elementi comuni.
    Se su una base ligure (roiasca o come la si vuole chiamare) si innesta una contaminazione, piu' o meno forte, "occitanica", ci sono i requisiti per essere riconosciuti?
    Continuo a non capire perche' ci sia cosi' tanta differenza tra il "ligure roiasco" ed il ligure ventimigliuso, e se questi termini di differenza non derivino proprio dal nizzardo, dal provenzale, dall'occitano. tanto piu' che a nord: limone, vernant ecc. sono "occitani". quindi.....(non mi pare che si possa dire che il roiasco sia un dialetto ligure "contaminato" dal piemontese....

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  74. No, Olivetta non era citata nell'O.D.G. della Provincia.

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  75. Un cordiale saluto a tutti, sono rientrato da un convegno e ho trovato una serie di messaggi nei quali vengo più volte citato, e che richiedono quindi un mio intervento. Non capisco a questo punto se Gianni ha chiara la questione e faccia finta di non capire, o se abbia delle difficoltà vere a entrare nel merito di una questione che è già stata più volte chiarita. In primo luogo, non sono io (come Gianni sembra credere) che stabilisco che il brigasco è ligure alpino, sono gli studi scientifici condotti da diversi linguisti europei che Gianni potrà leggere con profitto quando si deciderà una volta o l’altra a consultare la bibliografia che ho pubblicato in questo blog in uno dei post precedenti: se continua a non documentarsi, è ovvio anche che continui a non capire cose che sono di una estrema semplicità, come i criteri in base ai quali il buon senso prima e la ricerca scientifica poi individuano l’affinità di un dialetto a un tipo linguistico piuttosto che a un altro. Siccome abbiamo già ampiamente chiarito cosa sia il ligure alpino, cosa sia il ligure marittimo, come nascano le differenze tra il ligure alpino e quello marittimo ecc. ecc., non ho nessuna voglia di ripetere tutto questo: se Gianni ci tiene veramente, ha gli estremi per informarsi in maniera esaustiva, se invece scrive tanto per scrivere, lasci perdere, qui stiamo cercando di dibattere seriamente. Prego insomma Gianni di dedicare meno sforzi alle polemiche su musei etnografici e quant’altro, che esulano dal nostro problema e che generano solo confusione, e di dedicarsi a qualche lettura utile, per avere finalmente anche lui un quadro oggettivo di ciò di cui stiamo discutendo. Altrimenti continuerà a insistere su cose che tutti gli altri frequentatori di questo blog hanno ormai chiare da tempo, e temo che non ci farà una bella figura. Mi fa piacere che sia “portato” verso la Vastera, associazione che finora non si è fatta sentire su questo blog ma che sulla stampa, attraverso il sig. Antonio Lanteri, non ha dato finora grandi prove di preparazione in campo linguistico (né, purtroppo, di grande interesse per la cultura birgasca, visto il modo col quale viene distorta la realtà linguistica). Per tutto il resto la questione è non meno chiara: ribadisco ancora una volta (spero sia l’ultima) che se il brigasco è ligure alpino e non occitano, e su questo (a meno che Gianni non sia in grado di dimostrare il contrario) tutti gli studiosi sono d’accordo, è evidente che non può essere ammesso alle formedi tutela previste dalla L.N. 482/1999 senza che sia commesso una evidente forzatura della realtà linguistica: atto comunque illegittimo, secondo alcuni illecito e comunque eticamente riprovevole da parte di chi lo ha commesso e di chi lo ha suggerito. Quanto al presunto “accanimento” contro Realdo ecc., ripeto che l’accanimento lo dimostra chi si affanna a dimostrare l’indimostrabile, ossia che in queste località si parli un dialetto occitano (siamo ancora in attesa di quanti si erano offerti di dimostrarlo): qui si sta cercando molto più banalmente di sapere come e perché la Provincia di Imperia, in nome di quali motivazioni o interessi o quant’altro ha avvallato una evidente manipolazione della realtà linguistica dei tre centri interessati, e altrettanto banalmente si richiede che, se non si è in grado di dimostrare che a Realdo, Verdeggia ecc. si parla occitano, se ne prenda atto e si ritiri l’avvallo dato a un riconoscimento di “occitanità” dannoso in primo luogo per le popolazioni interessate, e poi per l’intera comunità provinciale e regionale (e non mi si chieda perché è dannoso oltre che immorale e illegittimo, l’ho già detto e non intendo ripetermi neppure su questo punto). Prego Gianni di girare la domanda sul perché in Piemonte nessuno protesta in merito all’occitanizzazione surrettizia di diversi comuni non occitani a qualche associazione culturale piemontese o a qualche mio collega di Torino, penso che scoprirà che anche in Piemonte si protesta eccome, del resto qualche intervento su questo blog lo ha dimostrato: ma in ogni caso qui siamo in Liguria e discutiamo di una faccenda che riguarda il territorio ligure, i provvedimenti relativi a Realdo ecc. sono stati emessi dalla Provincia di Imperia ed è con quella che dobbiamo interloquire. Non pretendo poi che Gianni conosca tutta la mia produzione scientifica, ma sono diversi anni che personalmente e insieme ad altri linguisti vado denunciando a livello nazionale questi fenomeni di malcostume. Se adesso mi preoccupo particolarmente di Realdo ecc. è solo perché sono (o passo per essere) specialista di dialettologia ligure. Dove sono nato è affar mio, e comunque non è cosa che riguardi chi non si firma con nome e cognome, in ogni caso, e l’ho già scritto, sono di Arenzano (Ge). Non è poi il caso di chiedersi perché Realdo e Verdeggia “debbano pagare per tutti”, qui non c’è niente da pagare, caso mai i realdesi e i verdeggiaschi di domani avranno molto da pagare, in termini di rispetto della propria cultura, per la sciocchezza che è stata perpetrata ai loro danni facendoli diventare ciò che non sono. Infine, caro Gianni, se lei dice che “politicamente” i brigaschi possono tranquillamente avere diritto ai finanziamenti in questione, mi spiace davvero tanto, perché debbo concludere 1) che lei pensa solo ai quattrini, mentre qui si discutono problemi ben più ampi, relativi tra l’altro al futuro di un bene culturale quale è il patrimonio linguistico; 2) che la sua visione della politica e dell’etica politica è alquanto deplorevole, e mi auguro in questo caso, per il bene dei suoi concittadini, che lei non sia un amministratore pubblico. Con la speranza che si torni a discutere seriamente di cose serie, sempre in attesa di riscontri utili a un discorso costruttivo sul tema che ci interessa, porgo un cordiale saluto a tutti, e a Gianni in primo luogo, augurandogli una buona lettura dei testi scientifici (un po’ più aggiornati di quelli di Garnier) ai quali lo rinvio.
    Fiorenzo Toso

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  76. Bellissima ed esauriente risposta!
    Complimenti professore!

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  77. Dai Giampiero, questa volta ti conviene stare zitto e piantarla con le belinate.

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  78. caro professore,
    lei ha ragione ad essere "arrabbiato" con me.
    non sono un politico, e sono un po' pigro, inoltre sono un po' parziale (vs la vastera...). l'ho detto vengo qui per divertissement, ma, pian pianino comprendo la questione.
    penso di aver capito anche perche' vs. la meta' degli anni 80 ci fu una rottura tra r'ni d'aigura e la vastera (semplificando tra Lanteri e accoliti- e Massajoli) cosa che prima non mi ero mai spiegato.
    insomma, immagino che un motivo fosse la questione occitana. o sbaglio?
    Ho letto un po' delle cose postate da lei e Forner. Non ho la capacita' di cimentarmi al vs livello in linguistica e non posso controbattervi su quel tasto.
    Che dire ancora? le mie "provocazioni" le ho lanciate...
    Ho capito anche il suo discorso sulle pubblcazioni scientifiche! Anche se, a mio parere, questi dialetti andrebbero ancora studiati anche da Terzi (dato che non so perche' ci sia acredine tra Lanteri e altri "professori" che ad es. scrivono sulle "stagioni di triora"). Ripeto, sono dialetti abbastanza "vergini". Gli studi sono abbastanza recenti...e che io sappia e' gia' successo che altri dialetti piemontesi (per gli studiosi) siano diventati, dopo ulteriori studi, occitani (addirittura per gli stessi studiosi). E parlo di studi ben piu' "lunghi", cronologicamente parlando.
    Al momento attuale comunque capisco il suo discorso.
    Meno capisco il suo ottimismo.
    Sia pragmatico, la giustizia in Italia e' da cambiare come la legge sulle minoranze che lei critica. Pensa che ricorrere al Tar la portera' in breve tempo ad ottenere qualcosa? io penso che quando mai una sentenza arrivera' il dottor giuliano (tra cent'anni) sara' gia' "sotto i cipressi" e probabilmente la stessa sara' in prescrizione.
    inoltre se da un punto di vista scientifico lei puo' aver ragione, da un punto di vista legale puo' darsi che non ne abbia.
    Cito due articoli e lascio a giurista la faccenda (perche' anche in questo campo sono autodidatta):
    legge 15/12/1999 n.482
    art.3 (comma 3)
    "3. Quando le minoranze linguistiche di cui all'articolo 2 si trovano distribuite su territori provinciali o regionali diversi, esse possono costituire organismi di coordinamento e di proposta, che gli enti locali interessati hanno facoltà di riconoscere."

    Sembra un'articolo promulgato apposta per il caso brigasco.
    L'amministrazione HA FACOLTA' di riconoscere la minoranza ma a me non pare debba motivare, per legge, in base a quali criteri scientifici si e' attenuta!

    Io sono profondamente disgustato da tutto il sistema! leggi fatte con i piedi, magistrature ingiuste ecc. ecc.
    Vorrei anche approfondire, per vero interesse, la scienza linguistica ed il suo rapportarsi istituzionale. Pero' qui prenderei spazio al dibattito scientifico.
    Ad esempio mi domando che voce hanno i linguisti nella scelta delle minoranze, perche' in questi studi non venga coinvolto il ministero per i beni e le attivita' culturali ma il ministero dell'interno ecc. ecc...
    Resto in attesa di vedere come andra' a finire questa faccenda...ma penso che dovra', anche in seguito, essere fatta una battaglia (se si vorra') affinche' la scienza combaci di piu' con la cultura e con la politica. o no?
    (e questo come dicevo, a livello ben piu' generale e nazionale).
    cordiali saluti
    gianni

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  79. Caro Gianni, non penso di essere ‘arrabbiato’ (e a che titolo poi?), ma un po’ stupito sì dal suo modo di trattare la questione: posso comprendere la passione e anche la “partigianeria”, un po’ meno il non capire (o non voler capire) quale sia il nocciolo della questione di cui stiamo discutendo e la posta che è in gioco al di là del fatto in sé. Per quanto mi riguarda, non cambierei una virgola del testo col quale ho dato inizio a questa discussione, e lì ci sono tutti gli argomenti sui quali ci stiamo confrontando: il mio pensiero è e rimane quello espresso in quella sede e ho ben poco da aggiungere dopo quasi due mesi di discussione, salvo un senso di profonda tristezza per l’atteggiamento delle amministrazioni che abbiamo sollecitato a dare risposte delle quali siamo ancora in attesa: alla fine, se riconsidera attentamente lo sviluppo del dibattito non si chiede altro che una presa di posizione che chiarisca come e perché sia stato avvallata questa assurdità dell’occitano: si chiede solo un’assunzione di responsabilità che la Provincia non ha il coraggio di assumersi pubblicamente, della cui opportunità i comuni coinvolti fanno finta di non rendersi conto e della quale l’associazione “A Vastera”, tirata in ballo non da me, cerca pateticamente di chiamarsi fuori. Ancora una volta, comunque, lei sta cercando di spostare il discorso su aspetti che esulano dal dibattito in corso. Andiamo per ordine: 1) Io non so nulla, né mi importa, delle diatribe tra la Vastera e Massajoli, so soltanto che quest’ultimo, con grande onestà intellettuale e atteggiamento da vero studioso, prese atto a suo tempo della realtà linguistica del brigasco. Che la posizione in merito dell’associazione A Vastera sia strumentale è evidente da molti scritti apparsi sul suo giornalino e da alcuni interventi sulla stampa locale, come l’ultimo in cui Antonio Lanteri ammette candidamente di non conoscere la letteratura scientifica relativa a un argomento sul quale peraltro si dichiara abilitato a pontificare; 2) La sua definizione di “studiosi terzi” dei quali invoca un intervento per chiarire la questione della classificazione del brigasco è fortemente scorretta: in primo luogo, perché nessuno degli studiosi che se ne sono occupati sostenendo che si tratta di un dialetto ligure alpino si può considerare “di parte” (visto poi che tale definizione è accolta da tutto il consesso dei linguisti mondiali), e in secondo luogo perché non esiste una “parte avversa” scientificamente accreditata a fronte della posizione di tali studiosi. Se mi mette sullo stesso piano le esternazioni di Antonio Lanteri (professore non so di cosa, ma non certo di linguistica) con quelle di Forner, Dalbera, Massajoli, Petracco ecc., allora è inutile discutere, e quanto al periodico “Stagioni di Triora”, so solo che ha ospitato qualche tempo fa un bell’intervento di Forner al quale il solito Lanteri ha risposto in maniera assolutamente inadeguata sul giornaliso della Vastera. 3) Il brigasco non è affatto un dialetto “vergine”, oggi come oggi è forse uno dei più studiati e meglio noti in Italia se non in Europa come conseguenza dell’interesse dei linguisti che ho citato e di altri ancora, quindi a maggior ragione la sua appartenenza al tipo ligure alpino non è posta in discussione da nessuno: meno male che gli studi sono recenti, lei e Antonio Lanteri siete rimasti a Garnier, povero ragazzo, che nessuno ha mai preso sul serio, al di là della buona volontà, per le sue osservazioni sul brigasco condotte con spirito amatoriale in un’epoca in cui la linguistica attraeva molti dilettanti (cosa che peraltro succede ancora adesso). 4) Che ci siano dialetti piemontesi diventati occitani, a me non risulta, ma se mi cita della bibliografia in merito vedrò di cosa si tratta; è vero che ci sono dialetti piemontesi che, per i soliti motivi, sono stati dichiarati occitani. Ma che c’entra questo col brigasco? 5) Sono d’accordo che l’Italia sia da cambiare, e per questo nel mio piccolo cerco di operare, criticando una legge reazionaria e disastrosa come la 482/1999 e le applicazioni scellerate che, come nel caso specifico di cui stiamo discutendo, sono state perpetrate. Ho un’etica professionale alla quale cerco di rispondere, e se lasciassi che il brigasco fosse dichiarato occitano senza reagire, mi adagerei tranquillamente in quel tipo di Italia che, per l’appunto, dovrebbe essere cambiata. 6) io non ho mai detto che intendo ricorrere al TAR su questa faccenda, lo hanno detto altri; ribadisco però che se dalla Provincia di Imperia non arriveranno prese di posizione motivate e assunzioni di responsabilità coerenti con quanto è stato fatto, per quanto mi riguarda dovrò prendere in considerazione ogni possibilità (da convocare il Gabibbo, come lei stesso suggeriva, in su). 7) L’articolo da lei citato della L.N. 482 non ha rilevanza sulle questioni che stiamo dibattendo, vuol dire soltanto che una minoranza distribuita su diversi territori regionali può dotarsi di strutture atte a valorizzare la propria lingua (attraverso i fondi della 482), e nient’altro. Quanto al fatto che il riconoscimento da parte di un’amministrazione dev’essere motivato, è scritto nel decreto attuativo della legge, e siamo sempre in attesa che la Provincia ci riveli le sue motivazioni, scientifiche o di altro genere. Quel che a me interessa, lo ribadisco spero per l’ultima volta, è capire se la Provincia aveva o no motivazioni valide (al di là dell’accesso ai benefici della 482) basate su qualcosa che comprovi il carattere occitano dei dialetti in questione. Se tali valide motivazioni non ci sono, indipendentemente da come andrà a finire la faccenda vuol dire che il brigasco e l’olivettese sono dialetti liguri alpini e che tale classificazione, da sempre nota, resta valida. Dal che la Provincia può trarre solo una conclusione, e ritirare il suo avvallo alla dichiarazione di occitanità. 8) Siamo tutti d’accordo che gli studiosi debbano essere coinvolti. Se rilegge il mio testo di partenza, prende l’avvio proprio da questa considerazione. Un cordiale saluto, FT.

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  80. Giampiero stai tranquillo che qualcuno l'esposto al TAR lo sta già preparando.

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  81. sono capitato qui per caso non vale mi ero perso tutte le ultime esternazioni di Alberti. non potete lanciare una settima puntata? ttutte le ultime cose se le sono lette solo il prof. toso e pochi altri

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  82. Casomai sarebbe la nona.

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  83. Caro Toso, se non è arrabbiato lei lo sono tutti gli altri, questo parla solo per parlare e per creare una cortina fumogena. Cita a vanvera streghe e articoli di legge che non c'entrano, si dice indignato dell'Italia di cui è un degno rappresentante (lui e i politicanti della provincia che tanto si affanna a difendere), se ne f... del brigasco e pensa solo ai quattrini della legge con cui il suo capo potrà mettere a posto qualche parente. Alla faccia della cultura e del buon gusto. Adesso ha proprio scassato, se vuole che i suoi amici ne escano con un pò di dignità sa quello che devono fare, e allora la pianti di parlare a vanvera e si adoperi per rimettere a posto le cose fin che c'è ancora tempo.

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  84. Insisto che non ho motivo di arrabbiarmi. Negli interventi che leggo a volte ci sono riferimenti e allusioni a questioni locali che non capiscono e non mi interessano, e da questo voglio tenermi fuori. Per il resto, mettiamola così: se Gianni è solo un "curioso" che scrive per divertimento come afferma di essere, fa danno solo nella misura in cui cerca di confondere le acque: ma ormai avrà capito che non è il caso; se invece Gianni è, come alcuni sembrano credere, una persona vicina in qualche modo all'ambiente politico della Provincia, allora le sue esternazioni sono segnali di nervosismo, e questo è salutare perché ci dimostra che il problema per loro esiste. E se il problema esiste, la Provincia prima o poi dovrà affrontarlo (anche perché ci sono tanti modi per spingerla a farlo), e in questo caso ribadisco che la cosa migliore sarebbe di sederci il prima possibile intorno a un tavolo e ragionarci sopra serenamente. Per quanto mi riguarda, sono sempre disponibile, aspettiamo solo un segnale. Se il segnale non ci sarà, so esattamente quali saranno i passi successivi da compiere. Un cordiale saluto a tutti, FT

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  85. caro professor toso,
    forse ho creato un po' di "casino" ma bene o male o mantenuto alto l'interesse.... Non posso replicarle, come gia' detto, sulla occitanita' o meno del dialetto e per giunta prendo atto che anche l'art. di legge da me citato va probabilmente interpretato in maniera diversa di come l'avevo interpretato....
    Mi scuso se ho calunniato qualcuno. In particolare non volevo prendermela con gli studiosi e la diatriba (se c'e' stata) tra r'ni d'aigura e la vastera: mi interessava veramente.
    Ho peraltro detto alcune mie impressioni. Alcune ben confutate anche dall'anonimo (sul museo di triora) che ha piu' notizie di me.
    In definitiva ho espresso opinioni ed ho cercato di fare chiarezza, conversando con voi. Certo qui non e' una chat, ma nel limite un contradditorio c'e' stato, anche se non sono certo un'interlocutore qualificato linguista: qualcuno che "difendeva" la vastera pur ci voleva nel contradditorio....
    IN DEFINITIVA MI RITIRO IN LETTURA: e spero di attingere a qualche risultato finale su questa presunta o meno occitanita'.
    Da parte mia spero di aver comunicazione almeno dalla vastera, sul prossimo numero.
    Sulla questione del piemontese diventato occitano l'avevo letto su internet, se lo trovo lo posto qui, e mi e' gradito un suo commento.
    cordiali saluti

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  86. ho fatto ricerche. niente, non ho piu' ritrovato il passo. ho trovato questo sotto, ma non era quello perche' si parlava (se non ricordo male) di uno stesso studioso che cambio' opinione.
    se non lo trovo, cade la validita' anche della mia ultima affermazione. ritengo inoltre il copia incolla sotto non probante in quanto si parla di uno studio ottocentesco! quindi e' abbastanza chiaro che prima di esso non ve ne erano stati altri, e va da se che quella zona (val pellice) venisse considerata di dialetto piemontese. mi riservo se trovassi l'altro di linkarlo, se non lo faro' vuol dire che debbo ritirare anche detta affermazione.
    cordiali saluti

    http://www.valpellice.to.it/sottosezione.php3?id_rubrique=198

    "Per vari secoli, le parlate di queste valli sono state considerate varianti del piemontese, solo alla fine del secolo scorso, il Morosi, con un articolo sul linguaggio dei valdesi sull’Archivio Glottologico Italiano ha dimostrato che si trattava invece di dialetti della lingua occitana."

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  87. ultima curiosita' (spero).
    professor toso, cosa intende dicendo che quella legge e' "reazionaria"?

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  88. voglio pero' aggiungere una cosa.
    alcuni post, che ho riletto ora, "processano" lanteri.
    posso capire l'"astio" che si puo' generare in una cosi' lunga discussione.....Io non so perche' lanteri non risponde. So che e' una persona anziana e non penso che usi internet come un ragazzino. Inoltre penso che abbia altri pensieri (al di la') del brigasco, che non sarebbe giusto dirvi....
    un'altro rappresentante della vastera (o anziano socio) e' mancato da poco. Ma anche lui penso, per l'eta' non sarebbe stato in grado di interagire.
    Lo ricordo qua: era un appassionato di studi del suo paese: realdo, ed aveva partecipato a scavi nelle grotte eneolitiche, non so con che valore: comunque una sorta di "precursore" (secondo me).
    Certo, nella vastera ci sara' pur qualche "giovane" che potrebbe rispondere....
    Tutto qua! cosi' ho finito la mia arringa di avvocato difensore (non richiesto) e rimango curioso, in attesa di sviluppi.

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  89. Caro Gianni, concordo in primo luogo sul "processo" a Lanteri, in più occasioni per quanto mi riguarda ho cercato di evitare che la polemica si personalizzasse e si appuntasse sui singoli, ma evidentemente le occasioni di questo genere diventano ghiotte scuse per “arrangiare” conti locali. Resta però il fatto che ad A. Lanteri si possono attribuire solo affermazioni apodittiche in merito all’occitanità del brigasco, e un’evidente mancanza di attenzione nei confronti del dibattito scientifico in merito al brigasco stesso, cosa che non si concilia evidentemente col suo ruolo di presidente di un’associazione che afferma di occuparsi della valorizzazione e tutela di questa varietà linguistica: non è per arroganza di studioso che dico questo, ma per evidenziare come, se ci fosse stata un po’ più di informazione (e di disponibilità a recepirla), tutta la discussione che c'è stata e ci sarà si sarebbe potuta evitare. Per il resto, c’è poco da aggiungere. La “scoperta” dell’occitanità di alcuni dialetti delle valli piemontesi è un fatto relativamente recente, ma in quel caso ci sono fondamenti scientifici certi, ed è anzi significativo che in quel clima di ricerche a nessuno studioso sia mai venuto in mente di arruolare anche il brigasco tra le parlate provenzali: la sua non-occitanità è talmente evidente, che mentre su alcune varietà di transizione tra piemontese e provenzale si poteva discutere, il brigasco restava del tutto fuori dal problema. Quanto alla legge, ho chiarito già in altra sede perché la definisco reazionaria (anche se è stata emessa da un governo di sinistra): crea tra l’altro gerarchizzazioni tra le varietà linguistiche, impone un concetto univoco di identità, obbliga all’ingessatura del patrimonio linguistico all’interno di gabbie normative (forse lei non lo sa, ma se Realdo ecc. diventano occitane, si dovrà scrivere e insegnare il cosiddetto “occitano cisalpino di riferimento, creato a tavolino da un catalano, basato sui dialetti della provincia di Cuneo e scritto alla maniera tolosana), crea di fatto delle specie di “riserve” per le minoranze, esclude ogni implicazione plurilingue nelle attitudini linguistiche dei soggetti portatori di un idioma minoritario. Questo giudizio non è solo mio del resto, ma della maggior parte dei linguisti, di centri di studi (vedere ad es. la posizione del Centro Internazionale sul Plurilinguismo di Udine) e di associazioni di studiosi (Società Italiana di Glottologia); inoltre, escludendo alcune minoranze a favore di altre, la 482 si è beccata anche una censura dell’Unione Europea. Tutte queste cose forse non si conoscono a Imperia o a Realdo, ma è bene che siano dette e ribadite. Ovviamente, se le interessa, sono in grado di comprovare tutto quanto. Grazie per la partecipazione alla discussione, sono d’accordo sul fatto che lei ha contribuito a tenere vivo l’interesse e spero che non ci lasci. Se poi davvero può fare qualcosa per favorire una presa di posizione della Provincia o un momento di riflessione sull’argomento, gliene saremo tutti grati. Un cordiale saluto, FT.

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  90. Concordo con Gianni nel ricordare giustamente Erminio Lanteri Motin, realdese verace ed ottima persona.
    Posso comunque assicurare che Erminio si considerava realdese-brigasco e basta, senza mai una polemica sulla sua occitanità o meno.

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  91. ok, pace fatta ;-) allora!
    gia' lanteri motin e' morto pochi giorni fa sulla strada tra realdo e verdeggia. non sapevo delle sue posizioni. lo ricordo in prima fila nella difesa delle tradizioni.
    per il professor toso:
    puo' crederci o no, dato che qui sono in anonimato, ma l'unica possibilita' che avrei di comunicare con la provincia e' tramite e-mail (come tutti qua, del resto).
    E' anche "colpa mia" che qui appaiono anonimo se si creano dei "disguidi".
    Quindi rispondo al brigasco verde e all'anonimo: non mi chiamo giampiero, ne tantomeno alberti.
    Mi dispiace per questi due qua: che si devono sorbire il peso delle mie dichiarazioni.
    cordiali saluti
    gianni

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  92. Sono molto rincresciuto per la morte di Erminio Lanteri Motin, che non conoscevo ma del quale avevo letto alcune cose pregevoli su "R'nì d'àigüra". Caro Gianni, io di giampieri e di alberti non so niente, se un domani riusciremo a metterci intorno a un tavolo e a discutere serenamente con gli amministratori sono certo che una soluzione buona per tutti la troveremo, per questo lancio appelli a chiunque possa dare una mano. In un modo o nell'altro siamo tutti interessati e appassionati al problema, quindi grazie ancora per le testimonianze che ci ha offerto finora, con la speranza di rileggerla presto, FT

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  93. Esprimo i miei complimenti per questo blog e per il livello di discussione che ha raggiunto (cosa su cui non si poteva dubitare) e soprattutto per la partecipazione dei Liguri a questi argomenti. Nel mio Piemonte, dove questi problemi sono particolarmente sentiti, non si è mai avuta una sede così bella su cui presentare il problema, probabilmente perché da noi questo ha assunto dimensioni (culturali, politiche, economiche, e spesso solo in ultima anlisi linguistica) enormi e perciò difficilmente trattabili su un blog. Ciò che facilita la discussione in Liguria è che il dialetto di Realdo è indubbiamente non occitano, anche perché mancante di continuità territoriale con l’area realmente occitana (Briga, Saorgio, Tenda sono liguri anche per i “nazionalisti” francesi, come mostrano in eventi culturali per i recenti 60 anni della “reunion” di Briga e Tenda alla Francia). In Piemonte invece c’è una reale presenza di dialetti occitani nelle medie e alte valli di Cuneo e Torino, con dialetti fortemente differenziati tra di loro e non intercomprensibili: se andate a vedere molte pubblicazioni delle associazioni occitane sono redatte in una lingua finta, basata sui dialetti della Linguadoca (Cuneo-Tolosa sono 691 km!!!) e non sui vari dialetti delle Valados o Valades. Il problema in Piemonte è che a fianco di queste località tutte le basse valli e l’alta pianura sono linguisticamente piemontesi, ma con dialetti che naturalmente presentano dei caratteri in comune con l’occitano. Cosa è successo? Che si è considerato a priori che questi dialetti fossero un tempo occitani e solo successivamente piemontesizzati. A parte la LN 482 che tutelerebbe realtà linguistiche attuali e non passate, in Piemonte il problema è che il piemontese occidentale (Torino, Pinerolo, Saluzzo, Cuneo) ha molte caratteri comuni con l’occitano e il francoprovenzale, cosa che può generare confusioni o anche attribuzioni fatte su pochi elementi (invogliate da smanie di identificazioni etniche, finanziamenti pubblici e un po’ di provincialismo). Questo non dovrebbe però portare questi dialetti a essere ritenuti occitani. La cosa buffa è che praticamente tutti i dialetti piemontesi occidentali (tranne Torino, ma perché? per non esagerare?) per alcuni sono stati in precedenza occitani, nonostante la documentazione medievale e soprattutto i caratteri stessi di questi dialetti. La cosa più assurda è che molti dialetti piemontesi più lontani dall’occitano di quanto lo sia il torinese (penso ai dialetti delle valli dietro Mondovì come ha scritto il nostro Frabosano, o nel Canavese tra Torino e Ivrea, a proposito dei quali sono stato tirato in mezzo in altre sezioni del blog, che hanno molte caratteristiche che li legano più agli altri dialetti galloitalici di Piemonte orientale, Lombardia, Emilia, Liguria) sono stati considerati occitani o francoprovenzali perché “se sono diversi dal torinese, allora sono occitani o francoprovenzali”, un po’ come è successo a Realdo e Olivetta: hanno alcune differenze rispetto al genovese, allora sono occitani. Ma lascio di nuovo spazio a voi Liguri.

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  94. Caro Francesco, L'analisi mi sembra lucida e condivisibile. Uno dei punti che differenziano la problematica ligure da quella piemontese è senz'altro il fatto che sul carattere non-occitano dei dialetti di Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele c'è unanimità assoluta presso gli studiosi, soprattutto perché esistono pubblicazioni recenti e molto affidabili che nessuno può mettere facilmente in discussione, come dimostrano le mancate reazioni alla bibliografia presentata su questo blog. Invece su alcuni dei dialetti piemontesi che sono stati dichiarati occitani gli studi sono fermi da anni (sarà un caso oppure no?) e di conseguenza è meno facile confutare le corbellerie mediante le quali si è attuata la loro "occitanizzazione". Un cordiale saluto, FT

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  95. Dopo aver un po’ passivamente seguito lo sviluppo della “querelle” sull’occitanità del brigasco, sugli sprechi, l’uso improprio di fondi statali ed ipotetiche denunce, mi sono ripromesso di intervenire nel tentativo di fornire un modesto contributo per ridimensionare la“caccia all’untore” che mi sembra, ripeto mi sembra, trapelare in alcuni scritti.
    Comincerei con un fatto incontestabile : Da unica entità, salvo alcune frazioni di Ormea, la comunità Brigasca venne divisa nel 1947 tra 2 stati, 3 province, 4 comuni se vi pare poco…eppure siamo in Europa, non in Cecenia, con perduranti scarse possibilità di collegamento stradale diretto, salvo vecchie mulattiere in disuso…e qualche strada militare in pessime condizioni.
    Tra i pochi sprazzi di luce, l’asfaltatura della strada Realdo-Colle Sanson, si badi bene non sono un fautore della cementizzazione, grazie al lungo e tenace impegno della amministrazione locale e dell’associazione “A Vastera”che ha svolto ad onor del merito, su questi ed altri argomenti una meritoria opera di sensibilizzazione.
    Ciò premesso, dopo 60 anni molti problemi sono rimasti irrisolti e le fonti di reddito pressoché nulle, per completare il quadro idilliaco, lo spopolamento è quasi completato ed i paesi semiabbandonati, tutti al mare diceva la canzone, eppure con qualche risorsa aggiuntiva forse qualcosa si poteva fare ma, tant’è, mal comune mezzo gaudio….alla faccia degli ipotetici sprechi. Ragazzi qui siamo all’osso !! Per chilometri non esiste una rivendita ed i pochi punti di ristoro stentano a sopravvivere, la chiamano civiltà….. della pietra, direbbe qualcuno ! Cui prodest ? ? Eppure, grazie al patrimonio naturale esistente si potrebbe sicuramente puntare su un turismo intelligente, unica possibile fonte di reddito per i pochi abitanti superstiti, per lo più anziani pensionati spesso economicamente non in grado di assicurare nemmanco la manutenzione degli edifici di proprietà, in quanto alle risorse comunali e/o pubbliche stendiamo un velo pietoso…
    Siamo in tempi di vacche magre si dice , sarà pur vero, ma da queste parti le vacche grasse pare non siano mai passate, , i quattrini sono pochi, le priorità altre, un “deja vu”, non resta che aspettare un bel terremoto ed il problema troverà una soluzione definitiva !! Almeno così i soldi per lo sviluppo, se mai ci sono stati verranno destinati ad attività…. più redditizie….
    Sul blog a parte qualche eccezione, si discute in definitiva di sommi principi relativi alla presunzione di occitanità, (termine quanto mai labile e dagli incerti confini) e della legittimità di una legge che pare possa stanziare un piccolo contributo…
    A mio modesto parere non li ritengo argomenti da “crociate”, “A nu ghe semu”…I problemi veri sono ben altri.
    Lasciamo pure i dotti linguisti disquisire ma, per carità, atteniamoci ad un sereno e pacato dibattito, non è più il tempo di processo alle ben note streghe di Triora e soprattutto riservando un briciolo di rispetto anche per chi si sente moderatamente diverso e democraticamente manifesta posizioni fuori dal coro, non mi sembra in definitiva esistano movimenti irredentistici in itinere fomentati da presunte bramosie occitane e men che meno prese di posizione “contro” gli amici ligurofoni.
    Evidentemente la particolare situazione geografica della terra brigasca e la sua storia possono almeno in parte spiegare un sentimento diffuso, anche se non è da ritenersi un dogma, di sentirsi dei “diversi” dai vicini, non solo esclusivamente per questioni linguistiche, qualsiasi brigasco potrà confermarvelo, almeno su questo punto credo vi sia una forte convinzione.
    I motivi possono essere diversi, non solo meramente campanilistici, altri spiegabili anche con la dura lotta per la sopravvivenza in impervie zone montane, che hanno dato origine nel corso dei secoli a situazioni conflittuali endemiche, riferite in particolare al possesso dei pascoli.
    Ben noti infatti risultano i conflitti con le comunità confinanti, che portarono a scontri armati ed a processi, famosa la “querelle” ( vedi anche la famosa storia del “gallo” brigasco ), nei confronti dei pastori del Kyé della confinante valle Ellero che, tra l’altro, parlano un linguaggio che presenta interessanti affinità linguistiche ed il gioco di parole sulla fama di attacca-“brighe” affibbiata da qualche mala lingua ai brigaschi.
    Non dimentichiamo comunque un fatto, a mio avviso, assai importante e cioè l’appartenenza di Briga a casa Savoia per più di 600 anni, unità d’Italia compresa in effetti fino al 47 Briga e Tenda erano in provincia di Cuneo, molto anteriore a quella di Tenda vedi la signoria del “Gran bastardo” di Savoia, con una larvata politica di espansione nelle zone appartenenti alla Repubblica di Genova…generando ulteriori conflitti e rivalità che possono spiegare alcune contrapposizioni, quindi nel bene e nel male, una storia ben diversa dal ponente ligure.
    A Realdo, in località Colombera pare, (se non è una leggenda) esistesse un avamposto militare Piemontese che inviava messaggi tramite i volatili di qui il nome.
    Il servizio militare poi veniva svolto prevalentemente in Piemonte tant’è che sembrano esservi dei Brigaschi presenti persino alla guerra di Crimea… molti brigaschi poi possedevano in casa una immagine del re, lo ricordo personalmente ed al referendum a Briga vinse la monarchia…..questo spiega in parte, almeno in epoca passata, un certo attaccamento al Piemonte di cui sono testimone diretto ed una relativa facilità nell’esprimersi in piemontese-occitano.
    L’incontro a Briga nel 2004 ed altri successivi con gruppi provenienti dalle valli piemontesi ha confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, una facile reciproca comprensibilità.




    Il sentirsi diversi, non solo nella lingua, dai vicini più a valle, chiamati in gergo scherzosamente “Figun”è assodato, questo con popolazioni confinanti con le quali peraltro esistevano forti rapporti commerciali, spesso anche legami matrimoniali ed affettivi solidi, che indubbiamente hanno molto influenzato il vocabolario brigasco senza però mai riuscire ad omologarlo.
    Curiosamente lo stesso termine “Figun”viene usato dai provenzali francesi nei confronti dell’isola ligure di Vallauris,
    Indubbiamente siamo in una zona grigia, condizionata da tutta una serie di variabili ma, che al di là della diatriba accademica in corso, ha mantenuto una sua specificità ed un forte senso di appartenenza ad una comunità.
    La vituperata legge 482 in difesa delle minoranze che discende dalla famosa “Carta di Chivasso”, forse sarà perfettibile, come tante altre leggi più o meno “clientelari” ma, è un fatto, se qualcuno vuole rivederla riformulando in modo più preciso gli articoli normativi e le modalità per cui una comunità possa usufruirne esiste pur sempre un sistema democratico quale la via parlamentare, più che gli evocati ricorsi al TAR di cui ben pochi sentono la necessità….in quanto alla proposta di boicottare i ristoranti e /o i luoghi beh….
    Il sottoscritto proprio a Bordighera avrebbe qualcosa da ridire sui prezzi non sempre trasparenti… eppure continua a praticarla.
    Di una cosa sono certo, la comunità brigasca non si è mai venduta a chicchessia, figurarsi per trenta ipotetici denari, che se e quand’anche fossero stanziati, peraltro a norma di una legge esistente di cui tanti, più o meno titolati, hanno beneficiato, vedasi ad esempio “Guardia piemontese” in Calabria..
    Quattrini che ove concessi,state certi verrebbero sicuramente spesi oculatamente fino all’ultimo centesimo sudato per promuovere una lingua e una cultura in estinzione.
    Resto assai perplesso a dir poco, sulla contrarietà all’ipotesi di un eventuale allestimento di un piccolo museo a Realdo, testimonianza di un passato spesso dimenticato di sacrifici, di vita dura, di persone oneste, note più per la loro laboriosità che per il clientelismo, la sua visita (forse, sarò obsoleto) potrebbe costituire un esempio di vita vissuta alle future generazioni ma tant’è , meglio ricchi premi e cotillons…
    Vorrei poi sapere che” c’azzecca” col museo della stregoneria, con tutto il rispetto dello stesso !! Mettiamoci anche Belzebù !
    Amighi in definitiva qui non ci sono “panni sporchi”, nemmanco l’ odore di bustarelle e/o il coinvolgimento di politici corrotti, scusate ma gli approfittatori sono ben altri…..
    Se qualcuno vorrà fare una battaglia in favore della tutela del Ligure, avrà il mio modesto e convinto appoggio come recita il detto: “Unità nella diversità” e aggiungo io, nel massimo rispetto per la salvaguardia delle culture locali, patrimonio di noi/voi, di tutti, che nell’indifferenza generale vengono sempre più emarginalizzate o considerate al limite espressioni “retro”.
    In questo panorama brillano, almeno in parte, le felici regioni autonome dove troviamo i masi ristrutturati con i fiorellini sul terrazzo, i prati pettinati, magari la piscina, conventions linguistiche etc..grazie al contributo regionale, mentre da noi poco o nulla, per consolarci a Messina, c’è gente che vive nelle “favelas”, senza voler togliere niente a nessuno, qui si dovrebbe aprire un vero dibattito sui cittadini di serie A,B,C, ed i figli di nessuno…
    Comunque state tranquilli, tra qualche anno sicuramente non sentirete più parlare di brigaschi e di pseudo espansionismo occitano ed un giorno non lontano forse andremo al museo per vedere i liguri, così almeno questo problema verrà risolto, con un modestissimo risparmio di risorse, visti gli stanziamenti finora effettuati ! W la globalizzazione ed il mercato …
    Meditate gente….meditate, chiudo queste note con una battuta un po’ ironica, da trasformare in proposta di legge regionale, per non scomodare il parlamento, qualora fosse accertata da un tribunale l’appartenenza dei brigaschi alla categoria dei “meticci”, lo scrivente sicuramente lo è, gli eventuali eretici che si dichiarino sostenitori e/o simpatizzino per l’ipotesi occitana dovranno sottoporsi per legge:
    1) all’esame del DNA provinciale magari in presenza dell’assessore alla sanità per rintracciare il tasso legale di occitanità prima di usufruire di eventuali assegni di sopravvivenza
    2) ad un esame di pronuncia tipo quella de I “vespri siciliani” in modo da dividere i “veri liguri” dai fasulli, se no sono cazzi acidi, o come in in Piemonte, basterebbe scandire la classica frase, indice di piemontesità “Tre peperoni bagnati nell’olio”.
    3) per gli apostati c’e poi la condanna del concilio di Bolzano (paese di Bengodi per le minoranze) che provvederà al rogo degli eretici magari, per analogia in quel di Triora, nonché alla scomunica “urbis et…orbis” delle autorità complici di presunzioni di “inciucio”.
    Suvvia, non angustiamoci troppo e soprattutto, come dicono a Roma…. “volemose bene” !! ARVEIRU - AU REVOIR


    Firmato da Frico detto“ Ëř pařm jbiégh ”

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  96. Bravo Frico!
    Concordo pienamente con i tuoi concetti, espressi con affetto e passione!
    Muoviamo le gambette, andiamo a camminare in terra brigasca, e quando incontriamo uno del posto, salutiamolo con rispetto, sediamoci e parliamo (possibilmente in dialetto). Ci accorgeremo che ha tanto da dire, e la sua parlata brigasca ci farà capire tante cose sul nostro passato, e sul futuro.....

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  97. Mi pare corretto offrire un contributo sull'appartenenza alla minoranza occitana del Comune di Olivetta San Michele, predisposto della dr.ssa Rosella Pellerino. Preciso che la recente delibera dell’Amministrazione Provinciale non ha esaminato il caso del Comune di Olivetta San Michele, come si desume dalla semplice lettura del documento. Aggiungo che il Comune di Olivetta San Michele non ha ricevuto alcun contributo richiamandosi alla legge di tutela sulle minoranze linguistiche storiche. Lascio quindi la parola agli esperti, auspicando che si voglia discutere anche della cultura - e non solo della lingua - occitana, lasciando da parte inutili polemiche e/o insinuazioni sfornite del benchè minimo supporto probatorio. Il Sindaco di Olivetta San Michele, Avv. Marco Mazzola.
    --
    LA PARLATA DI OLIVETTA SAN MICHELE
    La situazione linguistica del comune di Olivetta San Michele risente in maniera spiccata della propria posizione geografica nonché delle vicende storiche. Originariamente il comune nasce dall'unione dei due distinti borghi di Olivetta, situato sulle alture sovrastanti il torrente Bevera, e San Michele, situato sulla statale per il colle di Tenda. Quest'ultimo fu scelto in passato come sede comunale, mentre Olivetta divenne borgo principale al quale erano agglomerati altri villaggi e borghi controllati dal vicino castello di Penna. Tale fortezza fu eretta dai conti di Ventimiglia, fino al passaggio di tutto il territorio nella Repubblica di Genova, che contrappose il castello come baluardo contro l'attiguo dominio dei Savoia.
    Nel 1814 i borghi di Olivetta e San Michele entrarono a far parte del Regno di Sardegna, e in seguito, dal 1861, del Regno d'Italia. Il 26 ottobre del 1862il re Vittorio Emanuele II, tramite il decreto reale n. 942, acconsente alla modifica del nome della frazione di Penna, trasformandolo nell'attuale Piena. Dal 16 marzo 1890 viene ufficialmente dichiarata l'istituzione del Comune di Olivetta San Michele, tramite apposito decreto reale n° 6700.
    A seguito della definizione dei nuovi confini territoriali tra Italia e Francia dopo la seconda guerra mondiale (Trattato di Parigi del 1947), il comune perderà le due frazioni di Piena e Libri, attualmente inglobati in territorio francese nel comune di Breil-sur-Roya.
    Se per molti paesi di confine l'appartenenza all'area linguistica occitana non è in discussione, piuttosto dibattuto è invece il quesito se le località montane prossime al Monte Saccarello siano considerabili ugualmente di lingua occitana. Alcuni movimenti culturali hanno postulato l'esistenza di una specifica lingua brigasca, mentre i linguisti ritengono che le parlate di queste comunità alpine appartengano piuttosto al gruppo dei dialetti misti di lingua ligure-occitana di zona alpina.
    Il brigasco (in brigasco brigašc, in francese brigasque) è una varietà appartenente al dialetto roiasco parlata nelle Alpi Marittime nella Terra Brigasca, a cavallo del confine italo-francese nella zona del Monte Saccarello (2200 m).
    La zona di diffusione geografica della parlata brigasca (la cosiddetta Terra Brigasca) si estende sulle alte valli dei fiumi Roia, Tanaro e Argentina e comprende in Francia La Brighe e Morignole, in Italia Briga Alta, Carnino, Upega, Piaggia, Viozene, Realdo, Verdeggia e Olivetta San Michele.
    IL BRIGASCO È LIGURE?
    Come sostiene Fiorenzo Toso, nella regione delle Alpi Marittime le parlate liguri alpine si differenziano da quelle costiere per il mancato influsso del tipo genovese e per l'originale sviluppo di alcuni fenomeni fonetici e morfosintattici, che le hanno conferito tratti maggiormente conservativi e specifici.
    Questi tratti caratteristici (indebolimento delle vocali atone e finali, presenza della metafonesi ecc.) si conservano maggiormente in quelli che alcuni studiosi preferiscono chiamare dialetti roiaschi, diffusi nell'alta e media valle del Roia (da Tenda e Briga Marittima fino a Olivetta San Michele), e che comprendono anche le parlate brigasche.
    Tali dialetti si stemperano nel tipo ligure occidentale a mano a mano che ci si avvicina alla fascia costiera: il dialetto di Pigna in Val Nervia e quello di Triora in Valle Argentina ad esempio hanno conservato in tal senso soltanto alcune tracce, il primo per i continui contatti con Ventimiglia, il secondo in particolare perché Triora fu il capoluogo genovese della regione alpina interna, e subì di conseguenza un più netto influsso della parlata metropolitana.
    L'attribuzione del brigasco e dei dialetti roiaschi al sistema dei dialetti occitani alpino-provenzali è stata sostenuta in passato per motivi di carattere politico, soprattutto all'epoca della cessione di Briga e Tenda alla Francia (1947), ed anche di recente ha goduto di alcuni sostenitori nell'ambiente della militanza culturale occitanista e presso qualche cultore di cose locali.
    Tuttavia, gli studiosi che si sono occupati della questione (tra i quali il tedesco Werner Forner, il francese Jean-Philippe Dalbera e l'italiana Giulia Petracco Sicardi) sono concordi nel riconoscere in queste parlate dei tratti fonetici, lessicali e morfologici di tipo inequivocabilmente ligure. Eppure lo stesso Toso afferma “ma con alcuni caratteri comuni con l'occitano soprattutto nel lessico di alcuni ambiti semantici specifici (come la pastorizia), una parte dei quali riscontrabili anche in altri dialetti liguri e piemontesi, non meno degli influssi lessicali liguri che sono presenti nel dialetto nizzardo. Essi appartengono a quella che è stata definita "l'anfizona Liguria-Provenza" dalla Prof.ssa Giulia Petracco Sicardi".
    IL BRIGASCO È OCCITANO?
    Alcuni tratti fondamentali del brigasco, sopratutto fonetici, sono comuni al ligure-alpino, ma altre all’occitano. Sostiene lo studioso Roberto Tarabella (cfr. www.vastera.it ): “La lingua dei brigaschi viene normalmente inclusa nella famiglia delle lingue d’oc; è considerata una variante dell’occitano, tanto è vero che qualcuno parla di “occitano brigasco” per distinguere la parlata locale da altre appartenenti alla famiglia delle lingue d’oc: provenzale, nizzardo, linguadociano, eccetera. L’apporto occitano è stato determinato dai contatti con le popolazioni limitrofe provenzali. […] Il brigasco presenta una componente occitana che smentisce la convinzione di alcuni secondo cui la parlata del Paese Brigasco farebbe parte dei dialetti liguri. Il senso di appartenenza alla cultura occitana è abbastanza diffuso tra gli abitanti. Non è raro sentire dei brigaschi che nei loro discorsi, non senza un certo compiacimento, dicono di essere occitani e qualcuno ci tiene a precisare che gli abitanti di certi centri abitati vicini al loro territorio sono differenti per il modo di parlare e quindi in qualche maniera forestieri. Tuttavia la vicinanza dei brigaschi ai territori abitati da altre popolazioni culturalmente differenti ha fornito alla parlata brigasca anche influssi liguri, piemontesi, italiani e francesi. Si può ragionevolmente affermare che la cultura brigasca costituisce una sintesi di quelle ligure, provenzale, nizzarda e piemontese, ma anche italiana e francese, e che possiede comunque elementi propri, che la caratterizzano fortemente.”

    Pertanto, per utilizzare la definizione della Prof.ssa Sicari, nell’”anfizona Liguria-Provenza” ci troviamo di fronte a parlate che possiedono tratti comuni al gallo-italico (ligure, piemontese) ed al gallo-romanzo (francese, occitano), generando varietà assai peculiari che sono comunemente indicate come “dialetti delle zone grigie”, ove dato per bianco il ligure o il piemontese e per nero l’occitano, la fusione dei due elementi genera per l’appunto una varietà intermedia.

    Analisi comparativa dell’occitano e del brigasco sulla base del documento del Dott. Toso
    FONETICA
    Toso ritiene elemento che distingue il brigasco dall’occitano il fatto fonetico che “all’occitano cl- corrisponda in ligure ci-, esito quest’ultimo condiviso dal brigasco: lig., brig. ciave, ciau / occ. clau ‘chiave’”; va detto in realtà che anche le parlate occitane alpine vedono la realizzazione in ci-, dalla basa Val Maira alla Bassa Valle Stura (ciau, chiave, o ciapera, pietraia). Quindi in realtà questo elemento accomuna.
    Ancora per Toso “al dittongo -uè- presente in occitano corrisponde in ligure il suono -ö-, esito quest’ultimo condiviso dal brigasco: lig. ögliu, brig. ögl / occ. uègl ‘occhio’”. Ma lo stesso esito si ha nell’occitano delle basse valli, dove troviamo öi, occhio, öu, uovo.
    Sempre Toso sostiene “al dittongo -uò- presente in occitano davanti a -nt, -rc e simili corrisponde in ligure il suono semplice -u- o -o-, esito quest’ultimo condiviso dal brigasco: lig. punte, porcu, brig. pont, porc / occ. puònt, puòrc ‘ponte’, ‘maiale’”. Solo in alcune località, come l’alta Valle Stura, si ha dittongazione di fronte a –nt, -rc; in altre località, come la Val Varaita o la Val Maira, si ha come in brigasco l’esito –o/-u, punt, porc.
    MORFOLOGIA
    Toso sostiene “Alla desinenza del plurale maschile in occitano, che è -s, corrisponde in ligure la desinenza -i, condivisa dal brigasco: lig. muru – muri, brig. muru – müri / occ. mur – murs; lo stesso vale per il plurale femminile, che in ligure e brigasco è -e, in occitano -s; dove in brigasco la desinenza -i viene a mancare, ciò avviene in base a regole grammaticali che si accordano col ligure o che sono ad esso specifiche, ma che sono comunque sconosciute all’occitano.”
    Occorre però considerare l’occitano vivarese alpino delle valli, e non il linguadociano: infatti nelle varietà occitane delle valli il plurale maschile può presentarsi anche in –i: esempio nella Valle Ellero, tra le parlate del Kyè, binel- binei (gemelli); al femminile il plurale occitano è ovunque in –es, non solo in –s! E poiché molto spesso la –s finale in occitano alpino è muta si ha il medesimo esito, ad esempio ad Elva, Val Maira, vacha, vache (vacca, vacche), Val Grana, fia, fie (ragazza, ragazze).
    SINTASSI
    Secondo Toso “Le particelle del tipo gli, lo, mi seguono in brigasco l’ìnfinito (tipo: va’ a riposarti) secondo il tipo ligure, mentre in occitano lo precedono (va’ a ti riposare)”. Ciò non è del tutto vero: in occitano possiamo avere i due esiti: vai repausar-te e vai te repausar, vai te cujar e vai cujar-te (vai a coricarti), al me la dich e al l’a di-me lo (me l’ha detto).
    Sempre Toso sostiene “Il pronome-soggetto in ligure e in brigasco è obbligatorio a differenza di quanto avviene in occitano (e in italiano), dove manca normalmente (tipo u ven, r’ven contro viene)”. In occitano invece si può avere un uso anche pleonastico (ovvero non necessario, di troppo) dei pronomi personali, al m’la dich , lui me l’ha detto, kyè a vau, letteralmente io vado.
    Si può quindi sostenere la tesi di Roberto Tarabella: “Si può ragionevolmente affermare che la cultura brigasca costituisce una sintesi di quelle ligure, provenzale, nizzarda e piemontese, ma anche italiana e francese, e che possiede comunque elementi propri, che la caratterizzano fortemente.”
    Vorrei concludere citando François Fontan, che per primo definì il confine linguistico occitano in Italia, e che a pagina 20 del suo La nazione occitana, i suoi confini, le sue regioni (Ousitanio Vivo 1982) afferma: “Verso sud, nella Val Tanaro, la cittadina di Ormea parla un dialetto ligure arcaico, quasi senza tracce d’occitano, al di fuori del lessico comune al ligure ed all’occitano. Tuttavia, se si risale l’alta Val Tanaro, dopo le gole selvagge ad ovest di Ponte di Nava, nel bacino dei torrenti Negrone e Tanarello, ci si imbatte in alcuni villaggi d’alta montagna, alcuni dei quali – Upega, Piaggia ecc. – formano il comune di Briga Alta, mentre altri – come Viozene – dipendono amministrativamente da Ormea ed altri ancora dalla provincia di Imperia. Vi si parla un dialetto provenzale, assai dissimile da quello di Ormea e dalle vicine parlate liguri e che, a detta degli abitanti, è identico a quello di Briga, comune dell’alta Val Roya acquisito dalla Francia nel 1946. è infatti quanto abbiamo constatato a Upega, dove i diversi influssi liguri sono analoghi a quelli presenti nella media e alta Val Roya […]. Tutti gli abitanti della zona, secondo testimonianze raccolte, parlano il medesimo dialetto di Upega; dubbi esistono solo per Salse, che può esser stato ligurizzato di recente. La nostra frontiera raggiunge a Cima di Marta l’attuale confine si stato franco-italiano e lo segue per circa 30 km; l’occitanità della Media Val Roya e di Sospel è stata dimostrata da Ronjat e Dauzat (Grammatica storica delle parlate provenzali moderne, 1931, e Revue de philologie française et litérature, 1914), mentre è riconosciuto che in territorio italiano nel bacino della Nervia si parla italo-ligure. L’italianità di Ventimiglia e della bassa Val Roya essendoci ben nota, rimaneva solo da stabilire in quale punto il nostro confine tagliasse la valle. Ad Airole, il dialetto locale è quasi uguale a quello di Ventimiglia, mentre la sola caratteristica occitana (conservazione di taluni dittonghi) è stata rilevata in Val Nervia. Per contro, il comune di Olivetta San Michele, in comunicazione con Sospel attraverso la Val Bevera e con Breil attraverso la Roya, parla quasi esattamente come in queste due località, ed è quindi occitano”.

    Dott.ssa Rosella Pellerino

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  98. Marco Mazzola
    Hai visto che c'è un lungo seguito qui?

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  99. Caro alberto, la discussione è progredita sul post "Occitani in Liguria (7)", tuttavia offro qui alcune considerazioni al Sindaco di Olivetta, visto che egli ha inserito qui la sua comunicazione. Un cordiale saluto.

    Stim.mo sig. Sindaco, la ringrazio molto per il contributo alla discussione e per il richiamo a una attenta considerazione dei fatti, evitando polemiche inutili. Apprezzo l’idea di un dibattito in tema di “cultura”, ma essendo un linguista, ed essendo la legge 482/1999 in materia di minoranze espressamente dedicata al tema della tutela e valorizzazione dei patrimoni linguistici, preferisco rimanere su quest’ultimo aspetto, che vedo del resto al centro dell’intervento, da Lei allegato, di Rosella Pellerino. Dal mio punto di vista quest’ultimo non aggiunge purtroppo elementi di novità, in quanto non confuta la letteratura scientifica, e in particolare la bibliografia internazionale di riferimento sull’argomento che ho annesso al mio intervento (e della quale non sono autore, lo ribadisco a scanso di equivoci): faccio solo notare che la citazione di Roberto Tarabella è tratta dal sito internet di un’associazione “militante”, e che l’affermazione di “occitanità” da lui sostenuta per il brigasco non appare sostenuta da alcun elemento probante: sarei pertanto grato alla dott. Pellerino se volesse indicarmi contributi di Roberto Tarabella in materia fonetica, morfologica, sintattica o almeno lessicale (ma il lessico in questi casi non è considerato probante) atti a sostenere quanto egli afferma (se possibile pubblicati in sedi scientifiche appropriate, perché di Tarabella non trovo traccia nella bibliografia linguistica); lo stesso debbo dire dei riferimenti a François Fontan, che malgrado il suo indiscutibile contributo alla definizione di una “identità” linguistica occitana non è mai stato considerato, a quanto mi consta, uno studioso di dialettologia o di linguistica, e le cui affermazioni nell’opera “La nazione occitana” non sono supportate da alcun elemento che vada oltre la passione rivendicazionista e l’esigenza di creare “confini” etnici, dai quali voglio sperare che Lei, signor Sindaco, si dissoci. La definizione di “anfizona” (non del tutto esatta nella definizione della dott. Pellerino) consente sì di evidenziare un’area nella quale si verificano reciproci influssi tra tipologie linguistiche diverse, ma se essa corrispondesse per significato al concetto di “dialetto misto”, allora sarebbero “misti” non solo l’olivettese e il brigasco, ma tutti i dialetti che la Petracco Sicardi include nell’anfizona ligure-provenzale, ossia, in buona sostanza, tutte le parlate della provincia di Imperia e del dipartimento delle Alpi Marittime, il che è francamente assurdo (e comunque “dialetto misto” non è esattamente la stessa cosa che “dialetto occitano”, con tutti i problemi di legittimità nell’attribuzione di tale categoria che ciò comporterebbe). Ma a parte tutto ciò, gli esempi addotti dalla dott. Pellerino per dimostrare che alcuni esiti fonetici, morfologici ecc. che io (o meglio, la communis opinio scientifica) attribuisco al ligure sono comuni anche all’occitano, non sono validi poiché si riferiscono a varietà provenzali interferite col piemontese: sostenere ad esempio che CL- >
    c(i)- è esito “anche” provenzale perché lo si ritrova nella bassa Val Maira significa dimenticare la posizione della bassa Val Maira, oppure rivendicare come “occitana” tutta la Liguria nonché il Piemonte, l’Emilia e Romagna, la Lombardia e il Veneto, il che mi sembra un po’ troppo anche per i seguaci di François Fontan... Mi dica piuttosto la dott. Pellerino (bibliografia alla mano, per favore) quanti e quali dialetti occitani hanno ad esempio, come il brigasco e l’olivettese, PL >
    c(i), BL > g(i) e FL > sc(i). Per la presenza di -ö- nei dialetti delle basse valli delle Alpi Cuneesi vale ovviamente la stessa considerazione. Per il plurale sigmatico, credo (spero) che la dott. Pellerino abbia sufficienti cognizioni di linguistica per sapere che l’ammutolimento di –s è un tratto morfologico assai diverso dal tipo di plurale di area italoromanza, e quanto all’affermazione che l’occitano possieda forme di plurale in –i, se la si basa sul cosiddetto “kyé” l’osservazione vale molto poco, per due motivi: 1) nella migliore delle ipotesi stiamo sempre parlando, come per la bassa Val Maira, di zone di contatto dove il tipo piemontese sopravanza la (in questo caso presunta) tipologia occitana; 2) ma in realtà, sul carattere “occitano” del cosiddetto “kyé” ci sono dubbi quasi altrettanto fondati di quelli che riguardano il brigasco e l’olivettese.
    Dunque, caro sig. Sindaco, siamo ancora in attesa di una dimostrazione chiara e univoca del carattere “occitano” della parlata del Comune che Lei rappresenta, e della parlata di Realdo e Verdeggia (nonché, a dire il vero, di quella di Briga Alta, di Viozene e di una serie di località della provincia di Cuneo e di Torino). Ribadisco che sino a prova contraria, a Olivetta San Michele (e Realdo ecc.) si parla una varietà di ligure alpino ossia un dialetto non occitano, cosa che non sostengo per spirito di polemica o per altri misteriosi motivi, ma perché questa è la verità scientifica, che andrà eventualmente corretta sulla base di dati scientifici e non di illazioni. Veda lei di trarne le conseguenze che ritiene più opportune: se posso permettermi un giudizio da tecnico, la dichiarazione del carattere “occitano” dell’olivettese è da considerare erronea, e qualsiasi linguista dotato di competenza sull’argomento potrà sottoscrivere questa valutazione (salvo riuscire a confutarla con argomenti sostanziali).
    Apprezzo molto il fatto che Lei sia la prima personalità pubblica che abbia deciso di intervenire in questo dibattito, e mi dichiaro a sua piena e completa disposizione per una ulteriore illustrazione, anche pubblica (e a titolo assolutamente non venale, sia chiaro!), della tipologia linguistica del dialetto di Olivetta quale emerge dagli studi accreditati. Un cordiale saluto, FT.

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  100. Ci risiamo! Mi sembra che il buon senso non sia più di questo mondo. Adesso anche Olivetta pretende di essere occitana!
    Mi pare che le parole del professor Toso, di Forner, della Sicardi e degli altri linguisti che sono intervenuti nella questione dovrebbero essere più che sufficienti. Nn è mica un delitto essere considerati liguri a tutti gli effetti (anche dal punto di vista dialettale).
    Gli effetti di questa globalizzazione occitana non si sono fatti attendere.Su di una rivista stampata in migliaia di copie si è letto: "Triora è il classico paese occitano..." Pensa te! E tutto questo è per colpa di alcune persone che insistono col dire che Realdo e Verdeggia sono di lingua ( non dialetto!) occitana...C'è veramente da vergognarsi...
    Scusate lo sfogo.

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